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Come obesità e sovrappeso possono interferire con l’uso dei farmaci

25 febbraio 2021

Come obesità e sovrappeso possono interferire con l’uso dei farmaci
I soggetti obesi o in sovrappeso sono in costante aumento sia tra gli adulti che tra i bambini e rappresentano circa il 30% della popolazione. Oltre ai ben noti rischi per la salute l’obesità interferisce anche con l’efficacia dei farmaci e può determinare un maggior rischio di effetti indesiderati.

Quando un soggetto si definisce obeso o sovrappeso

L’obesità è definita da un indice di massa corporea (IMC o in inglese BMI: body mass index) superiore o uguale a 30, in poche parole basti immaginare che un soggetto alto poco più di 1 metro e 70 cm e che pesi più di 85 chili può già definirsi obeso.

Il sovrappeso invece si definisce quando l’indice di massa corporea è compreso tra 25 e 29,9; ovvero un soggetto alto 1 metro e 70 cm e che pesi più di 72 chili è in sovrappeso.

Chiaramente, bisogna anche differenziare tra massa magra e massa grassa, in quanto in soggetti che fanno regolare o ancor più in chi fa intensa attività fisica questi indici possono anche non essere validi.

In ogni caso, condizioni di sovrappeso o obesità causano non solo dei problemi dovuti all’aumento di zuccheri, trigliceridi e colesterolo nel sangue, con aumentato rischio di malattie cardiovascolari (Leggi anche "Quanto e quando c'entrano i nutraceutici e gli alimenti funzionali per il controllo delle iperlipidemie"), ma possono anche essere responsabili di una scarsa o eccessiva efficacia di molti farmaci, spesso di uso comune.

Com’è che il grasso corporeo influenza i farmaci?

I farmaci che assumiamo solitamente si distribuiscono nei tessuti dell’organismo sulla base delle loro caratteristiche chimiche, pertanto li possiamo raggruppare in due grandi categorie, quella dei farmaci lipofili (sono facilitati a distribuirsi nei tessuti ricchi di grasso) e quella dei farmaci idrofili (di norma restano nel sangue o vanno nei tessuti magri).

Proprio in base a queste caratteristiche e alla presenza di proteine che facilitano il trasporto nel sangue e la possibilità di entrare (o uscire) dalle cellule dei vari tessuti, i farmaci sono “costruiti” per distribuirsi nell’organismo e per raggiungere il sito dove agiscono.

Per i farmaci lipofili, il grasso corporeo (chiamato anche tessuto adiposo) rappresenta un tessuto dove si possono accumulare sia nel caso di un utilizzo sporadico (come ad esempio avviene per quelli che si usano per trattamenti acuti o solo saltuariamente e per brevi periodi), ma soprattutto nel caso di un utilizzo cronico.

Una volta “entrati” nel tessuto adiposo, i farmaci trovano un “equilibrio” con la loro concentrazione plasmatica e vanno incontro ad eliminazione dall’organismo molto lentamente. Questo fatto comporta, per questa tipologia di farmaci, una durata d’azione prolungata e il rischio di “accumulare” farmaco nell’organismo, con conseguenti rischi di tossicità per eccesso di farmaco, se si procede con ulteriori assunzioni prima che la dose precedente sia stata completamente eliminata.

È questo il caso tipico di molti ansiolitici e ipnotico-sedativi come le benzodiazepine, che si accumulano nel tessuto adiposo e possono causare effetti prolungati anche per una settimana dopo una singola somministrazione. D’altra parte, questa caratteristica, di questi farmaci, di finire nel tessuto adiposo, li espone a una riduzione della loro presenza nel sangue e questo può portare a una riduzione della loro presenza nel sito dove devono esercitare l’azione farmacologica.

Succede quindi che nel paziente obeso può essere necessario aumentare la dose, rispetto alla norma, per riuscire a portare sufficiente farmaco nella sua sede d’azione, tenendo comunque conto del tempo necessario alla sua eliminazione prima di procedere con altre somministrazioni.

Nel caso di farmaci idrofili, si potrebbe verificare il caso opposto. Nel paziente obeso si potrebbe essere tentati di usare una dose di farmaco superiore alla norma per ovviare alla maggiore massa corporea. In questo caso il farmaco rimane prevalentemente nel sangue, con il rischio di superare la concentrazione utile alla terapia, manifestando più effetti collaterali. Va detto che i farmaci idrofili si eliminano molto più facilmente dei farmaci lipofili, perlopiù attraverso le urine, e quindi espongono l’organismo a minori rischi di accumulo e di tossicità, anche nel paziente obeso.

Come l’obesità influisce sull’assorbimento e sul metabolismo dei farmaci

Abbiamo detto che i soggetti obesi hanno una quantità maggiore di massa grassa, rispetto alla norma, e questa caratteristica li rende capaci di assorbire meglio i farmaci lipofili da qualsiasi via di somministrazione, inclusa la somministrazione orale (esempio tipico sono i cortisonici, la morfina e i suoi simili, utilizzati come antidolorifici in caso di gravi traumi alle articolazioni o alle ossa, o a seguito di chirurgia ortopedica).

Per quanto riguarda i farmaci che solitamente si somministrano per via sottocutanea, come accade con l’eparina o l’insulina, si possono verificare effetti contrari. Questo tipo di somministrazione viene utilizzato per ottenere la diffusione del farmaco nel sangue senza rischiare che venga inattivato nello stomaco, o dagli enzimi presenti nell’intestino e nel fegato, come avviene dopo assunzione per via orale. Soggetti obesi, con abbondante grasso sottocutaneo, rischiano di non avere questi benefici perché l’ago per le somministrazioni sottocutanee (spesso questi farmaci sono disponibili in siringhe pre-riempite) può risultare troppo corto per superare lo strato adiposo. La conseguenza è che il farmaco si accumula nel grasso cutaneo e non raggiunge i vasi sanguigni che gli permetterebbero la diffusione nell’organismo, con una conseguente riduzione dell’effetto terapeutico.

Una caratteristica dei farmaci lipofili è quella di andare incontro a metabolismo, cioè a modifiche chimiche che li trasformano in farmaci meno lipofili e più idrofili, per consentire una più facile eliminazione dall’organismo. Questo metabolismo avviene già nelle cellule dell’intestino (per i farmaci assunti per via orale) e soprattutto nel fegato dove questi farmaci sono trasportati efficacemente per essere modificati.

Nei soggetti obesi, nonostante vi siano pochi studi clinici a disposizione, sembrerebbe che il fegato abbia difficoltà a metabolizzare i farmaci.  Ciò comporta l’allungamento del tempo necessario per la loro eliminazione dall’organismo e contribuisce a quell’accumulo che si verifica se si procede con altre somministrazioni prima che tutto il farmaco precedente sia stato rimosso dall’organismo. A questa lentezza di eliminazione che si verifica nei soggetti obesi, contribuisce anche il fatto che, questi soggetti, vanno spesso incontro a alterazioni delle funzionalità renali. Infatti, è stato osservato che nei soggetti obesi ci sia un prolungato tempo di eliminazione dei farmaci lipofili dall’organismo.

Tutte queste condizioni possono causare un eccesso di farmaco nella circolazione sanguigna e conseguentemente degli effetti indesiderati. È per questo che, per molti farmaci e a causa delle loro caratteristiche chimiche, si rende necessario di adeguare la dose di farmaco assunta in base alla quantità di massa grassa del soggetto.

Quali evidenze ci sono sulle interazioni tra obesità e farmaci?

Purtroppo sono disponibili ben pochi dati e studi clinici appropriati che valutino la differenza di efficacia o gli effetti collaterali in soggetti obesi rispetto ai soggetti normopeso. La maggior parte degli studi disponibili riguardano farmaci di uso prevalentemente ospedaliero come gli anestetici, gli oppioidi e gli antibiotici.

Per quanto riguarda gli anestetici che, come le benzodiazepine menzionate in precedenza, sono dei farmaci genericamente molto lipofili, questi tendono ad accumularsi nel tessuto adiposo per poi essere rilasciati lentamente nella circolazione del sangue e, di conseguenza, nel resto dell’organismo (è tipico che nel soggetto obeso ci sia maggiore rischio di risveglio ritardato o depressione respiratoria per prolungato effetto rilassante sui muscoli respiratori e sulla attività cerebrale).

Per questo motivo alcuni farmaci come il fentanil (un anestetico con effetto analgesico e sedativo) vengono dosati in base al peso del soggetto. Gli oppioidi, invece, utilizzati come antidolorifici nel post-operatorio o a seguito di gravi traumi o fratture, possono causare più facilmente dipendenza nei soggetti obesi proprio perché vengono rilasciati più lentamente dal tessuto adiposo e restano più a lungo in circolo, e un aumento degli effetti collaterali nel caso di assunzioni di altre dosi prima della completa eliminazione della precedente.

Il caso degli antibiotici nell’obesità.

Per quanto riguarda gli antibiotici (Leggi anche "Antibiotici: come e quando usarli"), nei soggetti obesi sono state osservate condizioni differenti a seconda della classe di farmaci considerata. Per esempio, le cefalosporine come ceftazidime, cefepime e ceftriaxone hanno una minore distribuzione nei tessuti a causa dell’eccesso di adipe ed è necessario utilizzare dosaggi più elevati rispetto ai soggetti normopeso per garantire l’efficacia antibatterica.

Al contrario, la vancomicina (un antibiotico della classe dei glicopeptidi e utilizzata per coliti causate da un batterio chiamato clostridium difficile) necessita di una riduzione del dosaggio in soggetti obesi per evitare eccessi di concentrazione nel sangue e conseguenti effetti collaterali.

Per un’altra categoria di antibiotici, i fluorochinoloni (ciprofloxacina, levofloxacina e moxifloxacina) non sembra essere necessario aggiustare la dose nei soggetti obesi, anche se va detto che i dati a disposizione non sono particolarmente numerosi e non è possibile stabilire con certezza se l’obesità influisca o meno sull’efficacia di questa classe di antibiotici.

Discorso analogo riguarda alcuni antibiotici della classe degli oxazolinedioni (linezolid e tedizolid) per i quali non ci sono dati a sufficienza nella popolazione obesa che indichino una necessità di aggiustamenti della dose da utilizzare.      

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