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La SIF ricorda

Alberto Giotti

Fabrizio Ledda e Piero Dolara

Ricordo di ALBERTO GIOTTI

Commemorazione del Prof. A. Giotti - Firenze, 19 Ottobre 2005

 

Il 29 giugno 2005 è mancato il Professor Alberto Giotti; era nato a Bientina (Pisa) il 18 agosto 1922. Studente di Medicina a Firenze negli anni della seconda guerra mondiale, Alberto Giotti inizia la sua prestigiosa carriera accademica sotto l’influsso di una personalità “forte” ed aperta alla scienza internazionale quale quella di Mario Aiazzi Mancini.

Negli anni difficili del dopoguerra la ricerca farmacologica è tenuta in vita nel grande edificio dell’Istituto di Farmacologia in viale Morgagni da un gruppo assai ristretto: accanto a Mario Aiazzi Mancini ci sono il custode Polverosi, il tecnico Gino Ciuffi e pochissimi assistenti: Leonardo Donatelli all’inizio, poi Franca Buffoni e via via tutti gli altri.

In anni in cui i rapporti internazionali non sono certo così frequenti come oggi (siamo nel 1948-49), Alberto Giotti appare un vero e proprio precursore di una svolta culturale quando trascorre come “Research Visitor” un periodo di studio e formazione nell’Istituto di Farmacologia di Van Dyke a New York. Di tale periodo rimane quale testimonianza un lavoro pubblicato sul Journal of Pharmacology and Experimental Therapeutics nel 1951.

Ritornato in Italia, Alberto Giotti si dedica alla ricerca farmacologica, forte delle solide basi di fisiologia sperimentale acquisite con Aiazzi Mancini e Donatelli, convinto che la farmacologia rappresenti una scienza di frontiera, tra la biochimica, la fisiologia e la medicina, e che lo studio del meccanismo di azione biologica delle sostanze chimiche possa portare a conoscenze importanti sulla funzione degli organismi viventi e consentire alla fine lo sviluppo di nuovi principi terapeutici per le malattie umane.

Dopo un periodo d’insegnamento a Sassari (1960-1962), diventa Professore Ordinario a Pisa (1962-1965) e nel 1965 è chiamato a Firenze, dove dirige lo stesso Istituto di Viale Morgagni che era stato di Aiazzi Mancini.

La visione scientifica di Alberto Giotti, che va delineandosi chiaramente in quegli anni, è quella di una scienza sperimentale fondata sulle pratiche galileiane e cioè sull’osservazione della natura, sull’allestimento di esperimenti e sulla corretta interpretazione dei risultati basata sui principi della matematica e della statistica. I concetti dell’Evidence Based Medicine, perfino ovvi negli anni 2000, sono già ben presenti nella mente del giovane Alberto Giotti e rappresentano una vera rivoluzione culturale in anni in cui la Medicina italiana risente ancora di influssi aristotelici ed antisperimentali.

Nell’Istituto di Farmacologia fiorentino cominciano a comparire negli anni cinquanta i primi microelettrodi per lo studio dei potenziali d’azione intracellulari, i primi oscilloscopi si affiancano ai chimografi, ai bagnetti per organi isolati si aggiungono gli spettrofotometri, gli spettrofluorimetri, gli scintillatori per gli isotopi ed i collettori di frazione per analisi biochimiche. I laboratori dell’Istituto cominciano a riempirsi di apparecchiature scientifiche e di giovani laureati attratti dalla ricerca; e quando non bastano le sovvenzioni statali, sono i finanziamenti privati a sostenere e potenziare la ricerca. Alberto Giotti è sempre stato capace infatti di collaborare con i programmi degli Enti pubblici (Ministeri, CNR), ma anche con le molte industrie farmaceutiche medie, piccole e grandi che stavano allora affacciandosi nel Paese.

Il messaggio di Giotti è stato sempre lo stesso e sempre chiaro con tutti: è necessario costruire la Farmacologia e l’Industria farmaceutica in Italia, e questo può succedere solo a quattro condizioni: che ci siano i mezzi economici per farlo, che si faciliti il reclutamento di nuove leve scientifiche motivate e capaci, che si mandino i giovani ad imparare all’estero dando loro la possibilità di rientrare per mettere a frutto in Italia le conoscenze apprese e che ci siano fondi sufficienti per finanziare la ricerca, pubblica o privata, purché sia buona ricerca.

Nel reclutare i giovani ricercatori e futuri docenti, Alberto Giotti ha sempre usato un intuito senza preconcetti politici o considerazioni di status sociale; inoltre, ed è forse la cosa più importante, non ha mai cercato degli “yes man” e dei portaborse. Ha sempre, invece, incoraggiato i suoi allievi a sviluppare la propria personalità e proprie tematiche di ricerca originali, anche lontane da quelle tradizionali dell’Istituto, ed a questa politica si deve indubbiamente l’elevata specializzazione culturale e metodologica nei vari settori della Farmacologia che è il connotato principale dell’attuale Dipartimento. La discussione dei risultati sperimentali, aperta a tutti i ricercatori, prima dei congressi scientifici o in funzione di nuove domande di finanziamento, è stata per tutti gli allievi la più importante ed affascinante esperienza formativa della loro vita. Quando si discuteva di ricerca con Alberto Giotti non c’erano gerarchie né età; l’unica cosa importante era l’analisi critica del dato sperimentale; quando i risultati degli esperimenti erano passati al vaglio di Alberto Giotti, non c’erano da aspettarsi sorprese con i reviewers delle riviste internazionali.

Questa scuola di libertà intellettuale, con la inevitabile crescita delle individualità, ha portato in qualche caso, nel corso degli anni, a divergenze di opinioni e ad occasionali attriti, che mai peraltro hanno messo in discussione le doti di leadership scientifica ed intellettuale di Alberto Giotti. Non c’era metodica sperimentale o risultato scientifico che non valesse la pena di discutere ed approfondire con Lui, che fino a tarda età considerava primaria la sua attività di scienziato. Il suo ultimo lavoro è stato scritto all’età di ottant’anni; dal primo articolo sul barbiturismo recensito sul Medline (J. Pharmacol. Exp. Ther. 1951,101(3):296-309), sono passati cinquant’anni, punteggiati da circa duecento articoli pubblicati sui più importanti giornali scientifici internazionali, quasi tutti con osservazioni originali. E’ difficile trovare tra le pubblicazioni di Alberto Giotti un “me-too paper”, e se per caso si trova, è sicuramente “colpa” di qualcuno degli allievi.

Alberto Giotti, oltre che leader e grande scienziato, era un docente nato. Le sue lezioni sono state per decenni fra le più belle ed interessanti dell’intero corso di Medicina dell’Università di Firenze ed erano frequentate da tutti gli allievi, non per deferenza formale ma perché, anche dopo anni di ricerca, alle lezioni di Alberto Giotti si imparava sempre qualcosa. Il centro dell’attenzione era sempre il dato sperimentale, fosse un potenziale di azione o una risposta riflessa o una variazione biochimica o la struttura di un recettore o una relazione struttura-attività. Tutto era spiegato con estrema chiarezza e con la massima attenzione ai dettagli sperimentali, senza considerazioni generiche e con conclusioni basate sempre ed esclusivamente sui dati. Alberto Giotti è stato un precursore e protagonista degli sviluppi della farmacologia della seconda parte del novecento: lo sviluppo dei metodi della fisiologia sperimentale ed il lavoro sugli organi isolati negli anni cinquanta; l’acquisizione dei metodi della statistica e della biochimica negli anni sessanta; lo sviluppo della farmacologia cellulare negli anni settanta; lo sviluppo della biologia molecolare, che ha preparato la strada alla genomica e farmacogenomica, negli anni ottanta e novanta. Ha sempre incoraggiato i suoi allievi a cimentarsi con metodiche nuove e impegnative, senza nutrire sentimenti d’inferiorità nei confronti dei grandi centri di ricerca internazionali. “Se non sai impiegare questa tecnica, vai ad impararla e portala in Italia”: questo è sempre stato il suo approccio.

Il Dipartimento di Farmacologia di Firenze conta adesso 40 Docenti, tra Ordinari, Associati e Ricercatori, e quasi 100 tra assegnisti, borsisti, specializzandi. Pur nelle difficoltà dovute all’insufficienza dei finanziamenti governativi, ha continuato a produrre ricerca scientifica di buona qualità per più di cinquant’anni. Tutto questo è dovuto indubbiamente all’impegno e all’eredità culturale di Alberto Giotti e rappresenta anche la testimonianza più importante di quanto Egli abbia seminato. E per tutto questo, gli allievi della Scuola Fiorentina sono estremamente grati al loro indimenticabile Maestro.

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