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Arnaldo Pinelli

Il giorno 14 maggio è mancato il prof. Arnaldo Pinelli, professore associato di Farmacologia presso l’Università di Milano.

Arnaldo si è laureato con lode in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Modena nel 1962 e si è subito trasferito nell’Istituto di Farmacologia dell’Università di Milano diretto dal Prof. Emilio Trabucchi dove è stato nominato Assistente Straordinario. Dal 1966 al 1982 è nominato Assistente Ordinario, Aiuto nel 1970,  e, dal 1982, è stato Professore Associato di Farmacologia dell’Università di Milano. Mi scuso per la denominazione ormai obsoleta delle tappe della carriera universitaria di allora, che era in qualche modo ancora più complessa e labile di quella di oggi.  Come scrisse  Trabucchi "Pinelli era ricco di una bella e chiara cultura  chimica e di approfondite conoscenze in campo medico e biologico e riteneva che tra i primi compiti di un ricercatore fosse di quello di elaborare dei metodi che permettessero di raggiungere  dei risultati ben precisi e, se possibile, con semplicità e manegevolezza. Parte dei contributi del Pinelli sono così dei contributi di tecnica, descrizioni di metodiche da lui ideate e pazientemente elaborate, che portano il segno della sua ideazione originale e della sua precisione incontentabile". Un'ulteriore caratteristica di Arnaldo era la sua indipendenza non per insofferenza di disciplina o per sua sopravalutazione di sé ma per coscienza del suo approccio personale alla ricerca pur essendo conscio delle difficoltà che potevano derivare da questa sua posizione. Nel 1966 passò tre anni prima in Canada presso il prof. Vandenheuvel, specialista della separazione degli steroidi per cromatografia e poi ancora presso il  Prof. Nair a Baltimora dove raffinò la sua esperienza nella chimica dei lipidi e nella determinazione di farmaci e metaboliti mettendo a punto le metodologie per la determinazione di composti di grande interesse biologico, quali steroidi ormonali, acidi grassi liberi, e porfirine, metaboliti del ciclo di Krebs.

Nella sua lunga carriera di ricercatore egli si occupò di molti aspetti di farmacologia sperimentale e clinica che elenco qui in modo breve rimandando alle banche dati la ricerca delle sue numerose pubblicazioni.

Uno degli argomenti che hanno polarizzato la sua ricerca è stata la porfiria umana e sperimentale sviluppando metodi ultrasensibili per la sua determinazione clinica, studiandone la sua dipendenza dalla Vit.E e le molte sostanze tossiche e farmacologiche che danno origine alla porfiria, indicandone i meccanismi d’azione, e anche un approccio nuovo di terapia basato sull’aumento di cAMP e sull’acido nicotinico.

Un altro capitolo importante della sua ricerca è stato quello sull’infarto miocardico studiato con un modello classico negli animali e con frequenti trasposizioni alla clinica, cercando di individuare dei marker serici di necrosi cardiaca (per es. il tempo di tromboplastina o la troponina C) e possibili nuovi approcci terapeutici come quello con la tetrandrina.

Un ulteriore gruppo di ricerche è stato quello sulla dipendenza da oppioidi studiando, soprattutto negli animali, i segni biochimici dell’astinenza e possibili interventi farmacologici per alleviarla. Egli è stato un ricercatore appassionato, che mai dimenticava il collegamento dei suoi studi con il letto dell’ammalato in ognuno dei campi investigati.

Ma la vita dell’”Istituto” e dell’Università che ha assorbito molto della sua vita privata non era solo la ricerca ma anche la sua organizzazione ed egli partecipò a molte battaglie istituzionali per il miglioramento dello sviluppo dell’educazione e formazione universitaria come componente del Senato Accademico dell’Università di Milano e come Delegato della CRUI. In questo settore ha organizzato assieme al MIUR e alla Comunità Europea due Congressi internazionali sulla formazione universitaria del medico.

Il suo insegnamento nel quale metteva l’anima era sempre critico, trasferendo in esso la traslazionalità della Farmacologia ed accompagnato da un continuo aggiornamento delle modalità didattiche.

Ha inteso la sua professione come una missione. Questa passione non lo ha mai mollato, e l’ha accompagnato sempre, finchè le sue gambe gli hanno permesso di portarlo in “Istituto” dove spesso ci incontravamo scambiandosi idee e commenti sui fatti universitari. L’ultimo suo lavoro è del 2019.

Ovviamente non è stato tutto “rose e fiori”, anzi l’ambiente universitario è stato fonte anche di tante amarezze e qualche umiliazione, ma lui ha tenuto sempre la testa alta e sempre è stato fedele ai suoi principi.

Era uomo di profonda cultura classica e storica e spesso citava passi di autori mettendoci in difficoltà, ed era uomo di grande fede che coltivava non acriticamente ma con approfondimenti e discussioni.

 

Francesco Clementi

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