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La SIF ricorda

PierFranco Spano

Il Presidente e il Consiglio Direttivo della SIF annunciano la scomparsa del Prof. PierFranco Spano, socio illustre della SIF, e si stringono con affetto ai famigliari.

 

Il Prof. Spano ha servito come Consigliere la Società Italiana di Farmacologia negli anni 1986-1990 ed è stato insignito del Premio “Lifetime Achievement Award in Pharmacology 2017” per la sua importante attività scientifica con la seguente motivazione:

“We recommend Professor PierFranco Spano for the 2017 Italian Pharmacology Society Lifetime Achievement Award in recognition of his significant and lasting contributions to the field as a scientist, educator and administrator. Over the past 50 years Professor Spano has won international acclaim for his work in characterizing dopamine receptor subtypes, for defining them as pharmacological targets for the treatment of neuropsychiatric conditions, for describing the role of NF-ϰB in neuroprotection, and for identifying rivastigmine as a treatment for Lewy body dementia. As Dean, Director of Pharmacology and of the Center for Drug Information and Documents at the University of Brescia, he demonstrated outstanding skills as an academic leader and educator. Professor Spano has earned this honor given the impact of his accomplishments on the discipline of pharmacology in general and on the treatment of central nervous system disorders in particular.”

 

Sam Enna, Michael Spedding

 

Pubblichiamo con piacere il ricordo del suo maestro, Prof. Gian Luigi Gessa e dei suoi allievi

 

È morto ieri il mio allievo PierFranco Spano, Professore Emerito di Farmacologia dell'Università di Brescia. Giovanissimo arrivò all'Istituto di Farmacologia, in via Porcell, per la preparazione della sua tesi di laurea in Farmacia. Quel giovane era destinato a dirigere la Farmacia Spano in via Roma, a Cagliari, ma si innamorò tanto perdutamente della farmacologia e delle neuroscienze che, col disappunto del padre, lasciò ai fratelli la gestione della storica farmacia. Fu una scelta felice per lui, per la farmacologia italiana e per la "scuola sarda" di farmacologia e neuroscienze. Dopo essere diventato professore di Farmacologia nella Facoltà di Farmacia di Cagliari, nel 1983 si è trasferito all'Università di Brescia, dove ha creato una scuola tra le più prestigiose in Italia: i suoi numerosi allievi occupano posizioni di rilievo nella ricerca biomedica in Italia, in Europa e negli Stati Uniti.

È stato Preside della Facoltà di Medicina, ha diretto la Sezione di Farmacologia e Terapia Sperimentale del Dipartimento di Scienze Biologiche e Biotecnologie, e la Scuola di specializzazione in Farmacologia Medica.

A Brescia ha fondato la European School of Molecular Medicine di cui è stato il direttore scientifico.

A quel "ragazzo" di via Porcell la Società Italiana di Farmacologia ha conferito nel 2017 il premio alla carriera "SIF Lifetime Achievement Award" e l'Università di Brescia il prestigioso "Camillo Golgi Medal Award 2017".

Nel 2006 è stato nominato Presidente Onorario della Lega Italiana per la lotta contro la Malattia di Parkinson e le Sindromi Extrapiramidali.

Delle centinaia di pubblicazioni su riviste qualificate, quella riguardante la scoperta dei recettori multipli per la dopamina, "i recettori D1 e D2", è entrata nella storia delle neuroscienze. Per i profani quei recettori sono i siti nel cervello sui quali operano i farmaci usati nel trattamento della schizofrenia, tossicodipendenze e disturbi dell'umore.

Il ricordo della simpatia, intelligenza, vivacità intellettuale, ottimismo di Pier Franco Spano, Cicci per gli amici, rimarrà nella memoria di chi l'ha conosciuto, ma il ricordo delle sue ricerche rimarrà, molto più a lungo, nella storia delle neuroscienze.

 

Gian Luigi Gessa

Professore Emerito, Università di Cagliari

 

Nato per caso a Brescia – la sua famiglia era di passaggio per il lavoro del padre – in questa città ha trascorso la maggior parte della sua vita professionale ed ha scelto di essere sepolto. Il Prof. PierFranco Spano è stato un Farmacologo di fama internazionale ed ha contribuito in maniera significativa alle ricerche nell’ambito delle Neuroscienze e della Farmacologia. In un periodo di oltre cinquanta anni di intensa attività di ricerca ha pubblicato più di 400 articoli che descrivono scoperte fondamentali per la comprensione della neurotrasmissione dopaminergica, delle funzioni neurobiologiche dei fattori trascrizionali NF-kappaB, della malattia di Parkinson, della schizofrenia e dei tumori ipofisari, della rigenerazione nervosa. Il Prof. Spano è sempre stato considerato un illustre mentore accademico e scientifico avendo contribuito alla formazione, alla guida ed alla maturazione della carriera di numerosi scienziati che lavorano nel campo della Farmacologia e di aree affini sia in Italia che all’estero.

Per la sua attività di mentore di futuri scienziati e la sua eccellente attività di ricerca in ambito neurofarmacologico, nel 2017 il Prof. Spano è stato insignito del Lifetime Achievement Award dalla Società Italiana di Farmacologia e del Golgi Medal Award dalla Fondazione Camillo Golgi.

Le pietre miliari della carriera del Prof. PierFranco Spano che hanno contribuito all’avanzamento delle conoscenze nel campo della moderna neurofarmacologia sono la scoperta dei recettori D2 per la dopamina e la determinazione dell’effetto degli agonisti ed antagonisti D2 specifici nell’ambito della malattia di Parkinson, della schizofrenia e dei tumori ipofisari; la caratterizzazione dei recettori D2 periferici; l’identificazione del ruolo dei fattori NF-kappaB nella modulazione dei processi degenerativi e neuroprotettivi; l’introduzione della rivastigmina per il trattamento dei disordini a Corpi di Lewy e l’identificazione dei meccanismi di degenerazione sinaptica nelle sinucleinopatie.

Il Prof. PierFranco Spano ha iniziato la sua attività di ricerca presso l'Università di Cagliari nel gruppo del Prof. Gian Luigi Gessa studiando la neurobiologia e la farmacologia della trasmissione catecolaminergica. In giovane età ha lavorato come Visiting Assistant Professor e Visiting Scientist alla Columbia University di New York e poi al National Institute of Mental Health di Bethesda diretto dal Prof. Bernard Beryl Brodie. Di quel periodo ricordava spesso la forza ispiratrice del grande maestro che annoverava fra i suoi allievi premi Nobel come Julius Axelrod e Arvid Carlson. Successivamente si è trasferito all'Università di Milano.

Alla fine degli anni ’70, sull’onda dell’interesse alimentato dalla disponibilità dei nuovi derivati dell’Ergot e dei derivati benzamidici, ha eseguito studi pionieristici che hanno dimostrato l’esistenza di una nuova famiglia di recettori dopaminergici non accoppiati all’adenilato ciclasi ma responsivi all’attività dell’agonista bromocriptina e bloccati dall’antagonista sulpiride. Nel 1978, definì per la prima volta due sottotipi recettoriali per la dopamina denominati D1 e D2. Nel 1980 vince la Cattedra di Farmacologia presso l’Università di Cagliari e nel 1983 si trasferisce a Brescia. In questa città partecipa alla costruzione della nuova Università, con grande impegno istituzionale. Nel 1990 diviene Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia e negli anni successivi ricopre ruoli di responsabilità nel Consiglio della Ricerca e nella Biblioteca di Ateneo. Ha inoltre lavorato con grande dedizione ed entusiasmo alla costruzione di una scuola bresciana di Farmacologia che ha continuato gli studi sulla caratterizzazione della trasmissione dopaminergica nel sistema nervoso centrale e periferico, incluso il suo coinvolgimento nelle regolazione delle funzioni e dei tumori dell’ipofisi.

Appartengono agli anni successivi gli studi sulla rigenerazione nervosa e sui meccanismi patogenetici delle malattie neurodegenerative focalizzati alla trasmissione mediata da aminoacidi eccitatori, al pathway di NF-kappaB e alla patologia associata alla deposizione di alfa-sinucleina. 

Di grande ispirazione sono sempre stati i suoi richiami agli aspetti più traslazionali della ricerca neurofarmacologica. Brillante fu la sua intuizione che la rivastigmina, inibitore innovativo delle colinesterasi, potesse avere efficacia nel trattamento della demenza a corpi di Lewy. Intuizione che lo condusse a collaborare con il gruppo britannico del neurologo Ian McKeith per produrre quello che diverrà un milestone nella terapia delle malattie neurodegenerative. 

Come allievi abbiamo avuto l’onore ed il privilegio di affiancare il Prof. Spano nella sua attività accademica e di ricerca e poterne apprezzarne la grande sensibilità scientifica e umana. La sua spinta compulsiva verso il sapere sempre nuovo che scaturiva molto spesso da una passione profonda per la storia della scienza, “un passato da celebrare per immaginare il futuro”, come ci diceva, unita ad un richiamo continuo al rigore dimostrativo. La sua discrezione, la sua ironia, la sua capacità di visione che sapeva conferire dignità e onore alla ricerca in un paese che lo faceva soffrire, ma che ha sempre amato profondamente.

Il Prof. PierFranco Spano è stato membro di numerose Società Scientifiche Nazionali ed Internazionali. È stato tra i fondatori della Società Italiana di Neuroscienze e dal 1986 al 1990 è stato membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Farmacologia. È stato Presidente Onorario della Lega Italiana per la Malattia di Parkinson e le Sindromi Extrapiramidali, ha fondato e diretto la Scuola Europea di Medicina ed è stato inoltre membro del Consiglio Direttivo dell’Istituto Italiano di Neuroscienze. Ha partecipato all’organizzazione di numerosi Congressi, Simposi e Conferenze Nazionali ed Internazionali quali il Congresso della Società Italiana di Farmacologia tenutosi a Brescia nel 1988, il Dopamine International Conference di Como nel 1990, il Congresso della Società Italiana di Neuroscienze a Brescia nel 1997, la Camillo Golgi Winter Conference on Neuroscience del 1992 e 1993.

Il Prof. Spano ha continuato a frequentare i laboratori della Farmacologia bresciana sino agli ultimi giorni, sempre con grande entusiasmo, ottimismo e creatività. Il suo studio diventerà una sala di lettura che conserverà le sue carte e suoi appunti, a disposizione di chi vorrà continuare ad occuparsi di Scienza.

 

F.to I suoi allievi

 

Un ricordo personale e scientifico di PierFranco (Cicci) Spano

PierFranco Spano ci ha lasciato dopo aver combattuto per quasi un anno e mezzo contro un male che, fin dalla sua scoperta, non lasciava molte speranze. Eppure PierFranco non ha avuto mai, nemmeno con chi, come il sottoscritto, aveva un rapporto fraterno, un momento di cedimento o di sconforto. Ha mantenuto sempre, in una condizione capace di far breccia negli animi più coriacei, il suo aplomb di cavaliere d’altri tempi, chiuso nella sua armatura impenetrabile.

Spano era uno studioso a tutto tondo e applicava agli studi di storia della scienza, una delle sue passioni, la stessa meticolosità che applicava alla ricerca biomedica. Il risultato più importante di questa passione è l’aver promosso, per l’Università di Brescia, l’edizione della copia anastatica dell’Editio Princeps, cioè della prima copia a stampa, del De Rerum Natura di Lucrezio, stampata a Brescia nel 1473 da Tommaso Ferrando, appena 18 anni dopo la stampa della Bibbia di Gutenberg. Un’altra passione di Spano era la lirica ed uno dei suoi personaggi preferiti il dottor Dulcamara, dell’Elisir d’Amore, al quale paragonava certi colleghi farmacologi, creatori, in senso figurato, di intrugli, logicamente, prima che scientificamente, improponibili. Spano, infatti, pur essendo persona ben educata e piuttosto formale, aveva un’ironia raffinata e tagliente. I suoi interventi ai congressi erano epici: partiva lancia in resta come un antico cavaliere in un torneo equestre, autorevole, elegante, ironico, mai offensivo o irriguardoso.

Come scienziato, Spano è ricordato come uno dei padri dello studio dei recettori alla dopamina. Fino al 1975 si pensava che esistesse un solo tipo di recettori dopaminergici, quelli dimostrati da Kebabian e Greengard, accoppiati alla stimolazione dell’adenilato ciclasi. Spano ed i suoi collaboratori dimostrarono che i recettori dopaminergici a cui si deve l’effetto terapeutico degli antipsicotici non sono accoppiati ad una attivazione dell’adenilato ciclasi. Il primo lavoro di questa serie di studi è quello di Trabucchi, Longoni, Fresia e Spano, Sulpiride: a study of the effects on dopamine receptors in rats striatum and limbic forebrain , Life Sciences, 17, 1551-1553, 1975. Alcuni aspetti della genesi di questo studio sono interessanti e indicativi di come talvolta la ricerca segua vie tortuose e sia affidata al caso o alla serendipity. Premesso che il lavoro fu effettuato nell’Istituto di Farmacologia e Farmacognosia dell’Università di Cagliari, Facoltà di Farmacia, dove Spano insegnava come incaricato (sarebbe andato in cattedra nel 1980), lo spunto iniziale fu di natura industriale/applicativa. Il sulpiride infatti, commercializzato dalla Ravizza (di cui si ritrova traccia nella presenza del dott. Fresia, direttore scientifico della Ravizza, tra gli autori), era un nuovo antipsicotico con caratteristiche atipiche, dato che non produceva effetti extrapiramidali nell’animale e tuttavia era altrettanto potente dei classici neurolettici nell’aumentare la prolattina e nell’antagonizzare il vomito da apomorfina, due effetti dovuti a recettori dopaminergici extra-barriera ematoencefalica. Inoltre, Tagliamonte e Gessa avevano appena pubblicato che il sulpiride aumentava il metabolismo e il turnover della dopamina nello striato, esattamente come i neurolettici classici. Ce n’era abbastanza per render questo farmaco estremamente interessante, anche perché, cosa non secondaria vista la cronica penuria di fondi, la Ravizza avrebbe coperto abbondantemente le spese. Si dimostrò così che il sulpiride,  al contrario dell’aloperidolo, non bloccava in vitro l’adenilato ciclasi dopamino-dipendente anche ad alte concentrazioni. Ma il lavoro che chiuse realmente il cerchio fu quello di Garau, Govoni, Stefanini, Trabucchi , Spano, Dopamine receptors: pharmacological and anatomical evidences indicate that two distinct dopamine receptor populationsare present in rat striatum, Life Sciences, 23, 1745-1750. Questo splendido lavoro mostra che lesioni dello striato con acido kainico, che distruggono i neuroni intrinseci ma risparmiano le fibre di passaggio e quelle afferenti, mentre eliminano completamente l’adenilato ciclasi dopamino- stimolata, riducono solo del 40% i recettori dopaminergici misurati direttamente attraverso il legame specifico (binding) di un antipsicotico come lo spiroperidolo. Viceversa, le lesioni della corteccia cerebrale, che eliminano le fibre cortico-striatali, non modificano la ciclasi dopamino-stimolata mentre riducono di circa il 60% il binding dello spiroperidolo. Infine, il sulpiride, che non blocca la ciclasi dopamino-stimolata, compete in maniera stereospecifica per i recettori dello spiroperidolo. La conclusione di questo studio è chiara: esistono due tipi di recettori dopaminergici, uno localizzato sui neuroni intrinseci dello striato e associato alla stimolazione della ciclasi e l’altro sulle terminazioni cortico-striatali, non associato a stimolazione della ciclasi e bloccato selettivamente dall’l-sulpiride

Nel 1979 Kebabian e Calne pubblicarono su Nature una review nella quale citavano e  riprendevano in maniera quasi letterale le conclusioni di Garau et al, e in più le corredavano di una nomenclatura, indicando come D1 i recettori accoppiati alla stimolazione della ciclasi e come D2, quelli caratterizzati da Spano e coll. In seguito si scoprì che anche i recettori D2 possono utilizzare l’adenilato ciclasi come meccanismo di trasduzione, ma inibendola invece che, come i D1, stimolandola. 

L’ultimo ricordo che ho di Pier Franco risale al maggio 2017, all’Istituto Superiore di Sanità, quando ancora la malattia non ne aveva avuto ragione e conservava, almeno in apparenza, il suo tipico entusiasmo e positività. In quell’occasione Pier Franco ripercorse la sua carriera scientifica, dagli inizi, nell’Istituto di Farmacologia di v. Porcell , a Cagliari, dove, in maniera indipendente, aveva applicato il dosaggio della noradrenalina allo studio del ruolo della tiramina nel meccanismo del cosiddetto ‘’cheese effect’’ degli inibitori MAO. Fin da quei primi studi è chiara la caratteristica dell’approccio di Spano alla ricerca: precisione e innovazione metodologica al servizio di temi di ricerca di base direttamente ricadute cliniche.

In quegli anni, nel ’67- ‘68, Spano collaborò con Gessa agli studi sul gamma idrossi butirrato (GHB), un nuovo anestetico generale dalle proprietà atipiche, al cui studio era interessata la Farmitalia, che lo commercializzava. Questi studi portarono alla scoperta di una proprietà assolutamente imprevista e originale del GHB, quella di aumentare nel ratto selettivamente i livelli della dopamina cerebrale in misura superiore a quella di qualsiasi altro farmaco conosciuto (Gessa, Crabai, Vargiu, Spano, Selective increase of brain dopamine by gamma hydroxy butyrate, J. Neurochem. 1968, 15, 377-381). In queste ricerche l’apporto di Spano fu fondamentale, dato che a lui si deve la messa a punto dei metodi per l’estrazione ed il dosaggio della dopamina e della serotonina. Da subito fu chiaro che l’effetto del GHB non era dovuto ad una inibizione della MAO, né a qualcuno dei meccanismi fin ad allora conosciuti. Ci son voluti vari anni e una convergenza di varie tecnologie e conoscenze per chiarire che il GHB spegne selettivamente l’attività di scarica, il firing, dei neuroni dopaminergici, disinibendo la sintesi di dopamina, che si accumula così all’interno della terminazione nervosa. Il GHB, fu poi isolato dal cervello come composto endogeno attivo su un sito allosterico dei recettori GABA-B e in seguito introdotto nel mercato clandestino come sostanza d’abuso e in terapia nella disintossicazione dall’alcol.

Ho conosciuto Spano nel 1970, quando, di ritorno dal laboratorio di Erminio Costa, al National Institute of Mental Health,Saint Elizabeth Hospital, Washington DC,  era tornato nell’ Istituto di Farmacologia di Cagliari, in via Porcell. Allora, a reggere l’Istituto erano rimaste le cariatidi, la professoressa Vargiu e la dottoressa Crabai. Il professor Paoletti, che tre anni prima era stato chiamato sulla cattedra di Farmacologia di Cagliari, era partito, essendo stato appena chiamato in Farmacia a Milano. Il professor Gessa era partito anni prima, all’arrivo di Paoletti a Cagliari, alla volta di Bethesda, presso il Laboratory of Chemical Pharmacology, NHLI, diretto da BB (Steve) Brodie, il padre della farmacologia moderna, sotto la cui supervisione avevano lavorato scienziati come J. Axelrod, S. Spector, S. Udenfriend, A. Carlsson, A. Pletcher, P.A. Shore, R. Kuntzman e lo stesso Costa.

In Istituto a Cagliari, il sottoscritto preparava la tesi di laurea in Medicina in solitudine, selezionando, da un popolazione di ratti Morini, i ratti mouse killer (MK), che attaccano, in maniera assolutamente stereotipata e specie-specifica, il topo. Erano i tempi degli studi di Valzelli sull’aggressività nel topo e sul MK behavior del ratto. Con l’arrivo di Spano fu come se si fosse improvvisamente aperta una finestra sul mondo e sulla ricerca avanzata. Spano portò in anteprima la notizia che Gessa e Tagliamonte, a Bethesda, avevano scoperto che la paraclorofenilalanina (PCPA), un inibitore competitivo della triptofano-idrossilasi, la tappa limitante della biosintesi della serotonina, rendeva estremamente ipersessuali tutte le specie animali nelle quali era stata testata, il che suggeriva che la serotonina avesse un ruolo inibitore sul comportamento sessuale. Era abbastanza ovvio immaginare che la serotonina potesse avere un ruolo inibitore anche su un comportamento innato come il comportamento predatorio del ratto. Fu così che decidemmo di testare la PCPA in ratti non predatori. Per farla breve, la PCPA funzionò, disinibendo il comportamento predatorio; inoltre, il precursore diretto della 5HT, il 5HTP, ‘’curava’’ i ratti dal comportamento predatorio indotto dalla PCPA. In pratica, avevamo dimostrato che, manipolando farmacologicamente un trasmettitore cerebrale, era possibile trasformare a piacimento un tranquillo Mr Hyde di laboratorio in un Dottor Jekkill e viceversa. Spano, con la simpatia che gli conosciamo, convinse il medico legale e criminologo, Raffaele Camba, allora consigliere regionale e fervente seguace di Lombroso, che il comportamento predatorio del ratto verso il topo era un modello animale di criminale genetico e così la ricerca fu finanziata e il relativo lavoro pubblicato su Nature l’anno seguente alla mia laurea (Di Chiara, Camba, Spano, Evidence for inhibition by brain serotonin of mouse killing behavior in rats, Nature, 233, 272-273, 1971).

A novembre del 1970 anche Spano se ne andò da Cagliari per seguire Paoletti a Milano, cosicché, in Dicembre, fu la professoressa Vargiu a far da relatore della mia tesi di laurea in Medicina.

Quel sodalizio con Spano, per ragioni facilmente comprensibili, fu una di quelle esperienze che rimangono indelebili nella memoria e nello spirito e che segnano i rapporti tra le persone. L’anno dopo ci ritrovammo di nuovo insieme negli USA, Spano, ancora da Costa, questa volta in coppia con Marco Trabucchi, e il sottoscritto al glorioso Laboratory of Chemical Pharmacology (LCP), NIH, Building 10, Bethesda, dove Brodie era ancora formalmente Chief ma, reduce da un infarto, aveva passato il comando del laboratorio a Jim Gillette, Acting Chief. All’LCP era già arrivato qualche mese prima, Giovanni Umberto (Giambi) Corsini e inevitabilmente si creò e rafforzò tra noi tre un sodalizio che è stato interrotto praticamente, ma non sentimentalmente, dalla Sua morte.

Termino qui questa breve rievocazione del mio amico PierFranco, che ha lasciato un vuoto incolmabile nei tanti che gli volevano bene e nei suoi allievi, da quelli della prima ora, Maurizio Memo, Cristina Missale e Marina Pizzi, ai più giovani.

 

Gaetano Di Chiara

 

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