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Vittorio Erspamer

Il 26 ottobre 1999, all’età di novanta anni, moriva in Roma Vittorio Erspamer. Professore Emerito di Farmacologia nella Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università La Sapienza di Roma. Vittorio Erspamer era nato a Malosco, piccolo paese della Val di Non, nella provincia di Trento, il 30 luglio del 1909. Quando nel 1969 Vittorio Erspamer si trasferì all’Università di Roma dalla Università di Parma, dove aveva diretto per 14 anni l’Istituto di Farmacologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia, era già da molti anni il farmacologo italiano più noto nell’ambiente scientifico internazionale per quelle sue ricerche che nel lontano 1935 lo portarono per primo alla identificazione dell’enteramina, l’attuale 5-HT, nelle cellule enterocromaffini dell’apparato gastroenterico. Ma l’Università di Roma non era nuova al Prof. Vittorio Erspamer. Dal 1938 al 1947 vi aveva svolto il ruolo di assistente universitario presso l’Istituto di Farmacologia, allora diretto dal Prof. Pietro di Mattei. Il mio incontro con il Prof. Vittorio Erspamer, al suo ritorno nel 1969 nell’Università di Roma, non fu casuale; anch’io ero stato assistente per nove anni nell’Istituto di Farmacologia diretto da Pietro di Mattei. Nonostante le comuni origini di «scuola» il nostro primo colloquio non fu certo «affettuoso». Io gli descrissi brevemente le mie ricerche sulla regolazione farmacologica della secrezione degli ormoni corticosurrenalici ed Egli di rimando mi disse che a lui non interessavano gli steroidi ma i peptidi. Pensai di lasciare l’Istituto e di dedicarmi alla professione medica. Ma una settimana dopo il Prof. Erspamer mi chiamò e mi disse: «Lei studia le regolazioni ipofisi-surrene; se vuole collaborare può provare nei suoi tests alcuni estratti peptidici di pelle di anfibio che non sono attivi sugli organi isolati che io studio». Pensai: mi vuol dare una «sola». Non conoscendolo, mi sbagliavo. La nostra collaborazione portò alla scoperta nella pelle della rana Phyllomedusa Sauvagei del peptide sauvagina, il primo peptide capace di stimolare il rilascio di ACTH dall’ipofisi anteriore e provvisto di una struttura che fu succesivamente ritrovata nel CRH ipotalamico di mammifero. Così sbocciò la «passione scientifica» tra Erspamer e me e il carattere burbero e brusco di Vittorio si tramutò in affettuoso entusiasmo. Questo comune entusiasmo è durato trentanni, fino al 26 ottobre del 1999. In questo trentennio l’inesauribile desiderio di conoscere e ricercare di Vittorio Erspamer coinvolse nell’avventura peptidica non solo i farmacologi del suo Istituto ma anche altri gruppi di ricerca dell’area biomedica e clinica dell’Università di Roma. Così accanto ai suoi più cari collaboratori della farmacologia romana, come Lucia Negri, Giovanna Improta, Maria Broccardo e la moglie Giuliana Falconieri, Espamer trascinò nell’avventurosa ricerca di nuove molecole biologiche il gruppo biochimico di Donatella Barra, quello istochimico di Tindaro Renda, l’unità gastroenterologica di Aldo Torsoli, medici della clinica chirurgica di Vincenzo Speranza e molti giovani ricercatori che nei suoi consigli e sotto la sua guida vissero l’eccitante entusiasmo della scoperta scientifica.

Nei laboratori dell’Istituto di Farmacologia dell’Università di Roma, Vittorio Erspamer ha isolato da anfibi e molluschi più di cinquanta nuovi peptidi bioattivi. La ceruleina, le tachichinine, la sauvagina, la bombesina, le dermorfine, le deltorfine sono solo alcuni capostipiti di 10 nuove famiglie di peptidi naturali che il gruppo di ricercatori guidato da Erspamer ha sequenziato, sintetizzato e caratterizzato nelle principali proprietà biologiche. Ma assai più che in Italia, i peptidi scoperti da Erspamer sono stati oggetto di numerosi studi nei laboratori di ricerca biomedica europei e nordamericani. Una breve consultazione della MEDLINE mostra ad esempio che dal 1970 ad oggi la bombesina è stata oggetto di 3283 pubblicazioni, la sauvagina di 163, la dermorfina di 337, la deltorfina di 304, la eledoisina di 614, la ceruleina di 1939, le tachichinine di 1937. Questi aridi numeri, con maggiore efficacia ed evidenza di tante pompose parole di elogio, ci forniscono una obiettiva valutazione della enorme diffusione internazionale delle scoperte di Erspamer. Forse la migliore definizione dell’opera scientifica di Erspamer è quella pronunciata da Viktor Mutt del Karolinska Institute di Stoccolma, un altro illustre pioniere dell’era peptidica: «Vittorio Erspamer has done in our time what two of his countrymen Christofer Columbus and Amerigo Vespucci did some five hundred years ago - discovered a continent to explore». In Vittorio Erspamer viveva appunto lo spirito entusiasta ed avventuroso dell’esploratore. Non esitò a dirigere personalmente spedizioni di raccolta di anfibi e molluschi nelle Ande del Cile, nel Sud Africa, nella barriera corallina Australiana. Come i grandi navigatori Colombo e Vespucci, Erspamer era guidato nelle sue «navigazioni» tra migliaia di specie di anfibi dal suo senso di orientamento «biologico». Dalle sue esperienze, scrupolosamente catalogate e conservate, aveva elaborato una teoria geo-filogenetica di correlazioni tra le diverse specie geografiche di anfibi, basata sul contenuto cutaneo di peptidi ed amine, che, come stella polare, lo guidava nelle sue spedizioni di raccolta verso le specie più ricche di nuove molecole biologiche. Vittorio Erspamer ha ricevuto numerosi onori e importanti riconoscimenti per la sua attività di ricerca, ma la vita gli ha anche riservato delusioni, amarezze e profondi dolori. Non perse mai la sua serenità interiore. «Io sono stato molto fortunato» era solito dirmi «perché amo la ricerca e la ricerca non mi ha mai tradito».

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