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Press / Dipendenze da sostanze d’abuso, quanto c’entrano i geni e quanto l’ambiente?

9 marzo 2021

Dipendenze da sostanze d’abuso, quanto c’entrano i geni e quanto l’ambiente?

Nuovi studi su gemelli e fratelli hanno confermato che il rischio di diventare dipendente da una sostanza d’abuso come droghe, alcool o nicotina, dipende per metà dai geni che si ereditano. Quindi il libero arbitrio, la responsabilità individuale e l’educazione non incidono? Certamente, ma alla pari con il contributo del DNA. Due persone hanno in comune il 99,9% dei geni, ma quello 0,1% di differenza vale circa tre milioni di possibili differenze che contribuiscono alle diverse predisposizioni. «Ambiente» significa anche i diversi periodi della nostra vita: durante lo sviluppo fetale e durante l’adolescenza, particolare, siamo più vulnerabili alle influenze dell’ambiente sui nostri geni e il nostro cervello è forse l’organo maggiormente coinvolto. Da queste considerazioni le basi per i farmaci del futuro contro le dipendenze.

Perché alcune persone che sperimentano sostanze d’abuso ne diventano dipendenti, mentre altre no? «Studi sulle famiglie in cui sono stati fatti confronti tra gemelli identici, gemelli fraterni, figli adottivi e fratelli – spiega il Professor Marco Pistis dell’Università di Cagliari ed esperto SIF – suggeriscono che circa la metà del rischio che una persona ha di diventare dipendente da nicotina, alcol o altre droghe dipende dal suo corredo genetico». Trovare la base biologica per questo rischio è quindi un'importante sfida per la ricerca scientifica sul problema della tossicodipendenza. Si è aperta così la sessione sullo studio delle dipendenze, questa mattina, al 40° Congresso della Società Italiana di Farmacologia, in corso fino al 13 marzo, intitolato Il valore scientifico e l’uso appropriato del farmaco».


La genetica è lo studio dei geni, unità funzionali del DNA che compongono il genoma umano. I geni forniscono le informazioni che orchestrano le attività cellulari. «La ricerca sul genoma umano ha dimostrato che, in media, le sequenze di DNA di due persone qualsiasi sono uguali per il 99,9%. – continua il Professore –. Tuttavia, quella variazione dello 0,1% è estremamente importante: sono circa tre milioni di possibili differenze all’interno di quasi tre miliardi di paia di basi della sequenza di DNA». Queste differenze contribuiscono a variazioni visibili, come l’altezza e il colore dei capelli, e tratti invisibili, come l’aumento o la diminuzione del rischio per alcune malattie come infarto, ictus, diabete e anche dipendenza.


Alcune malattie, come la talassemia o la fibrosi cistica, sono causate da mutazioni anche di un singolo gene. I ricercatori hanno avuto un successo straordinario nello svelare la genetica di queste malattie monogeniche, sebbene trovare trattamenti o cure non sia stato così semplice. La maggior parte delle malattie, inclusa la dipendenza, è molto più complessa e sono variazioni in molti geni diversi, e non di un solo gene, che contribuiscono al rischio o alla protezione di ciascuno di noi. Gli scienziati stanno attivamente perseguendo linee di ricerca sempre più avanzate per il trattamento e la prevenzione di queste malattie complesse.


Attraverso i recenti progressi nell’analisi del DNA, «gli scienziati raccolgono continuamente ulteriori prove dalle famiglie colpite o utilizzano modelli animali ed esperimenti biochimici per verificare e comprendere il legame tra un gene e il rischio di dipendenza. Questi risultati saranno la base per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici».


Ma qual è il ruolo dell’ambiente nella dipendenza? 
Gli anglosassoni usano un’allitterazione molto conosciuta sin dal Medioevo “nature or nurture”, che potrebbe essere tradotta in “natura o educazione”, per definire l’influenza dell’ereditarietà o dell’ambiente nel determinare i tratti di una persona. Oggi, questa frase potrebbe essere meglio formulata come “nature AND nurture” perché la ricerca mostra che la salute di una persona è il risultato di continue interazioni dinamiche tra i geni e l’ambiente. 


Così come, per esempio, il rischio di ipertensione è dettato sia dalla genetica che dagli stili di vita, come dieta, attività fisica e stress, la ricerca scientifica ci ha permesso di scoprire che anche l’uso di droghe e il rischio di diventare dipendenti deriva dall’ambiente e non solo dalla genetica. «Possiamo, quindi, sottrarci al cieco determinismo dettato dai nostri geni. Gli esempi sono numerosi e possono essere studiati anche negli animali da laboratorio». Come fa l’ambiente a modificare l’espressione genetica? In altre parole, come fa l’ambiente ad attivare proprio i geni correlati alla dipendenza o a lasciarli silenti?


Qui entra in campo una disciplina recente: l’epigenetica. L’epigenetica (“oltre la genetica”) è lo studio dei cambiamenti funzionali, e talvolta ereditari, nella regolazione dell’attività e dell’espressione genica. In parole più semplici, «l’ambiente circostante o le scelte di vita che le persone fanno possono effettivamente rimodellare la struttura del DNA a livello cellulare o anche a livello dell'intero organismo».


Quindi, sebbene ogni cellula nel corpo umano contenga effettivamente le stesse informazioni genetiche, i sistemi di regolazione epigenetica consentono lo sviluppo di diversi tipi di cellule (ad esempio, pelle, fegato o cellule nervose) in risposta all’ambiente. La ricerca ha mostrato che il nostro DNA si avvolge intorno a particolari proteine, denominate istoni. Gli istoni controllano e organizzano l’espressione dei nostri geni riavvolgendo o srotolando porzioni specifiche di DNA, quasi come le bobine di una pellicola. Gli istoni sono, quindi dei protagonisti importanti di questi segnali epigenetici che possono influire sulla salute e persino sull’espressione dei tratti ereditari. Ad esempio, quando una persona usa la cocaina, questa può “marcare” il DNA attraverso gli istoni, aumentando la produzione di determinate proteine che si ritrovano nel cervello dei soggetti dipendenti. Negli animali da laboratorio, elevati livelli di queste proteine alterate sono associati a comportamenti di ricerca delle droghe.


Vi sono dei periodi della vita in cui siamo più vulnerabili alle influenze dell’ambiente sui nostri geni e il nostro cervello è forse l’organo maggiormente coinvolto: lo sviluppo fetale e l’adolescenza. «Queste fasi della vita corrispondono ad un tumultuoso sviluppo del nostro organismo e soprattutto del cervello. Per esempio – chiude l’esperto – l’esposizione a droghe d’abuso durante la gravidanza o in adolescenza può determinare delle alterazioni epigenetiche che aumentano il rischio di abuso di sostanze o di altre psicopatologie».


Studiare questi processi per identificare i fattori biologici coinvolti nell’abuso di sostanze è sempre più importante, perché i progressi tecnologici hanno migliorato la capacità dei ricercatori di individuare singoli geni o processi epigenetici che possono orientare nuovi interventi di prevenzione e trattamento.

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