A distanza di oltre settant'anni dal loro primo utilizzo, i farmaci cortisonici (corticosteroidi) costituiscono ancora oggi a pieno titolo uno dei trattamenti più efficaci ed utilizzati nella cura delle malattie a base infiammatoria.
Come spiega l'esperto Carlo Riccardi, già Presidente SIF e Professore di Farmacologia all'Università di Perugia, che interverrà l'8 giugno al 15th World Congress on Inflammation (5-8 giugno, Roma), organizzato dalla Società Italiana di Farmacologia (SIF) insieme all'International Association of Inflammation Societies (IAIS), con una lettura plenaria dal titolo "Glucorticoidi e infiammazione".
"Questi farmaci sono dei potenti antinfiammatori e immussoppressivi, in quanto hanno la capacità di inibire quei processi cellulari che portano alla sintesi di sostanze pro-infiammatorie e immunostimolanti e, allo stesso tempo, favorire la sintesi di sostanze antinfiammatorie. Il risultato finale è l’inibizione di tutti quegli eventi che nell’infiammazione e nelle risposte immunitarie generalizzate sono responsabili della malattia".
I farmaci cortisonici sono tra i più utilizzati nel trattamento di numerose malattie croniche, così come di molteplici patologie gravi, in cui il sistema infiammatorio ed autoimmunitario giocano un ruolo chiave. Comune è il loro impiego, ad esempio, nelle malattie infiammatorie dell’intestino, tra cui la Colite Ulcerosa e il Morbo di Chron; nelle malattie reumatiche, come l’Artrite Reumatoide (RA) e il Lupus Eritomatoso Sistemico (LES); e nell’Epatite Autoimmune.
Covid-19: i cortisonici rappresentano oggi un vero e proprio salvavita nel trattamento delle forme più gravi
"Se, in generale, i cortisonici - precisa il Prof. Riccardi - possono essere considerati, di fatto, dei salvavita in caso di infiammazione acuta e in situazioni di emergenza, questo vale anche per le forme più severe di Covid-19, tanto che l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ne ha raccomandato l’uso in pazienti gravi che richiedono l'ossigenoterapia, in presenza o meno di ventilazione meccanica".
In realtà, già prima della pandemia, questo gruppo di farmaci era stato ampiamente utilizzato nel trattamento di altre patologie strettamente correlate al Covid-19, come la sindrome respiratoria acuta grave (SARS) e la sindrome respiratoria medio-orientale (MERS).
"Tutte condizioni - prosegue Riccardi - in cui il processo infiammatorio è fortemente alterato e danneggia l’apparato respiratorio del paziente, come avviene nel Covid-19: dove, nei casi più gravi, la malattia può sfociare in manifestazioni cliniche severe, come la sindrome da distress respiratorio acuto (ADRS): un fenomeno durante il quale l’organismo sviluppa una risposta infiammatoria molto elevata associata alla cosiddetta 'tempesta citochinica', che si caratterizza per una massiva produzione di molecole infiammatorie (citochine). Per contrastare ciò è stato proposto l’utilizzo dei cortisonici allo scopo di inibire così la risposta infiammatoria".
In conclusione: "Le prove ad oggi disponibili, oltre a diversi studi clinici, riportano un effetto protettivo da parte dei farmaci cortisonici in termini di mortalità in soggetti con patologia grave da Covid-19. Non sono ancora, invece, disponibili prove sulla loro sicurezza e sull’efficacia nel trattamento dei pazienti con Covid-19 in fase precoce e non ospedalizzati".
Nuovi campi di applicazione, "vecchie" certezze ed effetti collaterali
Tra i più recenti studi nel campo della ricerca dei corticosteroidi, di particolare interesse è la loro azione nella regolazione della morte cellulare (apoptosi), un fenomeno associato a malattie come l'Alzheimer e i tumori.
"I corticosteroidi - spiega il Prof. Riccardi - sono in grado di modulare la morte cellulare, ovvero di indurre o proteggere da essa. Questo effetto per lunghi anni non è stato sufficientemente studiato, mentre invece rappresenta uno dei loro meccanismi principali e riguarda i più diversi tipi di cellule e tessuti (linfociti T e B, granulociti ed altre cellule del sistema infiammatorio ed immunitario), tra cui anche le cellule neuronali. In questo caso, infatti, alcuni degli effetti dei corticosteroidi sulla memoria e sui processi cognitivi sono attribuibili, almeno in parte, alla loro capacità di regolare la morte cellulare e la neurogenesi".
Da qui la possibilità del loro impiego nel trattamento dell'Alzheimer: "Anche nel caso di questa patologia, ci troviamo in presenza di una componente infiammatoria e, di conseguenza, è possibile l'utilizzo di farmaci antinfiammatori".
"Sempre in virtù di questo meccanismo di regolazione della morte cellulare, i corticosteroidi - prosegue il Prof. Riccardi - rivestono un importante ruolo nel trattamento di diversi tumori, tra cui leucemie, linfomi e mielomi".