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Press / Povertà farmaceutica: in milioni coloro che in Italia non possono curarsi. Non ancora chiaro l’impatto economico del COVID-19: «Probabilmente come nel 2008».

12 marzo 2021

Povertà farmaceutica: in milioni coloro che in Italia non possono curarsi. Non ancora chiaro l’impatto economico del COVID-19: «Probabilmente come nel 2008».

Secondo le ultime statistiche ufficiali diffuse dall’Istat il 16 giugno 2020 (Istat, 2020), in Italia nel 2019 quasi 1.7 milioni di famiglie (6.4% del totale), corrispondenti a quasi 4.7 milioni di persone (7.7% del totale), vivevano in condizione di povertà assoluta. Il report conferma inoltre l’esistenza di un gradiente di povertà su base geografica: la percentuale di famiglie indigenti era più alta nel Meridione (8.8% nel Sud e 8.7% nelle Isole), rispetto al Centro (4.5%) e al Settentrione (5.8% nel Nord-Ovest e 6.0% nel Nord-Est). Le persone in povertà assoluta erano 1.870.000 (6.8% dei residenti) nelle regioni del Nord e 2.071.000 (10.1% dei residenti) nel Mezzogiorno. Questi i dati in evidenza al Congresso Nazionale della Società Italiana di Farmacologia (SIF), nella relazione del Professor Silvano Cella, dell’Università degli Studi di Milano e membro SIF.

«Queste differenze territoriali sono dovute anche alla maggior concentrazione nel Sud di nuclei famigliari numerosi – spiega Silvano Cella – e si conferma infatti che il riscontro di povertà assoluta è più frequente tra le famiglie con un maggior numero di componenti, passando dal 6.5% di quelle con un solo figlio minore al 20.2% se sono presenti tre o più figli minori. Anche tra le famiglie monogenitoriali la povertà era più diffusa rispetto alla media nazionale (8.9%). Tra chi viveva in condizioni di povertà assoluta, particolarmente numeroso (26.9%) era il gruppo degli stranieri residenti in Italia, formato da quasi un milione e 400mila persone, dato che saliva al 31.2% tra le famiglie immigrate con figli minori».

È interessante osservare che nel 2019, per la prima volta dopo molti anni, la prevalenza della povertà assoluta è diminuita in misura significativa rispetto all’anno precedente (-0,6 punti percentuali a livello nazionale). Ciò è dovuto principalmente all'andamento favorevole delle regioni del Mezzogiorno (-1,4 punti percentuali) e del Centro (-0,9 punti percentuali), interamente attribuibile agli effetti redistributivi delle misure economico-sociali varate per sostenere la popolazione con reddito inferiore alle soglie di povertà assoluta. «La situazione non è invece migliorata nelle regioni del Nord – continua Cella – poiché qui si concentrano maggiormente gli immigrati che registrano tassi di povertà di gran lunga superiori al resto della popolazione residente. Emerge inoltre che alla popolazione povera residente nel Settentrione sono state destinate meno risorse pubbliche di quelle allocate per il Mezzogiorno, poiché le politiche pubbliche adottano soglie di povertà identiche su tutto il territorio nazionale e non tengono conto del diverso costo della vita come invece prevedono le stime della povertà assoluta elaborate dall’Istat» (Istat, 2020).

Queste statistiche, tuttavia, non hanno ancora intercettato l’impatto della pandemia Covid-19 che a partire da marzo 2020 ha investito drammaticamente – sia pure con diversa intensità territoriale – il nostro Paese. «Non si è trattato solo di una emergenza sanitaria – precisa Cella – il periodo di lockdown ha influito negativamente anche sulle attività economiche ed è ipotizzabile che tali effetti risulteranno più marcati nelle Regioni settentrionali, incrementando il tasso di povertà proprio laddove è presente la maggior parte delle attività produttive del Paese».

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