Nell’ambito dell’attività di ricerca per mettere a punto nuovi farmaci si effettuano studi in-vitro. In particolare si studiano pezzettini di tessuto o cellule isolate dal tessuto di origine, chiamate colture cellulari. Le cellule vengono tenute in liquidi sterili (chiamati terreni di coltura) che contengono tutto ciò di cui ha bisogno la cellula, dentro una specie di armadio (chiamato incubatore) dove si creano le condizioni ambientali perché le cellule stiano bene (temparatura 37 °C e anidride carbanica al 5%).
Esistono due tipi di colture cellulari, le colture primarie e le linee cellulari. Le colture primarie vengono preparate isolando le cellule dal tessuto di un donatore che può essere un animale da laboratorio o un essere umano (sano o malato). Nel caso di colture cellulari primarie umane è necessario che il donatore o i parenti del donatore abbiano firmato un consenso informato, una sorta di contratto dove si dichiara che il donatore ha donato dei tessuti per la ricerca. Esistono banche che conservano i tessuti dei donatori. Le cellule primarie sono in grado di dividersi fino ad un tempo limitato, perché poi invecchiano.
Le linee cellululari, sia di origine animale o umana, sono immortalizzate per caratteristiche genetiche particolari (mutazioni nel DNA) o perché infettate da un virus e possono dividersi e proliferare teoricamente all’infinito.
Se ad esempio una linea cellulare primaria riesce a divedersi 8 volte, la linea cellulare immortalizzata può diversi fino a 50 o 100 volte. Nella ricerca in-vitro si preferisce lavorare con cellule primarie perché mantengono la maggior parte delle caratteristiche del tessuto originario, e quindi i dati derivanti dalla ricerca sono più vicini alla realtà. Per contro, con le cellule primarie i tempi e i costi della ricerca si allungano, rispetto alle colture cellulari che proliferano velocemente e molte volte.
Le linee cellulari possono essere usate per produrre farmaci biologici, come le proteine.