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Virus influenzali

Il primo caso di influenza nell’uomo è stato documentato nel 1933 in Inghilterra, da allora sono stati identificati quattro diversi tipi di virus, A, B, C e D, appartenenti alla famiglia Orthomixoviridae (dal greco orto: dritto e myxa: muco, gli Orthomixoviridae sono una famiglia di virus a RNA a cui appartengono anche i virus responsabili dell’influenza).

I tipi A e B sono responsabili dell’influenza più comunemente nota, il tipo C è di solito asintomatico, mentre il tipo D ancora non è stata definito se possa infettare l’uomo o no. Il virus di tipo B si è diviso in due ceppi B/Yamagata e B/Victoria che contribuiscono alla malattia influenzale ogni anno.

Invece alla categoria di virus dell’influenza A appartengono diversi sottotipi in base alle glicoproteine di superficie emoagglutinina e neuraminidasi (due glicoproteine che si trovano sulla superficie dei virus dell'influenza e sono parte integrante della sua infettività). Le glicoproteine sono una famiglia di proteine caratterizzate dalla presenza di almeno un amminoacido legato tramite legame covalente ad uno zucchero o una catena glucidica.

La risposta immunitaria, che si base sul riconoscimento di specifiche molecole presenti sul patogeno, dette antigeni, molto spesso coinvolge le glicoproteine di membrana di batteri o virus, che rappresentano gli antigeni che le cellule del sistema immunitario riconoscono e verso cui scatenano la risposta difensiva. La presenza di anticorpi e quindi immunità a queste glicoproteine riduce non solo il rischio di contrarre l’infezione, ma anche la gravità della malattia stessa. Una delle caratteristiche peculiari dei virus influenzali è la loro capacità di mutare a livello delle due glicoproteine HA e NA.

Queste mutazioni gli permettono sia di sfuggire al sistema immunitario (anche di individui che hanno già contratto l’influenza) sia di trovare la maggior parte della popolazione suscettibile, diffondendosi quindi ampiamente e rapidamente.