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Pillole di Salute

F.A.Q.

Antibiotici

Gli antibiotici colpiscono selettivamente un bersaglio presente nel batterio e assente nelle cellule dell’uomo, e vengono classificati in base al loro meccanismo d’azione. Fleming, nel 1928, scoprì casualmente il potenziale antibatterico delle penicilline, la classe di antibiotici ancora oggi più impiegata, che agiscono sulla parete batterica. Ci sono antibiotici che mimano elementi costitutivi per la vita della cellula batterica e la ingannano. Altri agiscono inibendo enzimi necessari alla duplicazione del DNA batterico e conducono a morte il batterio. Altri ancora prevedono l’inibizione della sintesi proteica batterica, inibendo la struttura cellulare deputata a questo, il ribosoma. Sono farmaci a esclusiva prescrizione medica, che vanno somministrati in modo mirato e solo se necessario. L’abuso e l’utilizzo improprio hanno contribuito alla comparsa del fenomeno della resistenza batterica, per cui molti agenti infettivi risultano resistenti agli attuali antibiotici disponibili.

Cosa sono gli antibiotici?

Gli antibiotici sono farmaci che si collocano nella chemioterapia antimicrobica. Sono quindi composti chimici contro agenti infettivi, in questo caso i batteri. È bene sottolineare che gli antibiotici sono indicati contro i batteri, e non funzionano sui virus.

I batteri sono microrganismi grandi in media un centinaio di nanometri (cento miliardesimi di metro) che vivono in autonomia e sono diversi dai virus, che sono invece molto più piccoli in dimensioni e hanno bisogno di una cellula in cui insediarsi per sopravvivere.

Gli antibiotici colpiscono selettivamente un bersaglio presente nel batterio</strong> e non nella cellula eucariotica (le cellule di cui &egrave; composto l&rsquo;organismo umano), per questo aggrediscono l&rsquo;intruso ma non il nostro organismo.</p>

Quanti tipi di antibiotici conosciamo?

Lo sviluppo e l’impiego degli antibiotici, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha rivoluzionato l’approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni ritenute in passato incurabili.

Gli antibiotici possono essere farmaci di origine naturale o semisintetica, prodotti come metaboliti secondari da varie specie di microrganismi, funghi ed attinomiceti, oppure ottenuti per sintesi chimica (chemioterapici). Gli antibiotici che sono capaci di inibire la crescita dei batteri vengono definiti batteriostatici (i batteri non sono in grado di riprodursi), mentre se sono in grado di uccidere i microrganismi, sono battericidi.

Cosa significa &ldquo;antibiotico ad ampio spettro&rdquo;?

Gli antibiotici possono essere classificati sulla base dello spettro d’azione, cioè su quale/i tipologia/e di batteri sono più efficaci. Si suddividono in antibiotici a spettro ristretto, se attivi su un numero limitato di specie batteriche (es. anaerobi), a spettro mirato, se la loro azione è diretta contro una sola specie batterica, a spettro selettivo, se attivi su un gran numero di batteri ma di una sola specie (es. tutti Gram negativi – la colorazione di Gram dei batteri li suddivide in positivi e negativi a seconda di come è costruita lo loro parete cellulare) e da ultimo vengono definiti antibiotici ad ampio spettro se agiscono su molte specie batteriche (Gram +, Gram -).

Come agiscono gli antibiotici?

Di norma gli antibiotici (e i chemioterapici) sono classificati in base al loro meccanismo d’azione. Ci sono quelli che agiscono come antimetaboliti, mimano cioè elementi costitutivi per la vita della cellula batterica e la ingannano. Di questa classe fanno parte i sulfamidici e le diaminopiridine, entrambi batteriostatici, cioè bloccano la riproduzione dei batteri.

Altri antibiotici agiscono inibendo enzimi chiamati topoisomerasi batteriche, che sono necessari alla duplicazione del DNA batterico e per questo sono battericidi, quindi conducono a morte il batterio. Tra questi troviamo i chinoloni, tra cui acido nalidissico, ciprofloxacina e levofloxacina, molti dei quali utilizzati per la terapia delle cistiti nelle donne.

Le penicilline e le cefalosporine sono invece antibiotici che colpiscono la parete batterica, ossia quella particolare struttura molecolare che riveste la cellula batterica, e ne impediscono il corretto assemblaggio, portando il batterio alla morte. Fu Fleming, nel 1928, a scoprire il potenziale antibatterico delle penicilline, la classe di antibiotici ancora oggi più impiegata. Tra i farmaci che agiscono sulla parete batterica troviamo anche glia antibiotici glicopeptidici, come la vancomicina e la teicoplanina, maggiormente ad uso ospedaliero e somministrati esclusivamente per via iniettiva.

Un quarto meccanismo d’azione prevede l’inibizione della sintesi proteica batterica, con antibiotici che inibiscono la struttura cellulare deputata a questo, il ribosoma. Fanno parte di questa classe gli aminoglicosidi, le tetracicline, il cloramfenicolo e i macrolidi.

Qual &egrave; la via di somministrazione?

Gli antibiotici vengono assunti comunemente per via orale, fatta eccezione per casi particolari in cui possono essere somministrati per via endovenosa. Sono molecole di grosse dimensioni che in presenza di altre sostanze, come i nutrienti del cibo, non vengono bene assorbiti a livello intestinale, per questo, se assunti per via orale, è bene assumerli a stomaco vuoto.

Perché una terapia sia efficace è importante seguire le indicazioni del medico e in caso di dubbio rivolgersi al proprio medico curante o al farmacista.

Cosa significa resistenza batterica?

È necessario sottolineare che questi sono farmaci a esclusiva prescrizione medica, che vanno somministrati in modo mirato e solo se necessario. L’abuso e l’utilizzo improprio hanno contribuito alla comparsa della resistenza batterica, il fenomeno per cui molti microorganismi infettivi risultano resistenti agli attuali antibiotici. Ogni volta che utilizziamo degli antibiotici, i batteri capaci di resistere alla loro azione sopravvivono e approfittano dell’eliminazione dei batteri sensibili per aumentare di numero e diventare prevalenti. Malgrado siano state investite risorse ed energie al fine di aumentare la conoscenza dei meccanismi di resistenza e nella ricerca di molecole sempre più efficaci, la comparsa di resistenze agli antibiotici è al momento più veloce dello sviluppo di nuovi farmaci capaci di superarla.

Che cosa causa la resistenza batterica?

Il problema della resistenza agli antibiotici è fondato su molteplici fattori, tra cui l’aumentato uso di questi farmaci, soprattutto l’utilizzo non appropriato degli stessi, la diffusione delle infezioni ospedaliere da microrganismi antibiotico-resistenti e un aumento dei viaggi internazionali e quindi una maggiore diffusione dei ceppi. È importante tenere sotto controllo questo fenomeno, non soltanto per le importanti implicazioni cliniche (aumento della morbilità, letalità, durata della malattia, possibilità di sviluppo di complicanze, possibilità di epidemie), ma anche per la ricaduta economica dovuta   al costo aggiuntivo richiesto per l’impiego di farmaci e procedure più costosi per curare i pazienti colpiti da questi microorganismi, all’allungamento delle degenze in ospedale e per le conseguenze di eventuali invalidità.

Come possiamo affrontare la resistenza batterica?

Il primo principio è quello di imparare ad usarli sempre meglio.

È importante che il paziente utilizzi l’antibiotico solo quando davvero necessario e la scelta dei farmaci e della loro posologia da parte del medico deve essere accurata, con l’obiettivo di potenziare l’efficacia del trattamento e ridurre il rischio di selezione del patogeno.

I diversi antibiotici vanno scelti in base: alle caratteristiche farmacodinamiche, quindi allo spettro d’azione, individuando la causa precisa di infezione, e alla potenza antibatterica.

Il cibo che consumiamo pu&ograve; essere causa di resistenza batterica?

Anche il cittadino può contribuire a non diffondere il fenomeno della resistenza batterica scegliendo una adeguata alimentazione, evitando di acquistare i prodotti di allevamento intensivo (come uova e carne) in cui l’utilizzo degli antibiotici sugli animali non sia strettamente controllato. La norma obbliga gli allevatori a interrompere la somministrazione degli antibiotici nelle settimane precedenti la macellazione, perché ogni residuo venga così eliminato. Purtroppo, i controlli hanno rivelato che la normativa non sempre viene rispettata, favorendo un residuo antibiotico nel cibo che contribuisce alla nostra resistenza batterica.

Dall’altra parte è importante anche evitare di venire a contatto con i possibili batteri trasmessi dagli animali che consumiamo, i quali a loro volta potrebbero già aver acquisito resistenza batterica. I batteri del cibo, anche se non patogeni per l’uomo, possono trasmettere i geni della resistenza a loro cugini umani. Un esempio eclatante sono i polli, che anche dopo sospensione degli antibiotici negli allevamenti, possono essere contaminati da batteri resistenti, spesso di ceppi virulenti per l’uomo. Da qui quindi la necessità di consumare i prodotti dopo cottura o dopo accurato lavaggio.

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