Perché è così importante monitorare la pressione arteriosa dopo un infarto?
Dopo un infarto la pressione sanguigna deve essere mantenuta sotto controllo. Infatti, un aumento dei valori della pressione arteriosa si traduce in un lavoro cardiaco maggiore e meno efficiente e ciò favorisce il rischio di un altro infarto e della insufficienza cardiaca. Pertanto, il controllo della pressione arteriosa rappresenta un obiettivo terapeutico primario nel paziente post-infartuato.
Quali farmaci antipertensivi si usano nel post-infarto?
Sicuramente ci sono i beta-bloccanti che aiutano a ridurre la frequenza e l'intensità delle contrazioni del cuore, alleggerendo il lavoro cardiaco e migliorando le possibilità di sopravvivenza. Tuttavia, possono causare bradicardia ed ipotensione ortostatica, dovuta ad un abbassamento eccessivo della pressione arteriosa, che può causare capogiri, vertigini o svenimenti quando ci si alza in piedi.
E gli ACE-inibitori?
Gli ACE-inibitori sono un’altra categoria di farmaci antipertensivi molto utilizzata nel post-infarto. Agiscono bloccando la produzione di una sostanza vasocostrittrice chiamata angiotensina II. Rilassano i vasi sanguigni e aiutano a ridurre la pressione arteriosa e a migliorare il flusso di sangue al cuore. Sono spesso associati a tosse secca e persistente oltre che a edema e gonfiori a carico delle gambe e delle caviglie.
E se gli ACE-inibitori non andassero bene?
Si possono usare i sartani. I sartani sono farmaci che hanno effetti simili agli ACE-inibitori, ma agiscono con un meccanismo d’azione differente, bloccando l'azione dell'angiotensina II a livello dei recettori sui vasi sanguigni. Sono un'alternativa agli ACE-inibitori specialmente in pazienti che non tollerano questi ultimi.
Si usano solo antipertensivi?
No, spesso agli antipertensivi, di cui abbiamo parlato, si associano i diuretici. Questi farmaci aiutano i reni ad eliminare l'eccesso di sodio ed acqua dal corpo, riducendo così il volume di sangue e la pressione arteriosa. Tra gli effetti avversi ci possono essere alterazioni degli elettroliti ossia squilibri dei livelli di sodio, potassio o altri minerali nel sangue.
Terapia a lungo termine: l'importanza dell'alleanza paziente-medico
La terapia antipertensiva di solito è necessaria per tutta la vita. Dal momento che l'aderenza alla terapia è essenziale per ottenere i benefici desiderati, è fondamentale che i pazienti seguano attentamente le indicazioni del medico e assumano i farmaci regolarmente.
Nel paziente post-infartuato bastano i farmaci antipertensivi?
Assolutamente no. Sarà necessario assumere altri farmaci come gli antiaggreganti e gli anti-lipidemici e cambiare il proprio stile di vita.
In che senso il paziente deve cambiare stile di vita?
Il paziente deve adottare uno stile di vita sano quindi seguire una dieta equilibrata, fare attività fisica specifica (riabilitazione cardiologica), dimagrire, se necessario, e non fumare. Queste sono tutte misure importanti per il benessere del cuore e per recuperare, almeno in parte, la funzione del cuore.
In conclusione, per un paziente che ha avuto l’infarto è possibile vivere una vita normale?
I trattamenti disponibili, tra cui gli antipertensivi, e i cambiamenti dello stile di vita di cui abbiamo parlato, riducono moltissimo il rischio di problemi cardiovascolari futuri e favoriscono una qualità di vita migliore a lungo termine. Per potenziare l'efficacia di questi farmaci, è essenziale una stretta collaborazione tra medico e paziente, che deve seguire attentamente le indicazioni e adottare uno stile di vita salutare.
Bibliografia:
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- Oliveros et al., “Hypertension in older adults: Assessment, management, and challenges” Clin Cardiol., 2019. doi: 10.1002/clc.23303