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C’è una questione di genere nella suscettibilità al SARS-CoV-2?

26 marzo 2020

C’è una questione di genere nella suscettibilità al SARS-CoV-2?
Ci sono basi scientifiche sulle quali provare a dimostrare che esiste una maggiore suscettibilità dei maschi rispetto alle donne di contrarre l'infezione da SARS-CoV-2?

Ma esiste davvero una suscettibilità di genere al SARS-CoV-2?

Così come in Cina, in Italia i maschi rappresentano la maggior parte dei decessi causati dal nuovo coronavirus chiamato SARS-CoV-2 che ha causato una pandemia mondiale di sindrome respiratoria acuta denominata COVID-19. Questi numeri indicano chiaramente che il genere è un evento causale di morbidità (cioè della frequenza con cui compare una malattia) e mortalità importante (Figura 1).

Figura 1. Numero di decessi in Italia per COVID-19 distribuiti per fascia di età. Dati elaborati dall’ISS alla data del 20 marzo 2020 [1].

Considerando il report su COVID-19 dei dati italiani stilato dall’ISS [1], che raccoglie i dati fino allo scorso 20 marzo, e stratificando i pazienti positivi per genere, si evidenzia come i maschi rappresentino il 58,1% degli infetti e le femmine il 41,9%. Per quanto concerne i decessi la discrepanza aumenta notevolmente poiché i maschi deceduti sono il 70,6% mentre le femmine il 29,4% (Figura 1).

Come interpretare questi dati e cosa ci suggeriscono rispetto alle strategie terapeutiche e di prevenzione?

Gli anziani si sa sono più vulnerabili e, nei piani sanitari nazionali, questa fragilità è alla base delle campagne vaccinali antiinfluenzali che ogni anno cercano di  prevenire le evoluzioni infauste delle sindromi influenzali.

I dati sul Bollettino Epidemiologico Nazionale dell’ISS (Istituto Superiore della Sanità) documentano che anche per la "normale" influenza del 2018-2019, i casi gravi, con quadri clinici analoghi a quelli causati dal SARS-CoV-2 e conseguenti ricoveri in rianimazione, colpiscono gli uomini sopra i 65 anni nel 63% dei casi e le donne "solo" nel 37% dei casi.

Quindi gli uomini, in particolare anziani, sono più vulnerabili delle donne alle infezioni virali e alle loro evoluzioni negative.

Quali sono le evidenze che possono giustificare questa differenza?

Gli uomini deceduti, dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2, hanno un’età più bassa rispetto alle donne decedute (età mediane: uomini 79 – donne 82). Questi dati sono in linea con la maggiore vulnerabilità alle infezioni virali degli uomini [2, 3].

Infatti, sebbene maschi e femmine condividono gli stessi meccanismi cellulari del sistema immunitario, le femmine sviluppano maggiori risposte immunitarie umorali e cellulari verso patogeni, compresi i virus, quindi sono meno suscettibili a contrarre infezioni da microrganismi.

Alle differenze immunologiche tra i due sessi sicuramente concorrono le interazioni del sistema endocrino con quello immunitario e le differenze genetiche tra i due sessi [2]. A queste, si aggiungono ovviamente fattori ambientali e stile di vita, tra cui il fumo di sigaretta, che ancora oggi è più diffuso tra i maschi.

Ma cosa può fare il sistema endocrino per proteggere le femmine piuttosto che i maschi?

Il sistema endocrino, e in particolare gli ormoni sessuali steroidei, agendo a livello genomico, possono modificare sia qualitativamente che quantitativamente le cellule immunitarie, modificandone la risposta ad agenti patogeni.

Studi precedenti all'attuale pandemia hanno documentato che gli estrogeni e l’attivazione dei loro recettori esercitano effetti protettivi in modelli animali infettati da ceppi di SARS-CoV-2 [4].

A questo si può aggiungere un meccanismo di regolazione indiretta del sistema immunitario, recentemente proposto, che riguarda il microbioma che risente dello stato ormonale dell’ospite ea sua volta agisce sugli ormoni sessuali, contribuendo alle differenze nella risposta immunitaria tra i due generi [5].

Sono coinvolti anche i cromosomi sessuali X e Y?

Si sono coinvolti. Dal punto di vista genetico, maschi e femmine hanno chiare differenze nei cromosomi sessuali.

Sul cromosoma X sono stati mappati (cioè sono stati attribuiti ai cromosomi ed è stata determinata la loro distanza genetica relativa rispetto a geni più noti) circa 1000 geni, verso i soli 100 del cromosoma Y.

Molti dei geni del cromosoma X sono correlati all’immunità e codificano per proteine coinvolte nella risposta immunitaria fornendo alle femmine, che hanno due cromosomi X, il doppio di queste risorse. Questo vantaggio peraltro è anche la causa della maggior frequenza nel genere femminile delle malattie autoimmuni [2].

Ma è implicata anche la gravidanza nella maggiore capacità immunitaria delle femmine?

Per molto tempo la gravidanza è stata considerata una condizione associata con l'indebolimento del sistema immunitario a causa della eccessiva produzione dell’ormone progesterone, definito come un ormone immunosoppressore naturale.

In realtà durante la gestazione, in cui il principio della conservazione della specie è predominante, il sistema immunitario è finemente regolato per garantire la protezione del feto e il suo sviluppo [6].

Per SARS-CoV-2 questo aspetto è documentato dai recenti studi sulla trasmissione verticale del virus in cui madri positive hanno dato alla luce neonati negativi al tampone per il virus, cosi come negativi per SARS-CoV-2 sono risultati il liquido amniotico, il sangue cordonale e il latte materno [7].

E per quanto riguarda la risposta ai farmaci, sono state notate differenze di genere?

La risposta ai farmaci, anche agli antivirali, è diversa nei due sessi sia in termini di efficacia che di tossicità.

Il principio precauzionale, inteso a difendere il feto da potenziali rischi tossici e teratogenici (produzione di anomalie o malformazioni nel feto), e la difficoltà di conciliare la variabilità dovuta alla ciclicità della vita riproduttiva della donna con i risultati degli studi, richiede un impegno importante.

Ancora oggi, negli studi clinici che sperimentano nuovi farmaci, sono inclusi solo o in prevalenza uomini con l’assunzione che nelle donne e nei bambini l’azione dei farmaci possa essere estrapolata considerando peso e/o superficie corporea.

Ci sono differenze tra maschi e femmine nel comportamento del farmaco nell’organismo?

L'efficacia e la tossicità dei farmaci è il risultato di differenze sia nella farmacocinetica (come "viaggia" il farmaco attraverso l’organismo dalla sua somministrazione alla totale eliminazione) che nella farmacodinamica (quali effetti causa negli organi e nei tessuti bersaglio) con caratteristiche genere-specifiche.

Il tempo di svuotamento gastrico (quanto rimane nello stomaco prima di essere trasferito nell’intestino), primo parametro farmacocinetico che influenza la biodisponibilità (quantità di farmaco utile per la terapia rispetto alla dose somministrata) per via orale di un farmaco, è generalmente maggiore nelle donne dove è influenzato anche dal ciclo mestruale ed è modificato in gravidanza.

Il volume di distribuzione, determinante per valutare la distribuzione di un farmaco nell'organismo, differisce tra i due sessi e nelle varie fasce di età: le donne hanno una maggiore quantità di tessuto adiposo che può rappresentare una sede di accumulo di farmaci lipofili, mentre la massa muscolare e ossea è prevalente nell’uomo.

Il metabolismo dei farmaci (cioè la loro trasformazione in altri prodotti quasi sempre inattivi e alle volte tossici che avviene di norma nel fegato) è diverso tra i due sessi sia per caratteristiche genetiche che per l’azione ormonale, con ripercussione sui fenomeni di inattivazione dei farmaci e possibili eventi di tossicità, ovvero ridotta efficacia.

In generale le donne hanno un rischio maggiore di 1,5-1,7 volte di sviluppare reazioni avverse e, molto spesso, la maggior parte delle informazioni genere-specifiche sulla risposta ai farmaci le conosciamo solo dopo il loro impiego nella pratica comune e solo molto raramente durante le sperimentazioni cliniche.

Ci sono esempi specifici nel caso dei farmaci antivirali?

Le informazioni oggi disponibili sulle terapie antivirali, ad esempio per i farmaci anti-HIV, riportano che gli inibitori nucleosidici ma non quelli della trascrittasi inversa danno reazioni avverse quali l’acidosi lattica e alterazioni della funzione epatica. La nevirapina, inibitore non nucleotidico della trascrittasi inversa, dà reazioni cutanee nelle donne e gli inibitori delle proteasi hanno un rischio maggiore di disturbi metabolici nel sesso femminile [8].

Ci sono co-morbidità associate alle infezioni da SARS-CoV-2 genere-specifiche?

Le co-morbidità sono la coesistenza di due o più disturbi o malattie fisiche o psichiche in uno stesso individuo. L’intero quadro clinico della COVID-19 varia da una condizione di lieve compromissione della funzione polmonare ad una sindrome da distress respiratorio acuto (Acute Respiratory Distress Syndrome, ARDS), condizione che colpisce i due terzi dei pazienti in terapia intensiva, che può determinare la compromissione di più organi ed è la causa principale di morte.

Le persone anziane con problemi coronarici o ipertensione sono maggiormente infettate e sviluppano le forme più severe (Tabella 1). Queste informazioni emergevano già nel 2106 da una meta-analisi sull’infezione di MERS-CoV (la malattia simile alla COVID-19 che ha colpito la regione mediorientale nel 2016) [9].

 

Patologie Italia (%) Cina (%) Cardiopatia ischemica 30,1 22,7 Fibrillazione atriale 22,0 22,7 Ictus 11,2 22,7 Ipertensione arteriosa 73,8 39,7 Diabete mellito 33,9 19,7 Demenza 11,9 N.R. BPCO 13,7 7,9 Cancro attivo negli ultimi 5 anni 19,5 1,5 Epatopatia cronica 3,7 N.R. Insufficienza renale cronica 20,2 N.R.

 

Tabella 1. Patologie più comuni osservate nei pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi in Italia e in Cina (espressi in percentuale). Il dato italiano è stato ottenuto in 481/3200 deceduti (15.0% del campione complessivo). Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 2.7 (mediana 2, Deviazione Standard 1.6). Complessivamente, 6 pazienti (1.2% del campione) presentavano 0 patologie, 113 (23.5%) presentavano 1 patologia, 128 presentavano 2 patologie (26.6%) e 234 (48.6%) presentavano 3 o più patologie. Dati elaborati dall’ISS alla data del 20 marzo 2020 [1]. I dati cinesi sono stati elaborati dal Chinese Center for Disease Control and Prevention alla data 11 febbraio 2020 [10]. N.R. Non Riportato.

 

L’ultimo report italiano sulla COVID-19 evidenzia che nei pazienti deceduti il numero medio di patologie croniche pre-esistenti, ovvero diagnosticate prima di contrarre l’infezione, è di 2,7. L’ipertensione arteriosa rappresenta la patologia pre-esistente più frequente, seguita da diabete mellito e cardiopatia ischemica (Tabella 1).

Nelle donne, le malattie cardiovascolari si sviluppano 7-10 anni più tardi che negli uomini, ma rappresentano la maggiore causa di morte oltre i 65 anni. Infatti, la produzione di estrogeni durante il periodo fertile protegge le donne dallo sviluppo di patologie cardiovascolari, ritardandone l’insorgenza al periodo post-menopausale.

I dati diffusi dall’ISS (Istituto Superiore della Sanità) mostrano che soltanto nella fascia di età superiore a 90 anni il numero di decessi delle donne si equipara a quello degli uomini (si veda di sopra la Figura 1). La maggiore incidenza e prevalenza di disordini cardiocircolatori negli uomini potrebbe giustificare la più elevata mortalità nei maschi, in seguito a comparsa di ARDS (Sindrome da distress respiratorio acuto) sia nella popolazione italiana che in quella cinese.

Nonostante le differenze culturali, sociali ed epidemiologiche tra la Cina e l’Italia, e sebbene in presenza di diverse strategie di contenimento dell’infezione, i dati ci confermano che questo ceppo di coronavirus predilige i maschi e specifiche fasce di età, manifestando una chiara indicazione di genere che merita grande attenzione mentre si stanno sperimentando farmaci e vaccini.

 

Voci bibliografiche:

[1] Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a COVID-19 in Italia Il presente report è basato sui dati aggiornati al 20 Marzo 2020. Ist Super Sanità 2020.

[2] Ruggieri A, Anticoli S, D’Ambrosio A, Giordani L, Viora M. The influence of sex and gender on immunity, infection and vaccination. Ann Ist Super Sanità 2016 | Vol. 52, No. 2: 198-204.

[3] Wenham C, Smith J, Morgan R. Gender and COVID-19 Working Group. COVID-19: the gendered impacts of the outbreak. Lancet. 2020 Mar 14;395(10227):846-848.

[4] Channappanavar R, Fett C, Mack M, Ten Eyck P.P, Meyerholz D.K, Perlman S. Sex-based differences in susceptibility to SARS-CoV infection. J Immunol. 2017 May 15; 198(10): 4046–4053.

[5] Yatsunenko T, Rey F E, Manary M J. Human gut microbiome viewed across age and geography. Nature 2012;486:222-7.

[6] Mor G & Cardenas I. The Immune System in Pregnancy: A Unique Complexity. Am J Reprod Immunol. 2010 Jun; 63(6): 425–433.

[7] Huijun C, Juanjuan G, Chen W, Fan L, Xuechen Y, Wei Z, Jiafu L, Dongchi Z, Dan X, Qing G, Jing L, Huixia Y, Wei H, Yuanzhen Z. Clinical characteristics and intrauterine vertical transmission potential of COVID-19 infection in nine pregnant women: a retrospective review of medical records. Lancet 2020; 395: 809–15.

[8] Mattisson DR, Mattison Faye AC. Sex differences in drug development. Blickpunkt der Mann 2008;6:21-5.

[9] Badawi A, Ryoo SG. Prevalence of comorbidities in the Middle East respiratory syndrome coronavirus (MERS-CoV): a systematic review and meta-analysis. J. Infect. Dis 2016: 49: 129-133.

[10] The Novel Coronavirus Pneumonia Emergency Response Epidemiology Team. The Epidemiological Characteristics of an Outbreak of 2019 Novel Coronavirus Diseases (COVID-19) — China, 2020. Chinese Center for Disease Control and Prevention CCDC Weekly / Vol. 2 / No. x.

 

 

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