La Candida, un fungo con cui normalmente conviviamo.
La candida è un fungo che fa parte della cosiddetta flora microbica del nostro organismo. Si trova prevalentemente nel tratto gastrointestinale e genitourinario e svolge un ruolo importante nella digestione degli zuccheri e la sua presenza è tenuta sotto controllo, soprattutto nelle mucose, da lattobacilli e dal sistema immunitario.
Quando si verifica una alterazione dell’equilibrio fisiologico della flora microbica, come ad esempio dopo un uso importante di antibiotici, la candida può prendere il sopravvento, cominciando a produrre micotossine cioè delle sostanze tossiche per l’organismo. Classicamente si manifesta a livello del cavo orale (mughetto), della vagina (candidiasi vaginale) o più raramente a livello del pene, con placche biancastre ma anche con aree di arrossamento che generano prurito e talvolta anche sensazione di bruciore.
Nel caso di pazienti che hanno delle alterazioni importanti nei meccanismi di difesa immunitaria, spesso associate a patologie o all’utilizzo di farmaci immunosoppressivi, la candida può invadere maggiormente diverse parti del corpo e causare infezioni di gravità molto più severa.
La vulvovaginite da candida spesso dipende da elevati livelli di estrogeni, da patologie come il diabete, da un importante utilizzo di farmaci cortisonici o di antibiotici o anche della pillola anticoncezionale. Al contrario, la forma oro-faringea di candidiasi è più frequente negli infanti, nei soggetti portatori di dentiera o nei pazienti sottoposti a chemioterapia o radioterapia.
Che cos’è la vulvovaginite da candida e come si presenta?
La vulvovaginite da candida è una delle cause più frequenti di prurito e perdite vaginali. La specie di Candida Albicans è la responsabile del 90% degli episodi di vulvovaginite da candida.
Una sensazione di bruciore e di irritazione nella zona genitale possono spesso accompagnare l’infezione da candida, assieme alla disuria, una condizione dolorosa associata all’emissione di urina. I genitali esterni, la vagina e la cervice si presentano arrossati e gonfi. Spesso, nella settimana precedente alla mestruazione, la sintomatologia diventa più importante. Caratteristiche dell’infezione da candida sono le perdite di materiale biancastro, di natura consistente.
Ma è vero che la vulvovaginite da candida è difficilmente eliminabile? Come si può trattare?
Il trattamento della vulvovaginite da candida è indicato nel caso di infezione sintomatica e si basa sulla distinzione in infezione complicata, non complicata o ricorrente. Si utilizza una tipologia di farmaci antimicrobici che si chiamano antimicotici.
Nel trattamento dell’infezione non complicata (che si manifesta meno di 3 volte all’anno e che riguarda donne immunocompetenti, cioè con normale funzionalità del sistema immunitario, e non in stato di gravidanza) si può utilizzare il fluconazolo. Questo farmaco è specifico per questo microorganismo perché inibisce una molecola che solo i funghi come la Candida posseggono.
I funghi, come la Candida, hanno nella loro struttura delle componenti essenziali alla sopravvivenza. Una di queste si chiama “ergosterolo” ed è un componente della parete esterna del fungo. Il fluconazolo (farmaco che fa parte della cosiddetta famiglia degli azoli), inibisce l’enzima responsabile della produzione dell’ergosterolo e quindi ne impedisce la produzione. In questo modo i funghi non sono più in grado di sopravvivere e l’infezione viene bloccata. Per il trattamento della vulvovaginite da candida non complicata, si può utilizzare anche un altro componenete della famiglia degli azoli, il clotrimazolo, per applicazione topica, cioè direttamente sulle parti interessate.
Nei casi di infezione da candida complicata (quando sussistono dei fattori di rischio come l’immunocompromissione), il farmaco di elezione è sempre il fluconazolo ma, in questo caso, il trattamento viene proseguito per un tempo più lungo rispetto all’infezione non complicata.
Le vulvovaginiti da candida ricorrenti sono invece quelle infezioni che si manifestano per 4 o più volte all’anno. Anche in questo caso il farmaco di prima scelta è il fluconazolo. La terapia, in questi casi, va continuata per la durata di 6 mesi.
La buona riuscita di queste terapie non può prescindere dall’accompagnare la terapia farmacologica con l’assunzione di adeguati probiotici per ricreare una flora intestinale corretta e seguire una dieta appropriata, ad es. con riduzione di zuccheri e alcool.
Le infezioni da candida nel bambino come si manifestano invece?
La forma comune di infezione da candida nel bambino è quella oro-faringea. Si manifesta con la presenza di placche bianche sulla mucosa della bocca, sul palato e sull’orofaringe. Il bambino potrebbe avvertire una sensazione sgradevole e rifiutare il cibo.
Ai neonati e ai bambini affetti da candidiasi, con normale funzionalità del sistema immunitario, viene somministrata la nistatina per via topica. La nistatina è un antimicotico (cioè un farmaco contro le micosi) ottrenuto da un batterio: lo Streptomyces noursei.
Come già visto nei casi precedenti, anche la nistatina interagisce in modo specifico con un componente espresso solo dai funghi come la Candida. La nistatina è in grado di legare alcune molecole presenti sulla struttura esterna dei funghi e catturarle come una spugna. Così facendo, causa dei pori a livello della membrana del fungo che comportano uno squilibrio all’interno del fungo e la sua morte. Per il trattamento delle candidiasi nel bambino, in alcuni casi, può essere utilizzato anche il fluconazolo.
Cosa succede quando l’infezione diventa invasiva
In genere i pazienti soggetti ad infezione da candida invasiva sono quelli che presentano fattori di rischio tra cui: trattamenti oncologici come chemioterapia o radioterapia, trattamento con farmaci immunosoppressori, malattie che comportano immunocompromissione, HIV, neutropenia. Molto spesso l’infezione può avvenire nei pazienti ospedalizzati.
Le forme di candidosi invasiva possono essere molto pericolose e devono essere considerate gravi.
Tra le forme di candidosi invasiva abbiamo la candidemia, che prevede la presenza del fungo nel sangue, dove normalmente non è presente. Se questo avviene, si può avere la disseminazione dell’infezione a tutti i distretti dell’organismo, con una malattia sistemica e molto pericolosa. In questi casi, di norma dopo diagnosi confermata da emocolture (per identificare il tipo di fungo) il trattamento farmacologico deve essere iniziato il prima possibile.
Il trattamento può prevedere l’utilizzo di antifungini appartenenti a classi diverse. Gli antifungini di prima scelta in questo caso sono quelli appartenenti alla classe delle echinocandine. Le echinocandine, in modo simile agli azoli, sono in grado di inibire un enzima , l’1,3-beta-glucano-sintasi, fondamentale per la produzione di un componente essenziale della struttura dei funghi, bloccando la loro sopravvivenza e quindi l’infezione. È anche possibile l’utilizzo di amfotericina B, un antimicotico prodotto da Streptomyces nodosus che, analogamente agli azoli, è in grado di legare l’ergosterolo presente sulla membrana dei funghi, portandoli a morte.
Tutti i trattamenti menzionati devono essere prescritti da un medico. Sono fortemente sconsigliate le terapie fai-da-te, senza la supervisione di un professionista, per i rischi di inattività e di peggioramento delle manifestazioni oltre che di potenziali effetti collaterali.