Quanto conta il genere quando parliamo di malattie e farmaci?
Molto! La parità di genere è un argomento di grande attualità, anche in medicina, un campo in cui le differenze tra maschi e femmine hanno ragione di essere rimarcate.
In primis, ci ammaliamo in maniera diversa.
Molti studi dimostrano che l'essere nati maschio o femmina condiziona le malattie. Per esempio le donne hanno un rischio più alto di ammalarsi di Alzheimer (1 donna su 6 rispetto 1 uomo su 10), mentre il Parkinson colpisce più frequentemente gli uomini. Analogamente le donne sono più spesso colpite da ansia di quanto non accada nell’altro sesso.
Queste differenze di genere valgono anche per l’uso dei farmaci.
Le donne sono, da sempre, le maggiori consumatrici di farmaci. Tra questi basti pensare agli anticoncezionali ormonali e agli antidolorifici, in quanto le donne soffrono maggiormente di malattie dolorose croniche ...e non dimentichiamo i rimedi naturali a scopo salutistico o cosmetico: prodotti che, tra l’altro e in molti casi, aumentano inconsapevolmente i rischi di interazioni tra farmaci.
Stessi farmaci ma rischi diversi
Molto spesso, quando le donne assumono farmaci hanno un rischio di avere effetti avversi quasi doppio rispetto all’uomo.
Tra i motivi per cui questo accade è che spesso il dosaggio è scelto preferibilmente sulla base di test clinici condotti soprattutto sui maschi. Inoltre, oggi sappiamo che le donne hanno un profilo farmacocinetico diverso rispetto agli uomini sia per assorbimento, sia per distribuzione, biotrasformazione ed eliminazione del farmaco.
In altre parole, quello che succede al farmaco nell’organismo, dopo l’assunzione, può essere molto diverso tra uomo e donna e naturalmente influenzare sia l’entità degli effetti terapeutici sia degli effetti avversi.
Parità di genere nei trial clinici?
Il perfetto identikit di chi viene coinvolto nei test dei nuovi farmaci è un individuo maschio, giovane, di circa 70 kg. Questo non tiene conto di tutto l’universo femminile, che normalmente pesa meno, ha più massa grassa, un metabolismo differente e fluttuazioni ormonali mensili.
Infatti, per moltissimo tempo la sperimentazione e i trial clinici hanno escluso le donne in base al fatto che le fluttuazioni nei livelli degli ormoni possano rendere più difficile comprendere l’effetto del farmaco oggetto di studio. Inoltre, la donna è sempre stata vista come un soggetto da proteggere da esposizioni a nuove molecole per evitare potenziale rischi per fertilità e future gravidanze.
Genere e interazioni tra farmaci
Possiamo quindi dire che è importante tenere in considerazione il genere quando si parla di farmaci? Assolutamente si! Perché, come accennato, le donne sono le maggiori consumatrici di farmaci e spesso assumono terapie per lunghi periodi (terapie croniche), ad esempio un terzo delle donne usa la contraccezione ormonale in età fertile o la terapia ormonale sostitutiva in menopausa.
Le donne quindi corrono più rischi di interazioni tra farmaci rispetto agli uomini, e le interazioni sono il principale fattore di rischio per il manifestarsi di reazioni avverse. I livelli plasmatici degli anticoncezionali estroprogestinici possono essere ridotti, per esempio, da alcuni comuni antibiotici, o determinare interazioni con altri farmaci assunti in concomitanza.
Farmacologia di genere: un settore di crescente attenzione e interesse
Ad oggi, pochi farmaci riportano nel loro bugiardino (il foglietto illustrativo contenuto nella confezione) indicazioni specifiche legate al genere, perché i dati disponibili e le metodiche di valutazione non sono adeguati a fare emergere queste differenze.
Tuttavia, la nostra conoscenza sulle influenze di sesso e genere sull’attività dei farmaci sta crescendo e consentirà di avere farmaci sempre più “su misura” distinti per uomini e per donne e di usare meglio quelli già disponibili.
Uno dei primi esempi di farmacologia di genere è lo zolpidem1 , un farmaco contro l’insonnia, per il quale nel 2011, sulla base di uno studio di genere fatto appositamente, l’FDA ha approvato due diversi dosaggi per gli uomini (3,5 mg) e per le donne (1,75 mg). Lo studio ha infatti evidenziato che le donne eliminano il farmaco dal sangue più lentamente ed è quindi sufficiente un dosaggio minore.
Cosa ci aspettiamo nei prossimi anni?
Ci troviamo già ora nella cosidetta era della medicina di precisione; stiamo dunque assistendo ad un incremento di attenzione da parte della ricerca e dell’opinione pubblica verso le differenze di genere e ci aspettiamo che, negli anni futuri, avremo sempre più esempi di farmaci il cui dosaggio é tarato per essere genere-specifico.
Riferimenti bibliografici e sitografici: