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La terapia del tumore al polmone: le mutazioni geniche guidano la scelta del farmaco

10 marzo 2022

La terapia del tumore al polmone: le mutazioni geniche guidano la scelta del farmaco
Tra tutti i tumori, quello al polmone in Italia è quello con la più alta mortalità. È una delle neoplasie più difficili da diagnosticare quando è ancora in fase precoce. Ciò nonostante, oggi sono disponibili terapie innovative, "disegnate" sulle caratteristiche del paziente che migliorano la qualità di vita e anche la sopravvivenza.

Cos’è il tumore al polmone?

Il tumore del polmone in Italia, con circa 41.000 nuovi casi nell’ultimo anno, nella maggior parte dei casi appartiene ad una tipologia definita "non a piccole cellule" (NSCLC), che nel 30% dei casi si presenta già con metastasi. Infatti, nelle fasi iniziali di sviluppo del NSCLC, l’assenza di sintomi ritarda la diagnosi che spesso viene fatta in fase avanzata. Uno dei principali fattori di rischio è il fumo di sigaretta, responsabile del 85% delle nuove diagnosi.

Quali sono i trattamenti disponibili?

Il progresso della ricerca nell’ultimo decennio ha permesso di espandere i farmaci a disposizione per i pazienti affetti da NSCLC. Infatti, alla chirurgia e alla classica chemioterapia si sono aggiunti i nuovi trattamenti a bersaglio molecolare, diretti verso specifiche proteine difettose o l’immunoterapia (Leggi anche "Nuove armi contro il cancro: target therapy e immunoterapia"), che stimola invece il sistema immunitario ad "uccidere" il tumore.

Come viene scelto il trattamento?

La caratterizzazione molecolare, ossia l’analisi delle alterazioni genetiche che caratterizzano lo specifico tumore, è una parte fondamentale della diagnosi e guida la scelta del trattamento farmacologico. Oggi sappiamo che il tumore al polmone può avere geni "difettosi" chiamati oncogeni e identificati con le sigle EGFR, BRAF, ALK, ROS-1, e NTRK; le linee guida nazionali e internazionali infatti raccomandano l’identificazione tramite analisi molecolare di questi geni per stabilire quale farmaco sia più indicato.

 

I farmaci a disposizione, chiamati inibitori tirosin-chinasici, bloccano l’attività delle proteine che vengono prodotte dalle cellule che esprimono gli oncogeni. Più recentemente è stata introdotta anche l’analisi di PDL-1 per autorizzare l’utilizzo di specifici anticorpi monoclonali per stimolare il sistema immunitario a combattere il tumore.

Cosa si può utilizzare se il paziente ha una mutazione EGFR?

Per mutazioni sul gene EGFR, che favoriscono la riproduzione delle cellule tumorali, in base alla alterazione presentata dal paziente, si possono usare i classici gefitinib, erlotinib ed afatinib o anche il più nuovo osimertinib, capace di contenere la crescita incontrollata del tumore anche nei casi in cui si sia sviluppata una resistenza verso gli altri farmaci della stessa classe.

 

Recentemente, l’EMA ha approvato osimertinib anche come terapia adiuvante, ovvero da impiegare dopo l’intervento chirurgico, nei pazienti adulti con NSCLC in stadio precoce che presentino le mutazioni classiche dell’EGFR.

Quando è possibile utilizzare osimertinib?

Il farmaco va usato dopo un’analisi accurata delle mutazioni di EGFR, utilizzando il DNA prelevato da una biopsia del tumore o con la più recente e sofisticata biopsia liquida, ovvero l’analisi del DNA rilasciato da cellule tumorali e che può trovarsi nel sangue del paziente. Questa tecnica è disponibile per molti tipi di tumore ed è utilizzabile nei casi in cui non sia possibile effettuare una biopsia, ma anche per l’identificazione precoce delle ricadute di malattia.

E se invece le mutazioni riguardano i geni ALK, ROS1, BRAF e NTRK?

Anche in questi casi si tratta di geni che generano proteine necessarie alla replicazione incontrollata delle cellule tumorali. Nel caso di mutazioni a carico dei geni ALK e ROS1, tipiche dei pazienti giovani e non fumatori, il farmaco è scelto tra crizotinib, ceritinib o alectinib.

 

Invece, pazienti con mutazioni di BRAF possono beneficiare di farmaci che agiscono come inibitori specifici, come per esempio dabrafenib e trametinib.

 

I pazienti con tumori che hanno mutazioni sul gene NTRK possono essere trattati con larotrectinib ed entrectinib che hanno ottenuto di recente l’approvazione da parte di FDA e EMA.

E l’immunoterapia? A cosa serve e quando si usa?

Quando il tumore è in fase avanzata di norma sono presenti anche le metastasi. L’ immunoterapia, utilizza farmaci capaci di "risvegliare" il nostro sistema immunitario per riconoscere ed attaccare le cellule cancerose ovunque esse si trovino. In questo caso, si prende in considerazione il gene PD1 e il suo attivatore PD-L1, che il tumore utilizza per bloccare le capacità del sistema immunitario. In Italia sono disponibili due inibitori di PD1, nivolumab e pembrolizumab e un inibitore di PD-L1, atezolizumab approvati da AIFA per il trattamento dei pazienti con tumore in stadio metastatico.

 

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