Professore Associato, Dipartimento di Farmacia & Scienze del Farmaco, Università degli Studi di Bari. I suoi temi di interesse sono la Farmacologia preclinica e traslazionale, lo Studio dei farmaci mediante metodiche biofisiche e di biologia molecolare in situazioni fisiologiche (sviluppo e invecchiamento, disuso, cachessia) e patologiche (malattie metaboliche, canalopatie, malattie rare, sindromi miotoniche, SLA). È autrice di 90 pubblicazioni scientifiche su riviste ad alto fattore di impatto.
L’aumento dei livelli dei trigliceridi nel sangue può portare a gravi conseguenze, come l’insorgenza di eventi cardiovascolari e di pancreatite. I fibrati sono i farmaci più comunemente usati per trattare questa condizione patologica ma ci sono novità in arrivo.
Nella scorsa stagione invernale, l’amoxicillina è stata tra i farmaci introvabili. Vediamo perché questo farmaco è così importante e perché lo utilizziamo. L’amoxicillina serve a curare le infezioni sostenute dai batteri sensibili a questo farmaco.
Il microbiota intestinale è un alleato per la nostra salute. Ma cosa succede se un evento occasionale ne altera la composizione? Può contribuire ad incrementare o causare alcune patologie? Si può intervenire con farmaci o altri prodotti? Abbiamo rivolto queste domande ad alcuni esperti nel settore, i professori Giuseppe Esposito, Università La Sapienza, Sebastiano Alfio Torrisi, Università di Catania, Annamaria Cattaneo, Università di Milano e Giuseppina Mattace Raso, Università di Napoli.
La ricerca clinica comprende tutti gli studi condotti nell’uomo per valutare l’efficacia e la sicurezza di nuovi farmaci, dispositivi medici, metodi diagnostici, con il fine di identificare nuove e migliori opportunità di assistenza e cura. Questi studi sono necessari affinché una nuova molecola possa essere commercializzata ma possono avere un ruolo anche dopo il suo ingresso sul mercato. La pandemia scatenata dal virus SARS-CoV-2 ha mostrato le debolezze intrinseche e la farraginosità del “vecchio” modello di studi clinici e accelerato un’iniziativa europea che ha lo scopo di “trasformare” gli studi clinici: le parole chiave sono semplificazione e digitalizzazione.
L’olio di bergamotto si ricava dal frutto che cresce su una pianta denominata Citrus Bergamia molto diffusa nelle zone del mediterraneo e in Italia in particolare in Calabria, dove il Bergamotto di Reggio Calabria ha ricevuto anche la denominazione DOP di origine protetta. L’olio di bergamotto è utilizzato nell’aromaterapia per migliorare l’umore e i sintomi dello stress che si osservano nell’ansia, depressione, disturbi comportamentali della demenza, e nel dolore cronico in virtù delle sue proprietà analgesiche utili durante i processi infiammatori e nel dolore neuropatico. Grazie ai risultati di studi preclinici ed agli studi clinici attualmente in corso di svolgimento, oggi ci sono nuove prospettive per il suo impiego nell’uomo.
La SLA è una malattia neurodegenerativa progressiva ancora incurabile, con esito infausto, che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule del sistema nervoso che attraverso i loro prolungamenti inviano segnali dal cervello al midollo spinale e da qui ai muscoli, controllando quindi il movimento. Nella SLA i motoneuroni vanno incontro a perdita di funzione e i muscoli perdono forza (atonia) e massa (atrofia) fino alla paralisi. Il danno ai muscoli è progressivo e la morte di solito sopravviene per paralisi dei muscoli respiratori. La terapia per questa malattia è ancora carente e la ricerca è tutt’ora in corso con trial clinici per testare efficacia e sicurezza di nuovi farmaci e di terapie biologiche avanzate.
L’idrossiclorochina (HCQ) è stata proposta con lo scopo principale di prevenire le complicanze della CoViD-19. Ma funziona questo farmaco e, se si, quanto? Dipende dal tipo di paziente o dalla dose somministrata? L’esame degli studi che l’hanno utilizzata permette di dimostrare una efficacia certa?
La frequenza della malattia di Kawasaki nella forma più o meno tipica è aumentata notevolmente negli ultimi mesi, in concomitanza con la COVID-19. Oggi, dati scientifici più recenti permettono di rivedere il principio enunciato che vi sia una correlazione ed una responsabilità della COVID-19 nello stimolare la malattia di Kawasaki (1).
Il gabesato, un farmaco in grado di ridurre la produzione di citochine infiammatorie e usato per la pancreatite acuta e la coagulazione intravascolare disseminata, può rappresentare uno strumento importante per trattare i pazienti affetti da COVID-19 agendo su tre bersagli contemporaneamente.
I malati rari sono più vulnerabili. Quali sono le strategie farmacologiche da mantenere o da usare con cautela nelle malattie rare non oncologiche?