23/09/2020 - Integrazione su malattia di Kawasaki e COVID-19
Perché rivedere il nesso di causalità tra COVID-19 e malattia di Kawasaki?
Diversi casi pediatrici descrivono una rara sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-C), con caratteristiche simili alla malattia di Kawasaki, come complicazione associata a COVID-19.
Un’analisi dettagliata di queste manifestazioni patologiche ha messo in evidenza alcune differenze importanti che hanno anche portato a individuare opportune strategie farmacologiche.
Una differenza importante riguarda l'iper-infiammazione mediata da IL-17 (citochina infiammatoria, Leggi anche "Psoriasi: molto più di una malattia della pelle") presente nella malattia di Kawasaki, ma assente nella MIS-C.
Questa scoperta suggerisce che i farmaci che inibiscono IL-17, come il secukinumab, dovrebbero essere considerati solo nei pazienti con malattia di Kawasaki. I livelli plasmatici di TNF-alfa sono molto più bassi nei pazienti MIS-C, suggerendo che anche l’inibizione del TNF-alfa potrebbe essere inutile in questa condizione.
Inoltre, i livelli elevati di biomarcatori associati ad arterite e malattia coronarica tipici nella malattia di Kawasaki non sono presenti nella MIS-C che risulta, al contrario, caratterizzata dal profilo elevato di autoanticorpi. Infatti, i bambini con MIS-C rispondono generalmente bene a immunomodulatori aggressivi e a terapie antinfiammatorie, a dimostrazione che si tratta di una patologia del sistema immunitario.
Sulla base di queste nuove osservazioni, non è possibile affermare che l’infezione del coronavirus SARS-CoV-2 che provoca la COVID-19 promuova la malattia di Kawasaki ed è necessario fare ulteriori ricerche per poter dare risposte più precise sul reale coinvolgimento della COVID-19 nella malattia di Kawasaki nei bambini.
Riferimenti bibliografici
1. Consiglio CR, Cotugno N, Sardh F, Pou C, Amodio D, Rodriguez L, Tan Z, Zicari S, Ruggiero A, Rubens Pascucci G, Santilli V, Campbell T, Bryceson Y, Eriksson D, Wang J, Marchesi A, Lakshmikanth T, Campana A, Villani A, Rossi P,the CACTUS study team, Landegren N, Palma P, Brodin P (2020). The Immunology of Multisystem Inflammatory Syndrome in Children with COVID-19. Cell, September 06. doi: https://doi.org/10.1016/j.cell.2020.09.016.
20/08/2020 - La Malattia di Kawasaki nei bambini e la possibile relazione con COVID-19
Che cos’è esattamente la malattia di Kawasaki?
La malattia di Kawasaki (MK) è stata descritta per la prima volta nella letteratura medica inglese nel 1967 dal pediatra giapponese Tomisaku Kawasaki (da cui il nome della malattia).
È una malattia infiammatoria rara, caratterizzata da febbre e infiammazione dei vasi, che colpisce prevalentemente i bambini. Spesso causa arterite con aneurismi delle arterie coronarie che, se non trattati, possono risultare mortali.
È stata osservata una risposta anomala del sistema immunitario con presenza della sindrome da attivazione di macrofagi (MAS).
L'eziologia non è nota, sebbene siano state formulate diverse ipotesi patogenetiche (tra tutte l’ipotesi che sia associata a un’infezione da microrganismi). Non è una malattia infettiva. Piuttosto, sembra esserci una disfunzione genetica alla base della sua insorgenza.
Infatti, la malattia è molto più comune nelle popolazioni asiatiche, nel DNA delle quali sono state individuate alcune variazioni nucleotidiche che conferirebbero suscettibilità alla malattia 1-3.
Come mai questa patologia rara aumenta con la COVID-19?
L'incidenza in Europa, tra i bambini di età inferiore a 5 anni, è di 1/6.500 – 1/20.000.
Nei Paesi maggiormente sviluppati rappresenta la causa più comune di cardiopatia acquisita nei bambini. Circa l’85% dei bambini affetti ha un’età inferiore ai 5 anni, con una maggiore incidenza fra i 18 e i 24 mesi.
La MK colpisce più frequentemente i maschi ed è stata osservata una certa stagionalità, con un picco d’incidenza nel tardo inverno ed in primavera. Circa il 2% dei pazienti ha recidive, mesi o anni più tardi 1.
Sebbene sia una malattia rara, con l’avvento del SARS-CoV-2, si è notato un aumento dei casi di tale sindrome nei bambini, sia nella provincia di Bergamo, fulcro dell’epidemia in Italia, sia nel Regno Unito.
La preoccupazione è che l’aumento dei casi possa essere conseguenza dell’infezione virale.
Sebbene non ci siano ancora prove certe di un eventuale legame tra MK e COVID-19, è possibile che esistano dei fattori “scatenanti” nella genesi della malattia ed i virus sono chiamati spesso in causa, a questo proposito, come iniziatori della cascata infiammatoria, naturalmente nei soggetti predisposti 2,4.
Negli ultimi mesi è stata riscontrata una maggiore incidenza di 30 volte di una patologia simile alla malattia di Kawasaki. Nella sostanza, in un solo mese, il numero dei casi ha eguagliato quelli visti nei tre anni precedenti.
Molti dei bambini ai quali è stata diagnosticata la MK, dopo l'inizio dell'epidemia dal SARS-CoV-2, hanno mostrato una risposta immunitaria al virus (presenza di immunoglobuline verificata mediante tamponi rinofaringei e orofaringei e test sierologici), avevano un’età mediamente più avanzata, avevano un più alto tasso di coinvolgimento cardiaco e le tipiche caratteristiche della MAS 4.
Va sottolineato che in questi pazienti la COVID-19, notoriamente una patologia infiammatoria dove la tempesta citochinica, inclusa una pronunciata attivazione macrofagica (MAS), rappresentano uno degli eventi più pericolosi, potrebbe aggravare i sintomi.
Su dieci pazienti, soltanto in due casi l'esame ha dato esito negativo (quindi c’è elevata incidenza). Però tutti i bambini sono clinicamente guariti.
Quali sono i sintomi che caratterizzano la MK?
Il sintomo principale è la febbre che, se non trattata, persiste per più di cinque giorni.
Altri segni clinici riguardano le alterazioni delle estremità (eritema ed edema delle dita e del palmo delle mani e della pianta dei piedi con desquamazione della cute dopo 2-3 settimane), eruzione cutanea (orticaria, eruzione scarlattiniforme), linfoadenopatia (linfonodi ingrossati), congiuntivite e interessamento delle labbra e della muscosa della bocca (eritema, lingua ''a fragola'', fessurazioni delle labbra) e della faringe che si presenta anch’essa arrossata.
Una complicanza potenzialmente mortale è rappresentata dagli aneurismi delle arterie coronarie che possono comparire dopo 6-8 settimane dall'esordio nel 20-35% dei bambini che non ricevono adeguati trattamenti.
Altri segni clinici atipici sono la miocardite, la pericardite, il rigurgito valvolare, l'epatite, la diarrea, il dolore addominale, l'artralgia, l'artrite, la mialgia, la meningite asettica, la sordità neurosensoriale, l'uretrite.
Inoltre, la malattia di Kawasaki costituisce un fattore di rischio per la cardiopatia ischemica in età adulta (3).
Quanto è importante la diagnosi e come si esegue?
Gli esami di laboratorio non servono a diagnosticare la patologia di Kawasaki ma si eseguono per escludere altre patologie.
L’alterazione di alcuni esami di laboratorio come VES elevata (velocità di eritrosedimentazione), PCR elevata (proteina C reattiva), leucocitosi (aumento del numero dei globuli bianchi), anemia (basso numero dei globuli rossi), diminuzione dei livelli di albumina sierica ed aumento degli enzimi epatici, possono aiutare a definire la diagnosi.
Il numero di piastrine (cellule coinvolte nella coagulazione del sangue), inizia ad aumentare nella seconda settimana, raggiungendo valori molto elevati. Altre anomalie, a seconda degli apparati interessati, comprendono, proteinuria e pleiocitosi del liquido cerebrospinale.
I bambini devono sottoporsi a controlli periodici e a valutazione degli esami del sangue, fino a quando la conta delle piastrine ed il valore della VES tornano alla normalità. In fase iniziale, devono essere eseguiti un elettrocardiogramma (ECG) ed un ecocardiogramma.
L'ECG può mostrare aritmie o ipertrofia ventricolare sinistra. L'ecocardiografia identifica gli aneurismi coronarici, l'insufficienza valvolare, la pericardite o la miocardite 5.
Quali sono e quanto sono efficaci i trattamenti farmacologici?
Il trattamento consiste in una dose elevata di immunoglobuline per via endovenosa (IVIG) e di acido acetilsalicilico per trattare la febbre e l’infiammazione.
È necessario iniziare la terapia il più presto possibile, idealmente entro i primi 10 giorni dalla comparsa dei primi segni di malattia, con una combinazione di alte dosi di IVIG (singola dose di 2 g/kg somministrata in 10-12 h) ed alte dosi di acido acetilsalicilico 20-25 mg/kg per via orale 4 volte/al giorno.
Il dosaggio dell'acido acetilsalicilico è ridotto a 3-5 mg/kg 1 volta/die dopo che il bambino è sfebbrato; alcuni medici preferiscono continuare l'acido acetilsalicilico ad alto dosaggio fino al quattordicesimo giorno di malattia.
Sebbene sia molto costoso, soprattutto per le immunoglobuline, per il momento questo rimane il trattamento più efficace.
I bambini con particolari condizioni di rischio (età inferiore ai 12 mesi, dilatazione coronarica al primo ecocardiogramma, indici di infiammazione molto elevati, MAS) vanno anche trattati con uno o più boli di cortisone.
Pazienti che non rispondono a 1 o 2 dosi di immunoglobuline possono avvalersi di alternative terapeutiche, come dosi elevate di corticosteroidi per via endovenosa e terapie con farmaci biologici, quali gli inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF) per controllare l’aumento delle citochine pro-infiammatorie e inibitori della calcineurina (ciclosporina) come immunomodulatori.
L'uso di inibitori del TNF (ad esempio infliximab e etanercept), in combinazione con IVIG ha, sino ad oggi, ottenuto risultati contrastanti, offrendo comunque diversi benefici, come la riduzione della febbre e dei sintomi di infiammazione cardiaca.
Tuttavia, il trattamento con il farmaco etanercept ha comportato una riduzione sostanziale della resistenza a IVIG solo nei pazienti di età maggiore di 1 anno (6).
Riferimenti bibliografici
1 Manlhiot C, Mueller B, O’Shea S, Majeed H, Bernknopf B, Labelle M, Westcott KV, Bai H, Chahal N, Birken CS, Yeung RSM, McCrindle BW (2018). Environmental epidemiology of Kawasaki disease: Linking disease etiology, pathogenesis and global distribution. PLoS One; 13(2): e0191087. doi: 10.1371/journal.pone.0191087.
2 Noval Rivas M and Arditi M (2020). Kawasaki disease: pathophysiology and insights from mouse models. Nat Rev Rheumatol; 26: 1–15. doi: 10.1038/s41584-020-0426-0.
3 Son MB and Sundel RP (2016). Kawasaki Disease. Textbook of Pediatric Rheumatology. 467–483.e6. doi: 10.1016/B978-0-323-24145.
4 Verdoni L, Mazza A, Gervasoni A, Martelli L, Ruggeri M, Ciuffreda M, Bonanomi E, D'Antiga L. (2020). An outbreak of severe Kawasaki-like disease at the Italian epicentre of the SARS-CoV-2 epidemic: an observational cohort study. Lancet. 395(10239):1771-1778. doi: 10.1016/S0140-6736(20)31103-X.
5 Singh S, Jindal AK, Pilania RK (2018). Diagnosis of Kawasaki disease. Int J Rheum Dis; 21(1): 36–44. doi: 10.1111/1756-185X.13224.
6 Agarwal S and Agrawal DK (2017). Kawasaki Disease: Etiopathogenesis and Novel Treatment Strategies. Expert Rev Clin Immunol 2017; 13(3): 247–258. doi: 10.1080/1744666X.2017.1232165.