Che cos’è il fuoco di Sant’Antonio?
Il Fuoco di Sant’Antonio è il nome comune che viene attribuito ad un'infezione virale causata dall’Herpes Zoster e caratterizzata da un’area eritematosa dalla forma allungata, rivestita da vescicole che interessa le terminazioni nervose. Colpisce ogni anno circa 150.000 italiani. È provocato dal virus della varicella zoster che normalmente si contrae in età pediatrica e che successivamente si può riattivare sottoforma di Herpes Zoster in seguito a stress e/o abbassamento delle difese immunitarie. Il risultato è una malattia particolarmente dolorosa che può protrarsi per 2-4 settimane, con sintomi vari tra cui febbre, prurito, dolore alla testa, brividi.
Il fuoco di Sant’Antonio è contagioso?
Si, chi è affetto da fuoco di Sant’Antonio è contagioso, e può trasmettere il virus a chi non ha mai contratto la varicella e che non è vaccinato per questa malattia. Il contagiato svilupperà varicella e non fuoco di Sant’Antonio. Il contagio si verifica in genere a seguito di contatto diretto con le lesioni vescicolari, in cui è presente ed attivo il virus. Il soggetto, invece, non è infettivo prima che compaia l'eruzione cutanea e dopo l'evoluzione delle vescicole in croste secche.
Ci sono delle complicanze con questa malattia?
Non c’è da scherzare con il fuoco di Sant’Antonio! La più comune complicanza è la nevralgia post-erpetica, un dolore neuropatico cronico che compare dopo circa 1 mese dalla guarigione e che può dilungare per mesi o anni, colpendo particolarmente gli anziani.
Ci sono organi più sensibili degli altri?
Quando la malattia interessa l’occhio, si possono verificare cecità, o altre patologie oculari come la cheratite, che può evolvere in ulcerazione della cornea o necrosi retinica acuta. Tra le altre possibili complicanze ci sono le infezioni polmonari e l'interessamento del sistema nervoso centrale che può sfociare in mielite e meningoencefalite.
E dunque cosa fare per non trovarci in queste situazioni?
Benché esistano farmaci per trattate l’infezione data dal virus responsabile, l’Herpes Zoster, tra cui gli antinfiammatori e analgesici per il dolore e i più specifici antivirali (come aciclovir, valaciclovir, famciclovir, penciclovir) per limitare severità e durata della malattia, l’approccio migliore è sempre quello della prevenzione mediante vaccino.
Attualmente, in Italia, sono disponibili due tipi di vaccino: vediamo le differenze!
I vaccini disponibili
Zostavax: un vaccino a virus vivo attenuato che si somministra nel braccio con una singola iniezione ed è somministrabile a partire dai 50 anni d’età.
Shingrix: più recente, basato su proteine ricombinanti e si somministra in due dosi intervallate da 2-6 mesi. Questo vaccino è stato autorizzato anche per categorie di persone ad aumentato rischio di infezione da Herpes Zoster e di complicanze ad esso associate, a partire dai 18 anni.
Entrambi sono indicati per la prevenzione dell’infezione e della nevralgia post-erpetica, contribuendo a controllare la riattivazione e la replicazione del virus dentro l’organismo mentre non sono indicati per prevenire la manifestazione della varicella.
Perché vaccinarsi?
Oltre alle chiare motivazioni già descritte, il Piano nazionale prevenzione vaccinale ha previsto che, a partire dal 2018, venisse introdotta la vaccinazione anti-Herpes Zoster nei soggetti di 65 anni di età. Per questo motivo la vaccinazione è oggi offerta gratuitamente a partire dai 65 anni e nei soggetti fragili.
Posso fidarmi di questi vaccini?
Come abbiamo ormai imparato da questi anni di pandemia, i vaccini disponibili vengono approvati solo in seguito a studi clinici molto rigorosi. Anche in questo caso i due vaccini si sono dimostrati sicuri ed efficaci alla luce degli studi scientifici condotti sia prima dell’approvazione sia successivamente all’autorizzazione. Come tutti i vaccini è controindicato in caso di allergia a una o più delle componenti mentre è bene parlare con il proprio medico in caso di gravidanza e allattamento.