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Quali farmaci si usano dopo un infarto e a cosa servono?

28 dicembre 2023

Quali farmaci si usano dopo un infarto e a cosa servono?
Dopo un infarto del miocardio, c’è la necessità di trattare i pazienti per prevenire ulteriori attacchi cardiaci. Per far questo si usano farmaci diversi il cui scopo è di ridurre il rischio di ulteriori complicazioni e di migliorare la sopravvivenza. Vediamo insieme di che farmaci si tratta.

Su cosa si concentra la terapia farmacologica post-infarto?

Dopo un infarto, il cuore è più vulnerabile e la terapia farmacologica si concentra su diversi obiettivi chiave: ridurre il carico di lavoro del cuore, prevenire la formazione di nuovi coaguli di sangue, e gestire i fattori di rischio cardiovascolari.

 

I farmaci per prevenire la formazione di coaguli

Tra i farmaci più comunemente prescritti troviamo gli antiaggreganti piastrinici o antitrombotici. Sono farmaci come l'aspirina a basso dosaggio e il clopidogrel che impediscono alle piastrine del sangue di aggregarsi e formare coaguli, essenziali per prevenire nuove occlusioni nelle arterie. Più recentemente sono stati introdotti gli antagonisti del recettore P2Y12, come il ticagrelor e il prasugrel che hanno dimostrato una particolare efficacia nel ridurre gli eventi trombotici in pazienti con sindrome coronarica acuta.

 

I farmaci che alleggeriscono il lavoro del cuore

Questi sono i beta-bloccanti, farmaci che, riducendo la frequenza cardiaca e la pressione del sangue, diminuiscono il lavoro del cuore e abbassano il rischio di un secondo attacco. In questo contesto sono utili anche gli inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE), meglio noti come ACE-inibitori. Questi farmaci aiutano a rilassare i vasi sanguigni, migliorando il flusso sanguigno e riducendo il lavoro del cuore.

 

I farmaci che riducono i fattori di rischio

Qui troviamo le statine che, riducendo i livelli di colesterolo LDL (il cosidetto “colesterolo cattivo") nel sangue, diminuiscono il rischio di accumulo di placca nelle arterie, favorendo la loro pervietà e elasticità ma soprattutto la possibile formazione di trombi. Più recentemente, in questa categoria, si sono aggiunti gli inibitori del PCSK9 come alirocumab e evolocumab, farmaci biologici che hanno dimostrato di ridurre significativamente il rischio di eventi cardiaci ricorrenti in pazienti post-infarto.

 

Per quanto tempo si deve seguire la terapia dopo l'infarto?

La durata della terapia farmacologica dopo un infarto del miocardio varia in base a diversi fattori, tra cui la gravità dell'infarto, la presenza di altre condizioni mediche e la risposta del paziente ai farmaci. L'aspirina, di solito va assunta per tutta la vita. I beta-bloccanti sono comunemente usati per un anno, ma possono essere necessari più a lungo se il cuore ha subito danni molto gravi. Gli ACE-inibitori sono spesso raccomandati per un periodo prolungato, soprattutto se il cuore non pompa il sangue efficacemente dopo l'infarto. Infine, le statine sono generalmente assunte a lungo termine.

 

Quali sfide sono aperte nella terapia post-infarto?

La necessità di terapie croniche, talvolta molto lunghe se non a vita, porta a dover gestire aspetti critici della terapia farmacologica come la tolleranza (cioè la necessità di aumentare la dose per mantenere l’efficacia dei farmaci nel tempo) e la gestione dei conseguenti e possibili effetti collaterali. Tra questi c’è il rischio di sanguinamento con gli antiaggreganti piastrinici, in pazienti particolarmente suscettibili.

 

Quale ruolo svolge il paziente nel recupero dopo un infarto?

Il paziente è il primo responsabile nella terapia post-infarto ed è lui che ha la responsabilità della corretta adesione alla terapia farmacologica. I pazienti sono attivamente coinvolti nel loro percorso di cura, comprendendo l'importanza di ogni farmaco e le implicazioni e conseguenze che possono derivare dal non aderire al regime terapeutico prescritto.

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