Quanto è frequente la diagnosi di tumore al seno metastatico?
Per fortuna è poco frequente. Delle 55.000 nuove diagnosi di tumore al seno segnalate nel 2020, solo il 6-7% dei casi è un tumore già metastatico.
Fortunatamente, la diagnosi precoce e i progressi in campo terapeutico hanno notevolmente migliorato la prognosi e aumentato la sopravvivenza globale di queste pazienti con malattia metastatica (Leggi anche "Tumore al seno (o carcinoma mammario): cos’è e quali prospettive terapeutiche ha oggi?")
Quali sono i trattamenti disponibili?
Le opzioni terapeutiche dipendono dalla presenza o meno dei recettori per gli ormoni e per il fattore di crescita epiteliale, e i trattamenti sono diretti a contrastare la crescita delle cellule tumorali che è determinato da questi fattori.
In base alla loro peculiare “natura” i tumori sono caratterizzati e classificati per la presenza/assenza di recettori ormonali (HR+/-), del recettore 2 (HER2+/-) e per il fattore di crescita epiteliale (EGFR); se un tumore è positivo per uno o più di questi marcatori significa che dipende da essi per la loro crescita.
Come si "tratta" il tumore al seno metastatico HR+ e/o HER2+
Se il tumore è positivo per i recettori ormonali (HR+), è possibile contrastare questa via in due modi: bloccando la produzione degli ormoni femminili che stimolano la crescita delle cellule tumorali, oppure bloccando direttamente il recettore di questi ormoni, cioè la struttura molecolare a cui si lega l’ormone estrogeno.
Nel primo caso si usa un farmaco chiamato inibitore dell’enzima aromatasi e nel secondo caso uno chiamato fulvestrant. A questa terapia ormonale è possibile associare dei nuovi farmaci di cui parliamo poco più sotto, gli inibitori delle chinasi ciclina dipendenti 4 e 6 (CDK4/6i).
Se il tumore è positivo per HER2, la scelta terapeutica cadrà sull’utilizzo di anticorpi monoclonali in associazione alla chemioterapia, un abbinamento che ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza globale delle pazienti.
Nel caso di assenza di recettori ormonali o del fattore di crescita epiteliale, il tumore viene indicato come “triplo-negativo”, ciò significa che non ha un bersaglio molecolare specifico su cui agire con terapie farmacologiche mirate. Ne parliamo più sotto.
Cosa sono e come agiscono i farmaci noti come “inibitori di CDK4/6” nella malattia metastatica HR+?
Le chinasi 4/6 (CDK4/6) sono molecole che si trovano nelle nostre cellule e che, se attivate (con una molecola che si chiama ciclina D), promuovono la crescita e la moltiplicazione delle cellule. Gli inibitori delle chinasi 4/6 esercitano un’azione anti-tumorale proprio perché sono capaci di bloccare questa loro proprietà, arrestando la crescita del tumore.
Al momento, l’armamentario terapeutico annovera tre inibitori di CDK4/6 (palbociclib, ribociclib e abemaciclib) approvati per il trattamento delle pazienti con tumore al seno metatastico HR+/HER2- in associazione alla terapia ormonale.
Gli studi clinici hanno dimostrato che l’aggiunta di questi farmaci, assieme alla ormonoterapia, raddoppia l’aspettativa di vita di queste pazienti, sia che il trattamento sia effettuato in prima linea, cioè nelle pazienti che ricevono una terapia antitumorale per la prima volta, sia in quelle che hanno già subito precedenti trattamenti per tumore al seno.
Questa terapia ha mostrato di ridurre del 30% il rischio di recidiva e di sviluppare metastasi a distanza.
Un importante vantaggio di questi farmaci è che possono essere assunti per via orale, senza bisogno di recarsi in ospedale e di effettuare iniezioni endovenose.
Quanto sono sicuri gli inibitori di CDK4/6?
Le tossicità più frequenti di palbociclib o ribociclib sono di tipo ematologico, come la neutropenia, (diminuzione dei granulociti, un tipo di globuli bianchi), mentre nelle pazienti trattate con abemaciclib, i disturbi più comuni sono quelli gastrointestinali (soprattutto diarrea).
Per gli effetti collaterali di tipo ematologico è necessario monitorare in particolare la formula leucocitaria con esami del sangue da effettuare secondo indicazione medica. Sulla base di questi controlli, se necessario, si può ridurre il dosaggio del farmaco o procedere alla sua sospensione.
Per trattare la diarrea si possono utilizzare gli antidiarroici convenzionali o, anche in questo caso e se opportuno, ridurre il dosaggio. In ogni caso, un’adeguata idratazione e una dieta equilibrata ed idonea è sempre consigliata alle pazienti in trattamento con questi nuovi farmaci.
È inoltre importante informare sempre il medico del tipo e grado di effetti avversi riscontrati.
I farmaci per il caso specifico di malattia metastatica HER2+
Il sottogruppo HER2 positivo rappresenta circa il 20% tumori al seno ed è associato a un fenotipo più aggressivo e a una prognosi peggiore.
I farmaci disponibili sono molecole che agiscono sul recettore HER2, impedendo la sua normale funzione e promuovendo la sua distruzione, con ciò determinando la riduzione della crescita del tumore. Tra questi ci sono gli anticorpi monoclonali trastuzumab e pertuzumab, e l’inibitore tirosin-chinasico lapatinib.
Gli studi hanno dimostrato che l’impiego di trastuzumab o pertuzumab, in associazione alla chemioterapia con taxani (docetaxel o paclitaxel), ha migliorato notevolmente la sopravvivenza delle pazienti.
Non solo anticorpi monoclonali ma anche loro derivati
L’abilità dell’anticorpo monoclonale di riconoscere le cellule tumorali ha suggerito di associare a questo farmaco anche delle sostanze tossiche per uccidere le cellule su cui si lega. Una formulazione di questo tipo prende il nome di T-DM1, dove all’anticorpo trastuzumab è coniugato il composto citotossico emtansine, un prodotto naturale capace di indurre la morte delle cellule che si stanno moltiplicando.
Il congresso della società europea di oncologia medica (ESMO), svoltosi lo scorso settembre ha messo in evidenza anche un nuovo derivato dell’anticorpo monoclonale trastuzumab, il trastuzumab deruxtecan.
I risultati dello studio clinico DESTINY-Breast03 hanno dimostrato la riduzione del 72% del rischio di progressione della malattia e una significativa diminuzione della massa tumorale.
Questi rilevanti risultati sono destinati a cambiare a breve lo standard terapeutico delle donne con tumore del seno metastatico HER2+.
Quanto sono sicuri questi trattamenti anti-HER2?
Si tratta di combinazioni di farmaci abbastanza sicure con manifestazioni di eventi avversi prevalentemente a carico dell’apparato gastrointestinale, quali diarrea, vomito, nausea. Possono verificarsi anche sintomi come affaticamento e reazioni di ipersensibilità.
Molti di questi effetti indesiderati possono comunque essere efficacemente prevenuti o trattati. Anche in questo caso, è di fondamentale importanza informare il medico dei possibili effetti avversi riscontrati in seguito al trattamento con farmaci anti-HER2.
Il tumore al seno metastatico alle volte è chiamato triplo-negativo, cioè non esprime alcuno dei tre marcatori HER2, HR e EGFR
Per i tumori metastatici triplo-negativi la chemioterapia rimane la migliore opzione terapeutica a disposizione.
Tuttavia, qualche buona nuova notizia arriva dall’uso dell’immunoterapia. L’anticorpo monoclonale Atezolizumab ha come bersaglio PD-L1, una molecola che il tumore utilizza per neutralizzare il sistema immunitario e impedire che questo riconosca ed elimini le cellule tumorali.
Atezolizumab, in associazione alla chemioterapia con nab-paclitaxel, somministrati in prima linea, ha aumentato la sopravvivenza globale nelle pazienti, ha permesso di migliorare il controllo della malattia e ha influito positivamente sull’aspettativa di vita.
Questo è un risultato importante e ha portato all’approvazione da parte di AIFA di questo trattamento in pazienti adulte con carcinoma mammario triplo-negativo localmente avanzato non resecabile o metastatico, positivo al biomarcatore PD-L1, non precedentemente trattati con chemioterapia per la malattia metastatica.
Quali sono le tossicità dell’associazione atezolizumab con nab-paclitaxel?
La combinazione di immunoterapia e chemioterapia è risultata ben tollerata; le tossicità sono per lo più di tipo ematologico, come la neutropenia, diminuzione del numero delle cellule del sangue chiamate neutrofili, e l’anemia (riduzione dei globuli rossi), tossicità peraltro riscontrabili anche con la sola chemioterapia.
Tumore del seno metastatico: una patologia solo femminile?
Assolutamente no.
Il tumore del seno metastatico può colpire la popolazione maschile, anche se in forma rara, con un tasso di incidenza in Italia di circa un caso su 100.000. I principali fattori di rischio del maschio, legati alla probabilità di ammalarsi di tumore al seno, comprendono l’età avanzata, l’esposizione a radiazioni, l’obesità, l’assunzione di farmaci ormonali e una familiarità per questa patologia o la sindrome di Klinefelter, malattia genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma X in più che comporta la produzione di elevati livelli di ormoni femminili.
La terapia per la malattia metastatica del tumore al seno maschile non differisce da quella utilizzata nelle pazienti donne. Nei pazienti affetti da tumore positivo per i recettori ormonali è consigliata l’ormonoterapia ed include il tamoxifene e gli inibitori dell’aromatasi.
Nel caso di trattamenti a bersaglio molecolare, come il palbociclib, sulla base dei dati estrapolati da trial clinici e studi real-world, sono state estese anche per il sesso maschile le indicazioni di AIFA.
Riferimenti bibliografici:
Linee Guida AIOM – Neoplasie Della mammella – Edizione 2020
Guide ESMO per il paziente, basate sulle Linee Guida per la Pratica Clinica ESMO - Cancro della mammella
Gucalp A, Traina TA, Eisner JR, Parker JS, Selitsky SR, Park BH, Elias AD, Baskin-Bey ES, Cardoso F. Male breast cancer: a disease distinct from female breast cancer. Breast Cancer Res Treat. 2019 Jan;173(1):37-48. doi: 10.1007/s10549-018-4921-9. Epub 2018 Sep 28.