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Tumore al seno (o carcinoma mammario): cos’è e quali prospettive terapeutiche ha oggi?

24 settembre 2020

Tumore al seno (o carcinoma mammario): cos’è e quali prospettive terapeutiche ha oggi?
Seppur il tumore al seno sia il tumore più frequente nella popolazione femminile, ad oggi è uno dei tumori per il quale vi è la maggiore aspettativa di successo terapeutico. La ricerca scientifica ha infatti permesso di caratterizzare meglio questo tumore, suddiviso in svariate varianti, e di trovare soluzioni adatte per ogni sua forma.

Cosa significa carcinoma mammario?

Il seno è un organo complesso che si alterna tra la ghiandola mammaria e il tessuto adiposo. Più precisamente all’interno del seno c’è un insieme di strutture ghiandolari, chiamate lobuli, unite tra loro a formare un lobo.  In un seno vi sono da 15 a 20 lobi. I dotti lattiferi collegano i lobuli al capezzolo, permettendo al latte di fluire.

Per questo, quando si parla di “tumore al seno” ci si riferisce a qualcosa di troppo vago. Teoricamente, un tumore potrebbe colpire tutte le parti che compongono il seno, anche il tessuto adiposo per esempio, ma i più frequenti nascono dalle cellule ghiandolari (dai lobuli) o da quelle che formano la parete dei dotti lattiferi.

Il carcinoma mammario è quindi una formazione di tessuto costituito da cellule delle componenti della ghiandola mammaria che crescono in modo incontrollato e anomalo (leggi anche "Cancro e Farmaci: quale situazione e quali prospettive?").

Quanto è diffuso il carcinoma mammario?

Il tumore al seno colpisce 1 donna su 8 nell'arco della vita. È il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 29% di tutti i tumori che colpiscono le donne. Nel 2018 si sono registrati 52.800 nuovi casi (di cui l’1% nei maschi)1.

La fascia d’età maggiormente colpita è quella compresa tra 0-49 anni (41%), a seguire quella tra i 50-69 anni con il 35%. Solo il 21% dei casi ha oltre i 70 anni.

Quali sono le cause del carcinoma mammario?

Le cause del tumore al seno non sono ancora ben conosciute.

In generale, sono stati associati alla malattia diversi fattori di rischio come: età, prima gravidanza dopo i 30 anni, menarca prima dei 12 anni, menopausa e, non aver avuto figli. Tutti questi fenomeni sono collegati all’andamento degli ormoni (in particolare gli estrogeni), che possono facilitare la comparsa del cancro alla mammella.

Non solo, il carcinoma alla mammella ha anche una forte componente di familiarità, quindi di predisposizione genetica. Circa il 5-7 % delle donne con tumore al seno ha più di un familiare stretto malato (soprattutto nei casi giovanili).

Vi sono alcuni geni che predispongono a questo tipo di tumore (come ad esempio BRCA1 e il BRCA2), le cui mutazioni sono responsabili del 50% circa delle forme ereditarie di cancro del seno e dell'ovaio.

Definizione anatomica del carcinoma alla mammella

Nel 70-80% dei casi, il tumore al seno origina dalle cellule dei dotti lattiferi, i sottili canali che trasportano il latte al capezzolo, e per questo vengono chiamati carcinomi duttali. Circa il 10-15%, invece, nascono nei lobuli, le piccole strutture che producono il latte, e vengono chiamati carcinomi lobulari.

Questi possono esistere come forme non infiltranti e quindi poco aggressive, come il carcinoma duttale in situ, ma a volte il tumore può superare la parete del dotto o del lobulo e diventare invasivo, conquistando anche i tessuti vicini, tra cui i linfonodi ascellari.

La stadiazione dell’evoluzione del carcinoma alla mammella

Per determinare l’aggressività del tumore al seno, è importante definire lo stadio della patologia.

Lo Stadio 0 è chiamato anche carcinoma (indipendentemente se duttale o lobulare) in situ, quindi localizzato e non infiltrante, ma può comunque rappresentare un fattore di rischio che va eliminato.

Lo Stadio I è un cancro in fase iniziale, di grandezza inferiore ai 2 cm di diametro e senza coinvolgimento dei linfonodi ascellari.

Allo Stadio II il tumore potrebbe superare i due cm di diametro, oppure coinvolgere i linfonodi ascellari.

Nello Stadio III il tumore ha coinvolto i linfonodi sotto l'ascella, oppure coinvolge i tessuti vicini al seno (per esempio la pelle) ed è in uno stadio avanzato.

Mentre lo stadio che rappresenta la situazione più grave è lo Stadio IV, dove il tumore è metastatizzato che ha coinvolto altri organi al di fuori del seno.

La terapia: conoscere se stessi è la prima cura per il tumore al seno

In genere le forme iniziali di tumore del seno non provocano dolore. 

L'obbiettivo principale è arrivare alla diagnosi di un tumore al seno prima che esso dia sintomi.  Dall’osservazione costante del proprio seno (almeno una volta al mese, dopo il ciclo mestruale) è possibile scorgere possibili segnali di malattia.

La ghiandola mammaria è in continuo cambiamento dovuto al ciclo ormonale della donna, per questo è importante scegliere e mantenere fisso il momento nel mese dedicato alla autopalpazione, per poter riconoscere eventuali diversità.

Il primo segno a cui prestare attenzione è l'aumento di consistenza alla palpazione dovuto alla presenza di noduli. Altri possibili segni di malattia sono delle piccole rientranze della cute facilmente visualizzabili ponendosi a braccia alzate di fronte ad uno specchio.

Non solo, anche secrezioni sierose o ematiche dei capezzoli possono essere un segnale di malattia. Infine, altro sintomo da non trascurare, è l'ingrossamento dei linfonodi sotto l'ascella. Se si riscontra anche solo uno di questi segnali, è bene rivolgersi a un medico per un ulteriore controllo.

La diagnosi precoce è fondamentale per aumentare il successo terapeutico

Se si riscontra uno dei sintomi sopra elencati, è bene rivolgersi al medico specialista, che proporrà un’analisi più approfondita. Infatti, il cancro del seno viene diagnosticato con la mammografia e l'ecografia mammaria.

La scelta di quale dei due esami utilizzare dipende dall'età. In alcuni casi specifici, è possibile ricorrere anche alla risonanza magnetica.

È bene ricordare però, che la prevenzione è la prima cura (e la più efficace) per il cancro (per qualsiasi forma di cancro non solo quella al seno) e sottoporsi regolarmente a questi screening, anche senza un reale sospetto, permette una diagnosi davvero precoce e aumenta le probabilità di eradicare la malattia.

Il Sistema Sanitario Nazionale, mette a disposizione la mammografia gratuita per la diagnosi del tumore al seno per le donne di età compresa tra 50 e 69 anni.2

Inoltre, l'eventuale identificazione di noduli o formazioni sospette porta in genere il medico a consigliare anche una biopsia, che consente un esame citologico o istologico del tessuto per identificare anche le caratteristiche molecolari del tumore (vedi in seguito).

La caratterizzazione molecolare delle varianti è alla base delle scelte terapeutiche

Esistono 4 tipi molecolari differenti di tumore al seno, con specifiche caratteristiche che aiutano i medici a stabilire la terapia farmacologica più adeguata.

Un tipo di cancro al seno (Luminal A) è sensibile agli ormoni, e quindi possiede i recettori per gli estrogeni (ER+) e progestinici (PR+) e quindi potrà essere contrastato da una terapia anti-ormonale oltre che dalla classica chemioterapia.

Un secondo tipo (Luminal B) è positivo ai recettori per gli ormoni (ER+, PR+), ma sovra-esprime anche un recettore, chiamato Her2 (Her2+), recettore per il fattore di crescita epidermico (EGF), che lo contraddistingue anche dalle cellule sane ed è sensibile anche a farmaci specifici che bersagliano questo recettore.

Il terzo tipo di tumore al seno è esclusivamente caratterizzato dalla sovra-espressione di Her2 (Her2+), sarà quindi sensibile a una terapia target che mira a colpire questo recettore.

L’ultima e più problematica tipologia è invece chiamata tumore al seno triplo negativo (dall’inglese Triple Negative Breast Cancer, TNBC), negativo cioè per estrogeni, progestinici e Her2 (ER-, PR-, Her2-). Purtroppo, il tumore triplo negativo è quello che ha meno prospettive terapeutiche, non essendo sensibile né alla terapia ormonale né alla terapia target contro Her2, ma si può affrontare con la chemioterapia tradizionale3.

Ad ogni tumore al seno la sua terapia

Grazie all’individuazione di target molecolari specifici e alla diversificazione delle terapie, ad oggi il carcinoma mammario ha una sopravvivenza globale a 5 anni dell’89,7% dei casi, che aumenta al 98,9% se il tumore viene diagnosticato quando ancora in situ (Stadio 0).

La strategia terapeutica del carcinoma mammario prevede un intervento locale, con la chirurgia e/o la radioterapia, e un intervento sistemico, quindi diffuso nell’organismo, attraverso la somministrazione di farmaci.

Questi possono far parte della chemioterapia tradizionale, della terapia ormonale o della target therapy.

La chirurgia, che ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, può prevedere la rimozione completa, ma anche parziale, della ghiandola mammaria (mastectomia) e può essere effettuata prima del trattamento farmacologico (definito in questo caso adiuvante) o dopo il trattamento farmacologico (neoadiuvante), con lo scopo in questo ultimo caso di ridurre la massa tumorale e facilitare l’intervento.

Il tipo di terapia farmacologica sistemica viene scelto sulla base del tipo molecolare di tumore al seno.

Come già accennato, i tumori Luminal A e B sono entrambi sensibili agli ormoni, per questo possono essere trattati, oltre che con la chemioterapia tradizionale, con un anti-estrogeno come il tamoxifene, che blocca il legame degli estrogeni ai recettori sul tumore o con gli inibitori dell’aromatasi, enzima che trasforma gli androgeni in estrogeni.

Se invece il tumore è positivo per il recettore Her2 (Her2+), sono efficaci anticorpi monoclonali della target therapy, come trastuzumab e pertuzumab, che bloccano selettivamente l’attività pro-proliferativa di questo recettore.

Di recente introduzione è il trastuzumab emtansine, in cui l’anticorpo monoclonale è legato ad un secondo farmaco, la mertansina (DM-1), un farmaco chemioterapico citotossico in grado di bloccare i componenti strutturali della cellula. Il trastuzumab indirizza DM-1 alla cellula tumorale che esprime Her2 e i due farmaci insieme potenziano l’effetto tossico sul tumore.

La grande sfida ancora aperta per la ricerca scientifica è, invece, il tumore triplo negativo, che attualmente ha il maggior bisogno terapeutico, e per cui si sta ancora cercando un target specifico.

Attualmente, questo tipo di tumore viene trattato sistemicamente con la sola chemioterapia tradizionale, tra cui tassani, metotrexato e derivati del platino.

Olaparib, un farmaco che inibisce enzimi chiamati PARP coinvolte nel riparo al danno la DNA, è attualmente testato in pazienti con tumori negativi per Her2 e che non rispondono alla chemioterapia.

Ma anche l’immunoterapia sta dando buone speranze di successo nel TNBC. Atezolizumab, un anticorpo monoclonale contro uno dei checkpoint immunitari, combinato col chemioterapico paclitaxel è stato approvato dalla FDA per il TNBC che non può essere rimosso chirurgicamente e metastatico.

 

Referimenti bibliografici e sitografici:

1 Front Pharmacol. 2018; 13;9:1300. doi: 10.3389/fphar.2018.01300.

2 http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=23&area=Screening

3 Breast Cancer. 2020; 23;8(1).pii: E18. doi: 10.3390/medsci8010018.

 

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