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Il reflusso ribelle: indicazioni sulla malattia da reflusso gastroesofageo e sulla sua gestione

8 ottobre 2020

Il reflusso ribelle: indicazioni sulla malattia da reflusso gastroesofageo e sulla sua gestione
Uno dei disordini gastrointestinali più comuni che gastroenterologi e medici di medicina generale si trovano a gestire è la malattia da reflusso gastroesofageo, caratterizzata da sintomi come il bruciore di stomaco e il rigurgito.

Che cosa è il reflusso gastroesofageo?

Il reflusso gastroesofageo è una condizione comune che accade quando il contenuto acido dello stomaco risale nell’esofago e può verificarsi fisiologicamente, soprattutto dopo aver mangiato.

Quando però il passaggio avviene con continuità (almeno una volta per settimana), o il contenuto dello stomaco è troppo acido, si instaura una condizione patologica che prende il nome di Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE).

Si tratta di una condizione che si manifesta in età adulta, in maniera simile in uomini e donne, e colpisce il 10-20% circa della popolazione europea. Si può presentare, comunque e con una certa frequenza, anche nei neonati e durante la gravidanza.1,2

Meccanismo del reflusso gastroesofageo

L’esofago e lo stomaco sono collegati tramite lo sfintere esofageo inferiore, una valvola che si rilascia dopo la deglutizione per permettere il passaggio del cibo nello stomaco e che al contempo ne blocca il ritorno verso l’alto.

Se la valvola non funziona correttamente, per esempio non si chiude adeguatamente, il contenuto dello stomaco può risalire nell’esofago e gli acidi in esso presenti ne irritano la mucosa scatenando i sintomi del reflusso.

Quali sono le cause del reflusso gastroesofageo?

Tra le cause della malattia da reflusso gastroesofageo ci sono una riduzione del tono dello sfintere gastroesofageo, un’alterata funzionalità della peristalsi dell’esofago e, spesso un rallentato svuotamento gastrico.

Oltre a questi fattori anatomici e funzionali, ve ne sono altri che possono aumentare il rischio di MRGE.

Il sovrappeso/obesità rappresenta il principale fattore di rischio per la malattia da reflusso gastroesofageo a causa dall’aumento della pressione intra-addominale che facilita la risalita dei succhi gastrici.

Il consumo di alimenti ad alto contenuto di grassi prolunga il tempo necessario alla digestione e stimola una maggiore secrezione di acidi.

L’abitudine al fumo e il consumo di alcol, caffè o cioccolato possono, invece, contribuire a rilassare i muscoli all’estremità inferiore dell’esofago.

La gravidanza è un altro fattore favorente, sia per i cambiamenti ormonali, sia per la pressione sullo stomaco (analogamente a quanto avviene nelle persone obese) dovuta alla crescita del feto.

A volte, la MRGE può essere agevolata da un’ernia iatale, cioè da una risalita dello stomaco nel torace attraverso il diaframma.

Anche alcuni farmaci costituiscono fattori di rischio: in particolare i calcio-antagonisti (utilizzati per curare l’ipertensione), i nitrati (utilizzati nella terapia dell’angina) e i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) perché modificano i meccanismi fisiologici di protezione della mucosa.

Per le stesse ragioni che favoriscono il reflusso nelle persone obese e nelle donne in gravidanza, anche indossare abiti o cinture troppi stretti costituisce un fattore che può aumentare il rischio di MRGE3.

Sintomi della malattia da reflusso gastroesofageo

Il sintomo principale associato al reflusso gastroesofageo è la sensazione di bruciore (pirosi) avvertita nella parte alta dell’addome e dietro lo sterno, che si irradia posteriormente verso le scapole o il collo.

Questa sensazione è spesso accompagnata da rigurgiti acidi (percezione sgradevole di liquido acido o amaro in bocca) e dal ritorno di cibo verso la bocca.

Questi sono i sintomi tipici della MRGE; si possono presentare in modo continuato durante la giornata, oppure intermittente, perlopiù dopo i pasti e durante la notte, inoltre sono peggiorati dalla posizione sdraiata e mentre ci si piega in avanti (tipicamente mentre si compie il gesto di allacciarsi le scarpe).

Accanto a questi sintomi, se ne possono presentare altri atipici tra cui: dispepsia, nausea, disfagia, dolore toracico, insonnia. I sintomi atipici possono essere indicativi di MRGE ma si sovrappongono alle manifestazioni di altre patologie, perciò complicano la formulazione di una diagnosi e la scelta più opportuna per il conseguente trattamento.

Tra questi, il dolore toracico deve essere attentamente valutato perché si può confondere con il dolore al petto di origine cardiaca, e la disfagia è considerata un sintomo di allarme che richiede valutazioni diagnostiche più approfondite. La MRGE può presentare anche sintomi extra-esofagei come tosse cronica, asma, laringite, raucedine4.

Come si fa la diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo?

La diagnosi di solito si basa sulla descrizione dei sintomi riferiti dal paziente. Se questi scompaiono dopo un paio di settimane di somministrazione di farmaci specifici contro la secrezione acida, la diagnosi di reflusso può dirsi confermata.

Alcuni esami di approfondimento, come l’esofago-gastroduodenonoscopia, la pH impedenzometria, la manometria esofagea, l’esame radiologico del tubo digerente sono raccomandati se il periodo di terapia non sortisce risultati o se sono presenti sintomi di “allarme” come disfagia, dimagrimento, debolezza, anemia, dolore toracico.

Diverse forme della malattia e sue complicazioni

La malattia da reflusso gastroesofageo nella forma non erosiva si manifesta con i sintomi tipici o atipici di cui si è detto più sopra. Tuttavia, nel 30-35 % dei casi la malattia può complicarsi e presentare all’esame endoscopico erosioni, ulcere, restringimenti a livello dell’esofago, e viene pertanto classificata come forma erosiva.

L’esofago di Barrett è un’altra complicazione associata alla MRGE che si instaura come una sorta di meccanismo di difesa ai continui attacchi acidi di un reflusso cronico.

In questa condizione la normale mucosa dell’esofago è sostituita da un epitelio simile a quello presente nello stomaco (che è per sua natura più resistente agli acidi). Questa alterazione delle cellule che rivestono l’esofago deve essere monitorata con attenzione perché potrebbe evolvere verso una forma maligna4.

Gestione della malattia da reflusso gastroesofageo

La gestione del reflusso gastroesofageo prevede inizialmente interventi sullo stile di vita e un’adeguata educazione alimentare. È stata accertata la relazione tra obesità e MRGE.

In particolare, l’indice di massa corporea e la circonferenza della vita sono correlati con la presenza di sintomi e complicazioni. La perdita di peso è una delle prime raccomandazioni per i pazienti affetti da MRGE.

Una pratica utile è sollevare la testiera del letto (solitamente 15 cm sono sufficienti) poiché la posizione sdraiata peggiora il reflusso. Anche eliminare fumo e alcol, che sono fattori che aumentano il rischio di MRGE, giova ai sintomi.

Sono poi sconsigliati tutti i cibi e le bevande che possono aggravare il reflusso come caffè, cioccolato, cibi speziati, cibi che aumentano l’acidità (es. agrumi, pomodori) o ad elevato contenuto di grassi.

È anche buona norma evitare pasti troppo abbondanti (meglio frazionare la stessa quantità in un numero maggiore di pasti e spuntini) e troppo a ridosso del momento di coricarsi, in particolare sarebbe opportuno far passare almeno tre ore4.

Terapia farmacologica della malattia da reflusso gastroesofageo

Se i cambiamenti dello stile di vita non riescono a contrastare i sintomi della MRGE, è opportuno ricorrere ai farmaci.

Gli antiacidi sono spesso usati per questi disturbi perché disponibili come farmaci di automedicazione venduti senza ricetta medica. Essi hanno un’azione rapida ma unicamente sintomatica, cioè non agiscono sulla guarigione della mucosa esofagea in caso di erosioni.

Per il loro meccanismo d’azione - sono farmaci che neutralizzano l’acidità dei succhi gastrici – portano a modificare il pH fisiologico dell’ambiente gastrico e questo può interferire con l’assorbimento di altri farmaci che siano somministrati contemporaneamente.

Pertanto è consigliabile chiedere sempre un consiglio al medico o al farmacista, segnalando gli eventuali altri farmaci che si stanno assumendo. Inoltre, un uso eccessivo degli antiacidi può comportare la comparsa di problemi di diarrea o stipsi.

Gli antiacidi si possono trovare anche essere associati con gli alginati: ciò consente la formazione di uno strato viscoso che funziona da barriera meccanica nei confronti del reflusso di contenuto gastrico in esofago.

Vi sono poi dei farmaci che agiscono in maniera specifica sulla produzione di acido: gli antagonisti del recettore H2 dell’istamina (H2RA) e gli inibitori della pompa protonica (PPI).

I primi (es. famotidina, ranitidina…) riducono la produzione di acido, agiscono rapidamente e hanno un effetto più durevole di quello degli antiacidi. Sono utili nel trattamento della MRGE non complicata.

Hanno un buon profilo di sicurezza che ha favorito la loro disponibilità senza prescrizione medica. Un limite è determinato dallo sviluppo di un certo grado di tolleranza in seguito a trattamenti prolungati, che si manifesta come una perdita progressiva di efficacia.

Gli inibitori della pompa protonica gastrica (es. omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo…) sono farmaci che bloccano completamente la produzione di acido. Somministrazioni ripetute di PPI producono un progressivo incremento dell’effetto antisecretivo acido che perdura a lungo.

Questi farmaci sono più efficaci rispetto agli antagonisti del recettore H2 dell’istamina: essi inducono tassi di guarigione superiori, maggiore sollievo dai sintomi e minori probabilità di ricaduta sia nelle forme di MRGE erosive che in quelle non erosive.

Vi sono, tuttavia, alcuni pazienti che rispondono limitatamente o in maniera incompleta ai PPI. Per questi pazienti le opzioni terapeutiche sono limitate.

Numerosi studi hanno dimostrato che benefici si ottengono con l’aggiunta serale di un antagonista del recettore H2 dell’istamina ai PPI, grazie ad un migliore controllo del pH gastrico durante la notte.

Altre possibilità sono la terapia con agenti procinetici o con baclofene. I primi sono farmaci che favoriscono lo svuotamento dell’esofago e dello stomaco, impedendo in tal modo il reflusso di materiale, soprattutto dopo i pasti; la limitata efficacia e il tipo di effetti indesiderati li rendono dei farmaci poco utili.

Il baclofene agisce riducendo il tasso di rilassamento dello sfintere esofageo inferiore1.

Opzioni chirurgiche per la malattia da reflusso gastroesofageo

In taluni casi (sintomi persistenti, effetti collaterali, esofagite refrattaria) ci sono anche delle opzioni chirurgiche.

L’approccio classico è rappresentato dalla “fundoplicatio” secondo Nissen - Rossetti, una procedura laparoscopica che aumenta la pressione nel versante esofageo dello sfintere grazie alla plicatura del fondo gastrico attorno al tratto inferiore dell’esofago.

Oltre a rappresentare una misura estrema, l’intervento chirurgico non sempre è risolutivo e, in molti casi, i pazienti che vi si sono sottoposti devono comunque proseguire con i trattamenti farmacologici.

Recentemente sono state proposte e attuate nuove procedure endoscopiche volte a sostituire la fundoplicatio, sempre meno utilizzata; studi a lungo termine sui loro effetti, ad oggi ancora non disponibili, determineranno il loro ruolo e l’importanza nella gestione della MRGE1.

Ottimizzazione della terapia con inibitori della pompa protonica

Negli studi clinici controllati e randomizzati (RCT) gli inibitori di pompa protonica sono in grado di dare sollievo dai sintomi nel 50-80% dei pazienti, e di indurre guarigione delle forme erosive in una percentuale di pazienti che supera l’85%.

La risposta nella pratica clinica, cioè nelle circostanze del mondo “reale”, può essere influenzata da molti fattori ed è improbabile che si presenti con lo stesso tasso di successo.

I principali ostacoli al conseguimento dello stesso risultato osservato nelle circostanze “ideali” degli RCT sono la scarsa “compliance, la mancanza di aderenza allo schema di trattamento e una diagnosi non corretta.

Uno studio recente ha mostrato che la compliance” ai PPI è massima quando il farmaco è prescritto da un gastroenterologo, mentre è minima se il paziente lo assume come medicinale da automedicazione.

I pazienti, inoltre, dovrebbero essere educati sull’importanza di assumere i PPI quotidianamente se vogliono raggiungere il massimo effetto possibile, seguendo la tempistica di un corretto schema terapeutico: la somministrazione ottimale prevede, infatti, che questi farmaci siano assunti 30 minuti prima del pasto e il rispetto di questa indicazione è fondamentale per un’azione migliore.

È anche importante continuare a seguire uno stile di vita adeguato (si veda sopra)1.

Utilizzo a lungo termine degli inibitori di pompa protonica

Recentemente un numero crescente di ricerche ha sollevato il problema degli effetti avversi causati da uso a lungo termine dei PPI.

I PPI sono stati a lungo considerati dei farmaci sicuri.

Tuttavia, negli ultimi 10 anni alcune pubblicazioni scientifiche hanno riportato una serie di effetti collaterali dopo trattamenti a lungo termine con PPI, quali deficit nutrizionali (magnesio, vitamina B12), aumento di gastroenteriti, osteoporosi e fratture ossee, ischemia cardiaca, insufficienza renale cronica e demenza.

Nel complesso, il rischio di tutti gli effetti avversi sopra citati è relativamente modesto e deve ancora essere confermato in studi clinici prospettici. A prescindere da ciò, i pazienti dovrebbero comunque essere trattati con la più bassa dose di PPI capace di controllare i sintomi, e la necessità di trattamenti cronici con PPI dovrebbe essere periodicamente valutata insieme a eventuali alternative per i pazienti ad alto rischio di effetti avversi da PPI1.

MRGE in gravidanza e in età pediatrica

La MRGE è frequente durante la gravidanza e, nella maggior parte dei casi, regredisce subito dopo il parto. Il reflusso, però, può contribuire alla nausea gravidica, pertanto può essere necessario ricorrere a un trattamento farmacologico.

La scelta è complicata dalla mancanza di dati sulla sicurezza dell’uso in gravidanza dei farmaci comunemente impiegati per la MRGE. Per i casi lievi gli antiacidi e il sucralfato sono i farmaci di prima scelta.

Per i sintomi persistenti si può ricorrere agli antagonisti del recettore H2 dell’istamina (in particolare ranitidina, in base a consolidate esperienze), mentre i PPI sono riservati ai casi più refrattari o con MRGE complicata, e tra questi omeprazolo, lansoprazolo e pantoprazolo sono considerati i più sicuri.

I casi di MRGE in età pediatrica sono in aumento. Sopra i 10 anni, diagnosi e trattamento possono procedere come negli adulti. Lattanti e bambini molti piccoli devono essere attentamente valutati per escludere che i sintomi siano dovuti ad altre cause.

Nel caso sia necessario ridurre l’acidità con un trattamento farmacologico, i PPI sono i farmaci più efficaci, sebbene l’effetto sia minore rispetto agli adulti e possano presentare un maggiore rischio di effetti collaterali come infezioni delle vie respiratorie e gastroenteriti5.

Conclusioni

La malattia da reflusso gastroesofageo è un disordine molto comune caratterizzato da sintomi che influenzano negativamente la qualità della vita dei pazienti che ne soffrono.

Può essere adeguatamente controllata da una combinazione di cambiamenti dello stile di vita e di terapia medica, che si fonda principalmente sugli inibitori della pompa protonica gastrica, il cui utilizzo correttamente seguito dal paziente, ottimizzato e monitorato dagli specialisti, garantisce il controllo dei sintomi e un’elevata percentuale di guarigione dalle forme erosive.

Molti dei farmaci disponibili per il controllo della MRGE sono disponibili come medicinali di automedicazione, ottenibili senza ricetta medica.

Se per somministrazioni a lungo termine (croniche) è indispensabile essere seguiti dal medico di medicina generale o da uno specialista che suggeriranno il dosaggio, le modalità e la durata del trattamento, è ugualmente consigliabile rivolgersi a una figura professionale anche se si assumono i medicinali di automedicazione.

Ciò permetterà di impostare correttamente la terapia tenendo in considerazione anche gli altri farmaci che il paziente sta assumendo, per evitare interazioni farmacologiche che causino fallimento terapeutico o potenzialmente pericolose.

 

Riferimenti bibliografici e sitografici:


1 Gut Liver 2018; 12: 7-16. Doi: 10.5009/gnl16615
2 Gastroenterology 2018; 154: 267-276. Doi: 10.1053/j.gastro.2017.07.045
3 https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/r/reflusso-gastroesofageo
4 Am. J. Gastroenterol. 2013; 108: 308-328. Doi: 10.1038/ajg.2012.444
5 Goodman & Gilman, Le basi farmacologiche della terapia, XIII Edizione, Zanichelli.

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