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Quanto e quando c'entrano i nutraceutici e gli alimenti funzionali per il controllo delle iperlipidemie

16 luglio 2020

Quanto e quando c'entrano i nutraceutici e gli alimenti funzionali per il controllo delle iperlipidemie
Una delle principali conseguenze cliniche delle iperlipidemie è l’aterosclerosi, causa primaria di mortalità per malattie cardiovascolari nei paesi occidentali. Nutraceutici e alimenti funzionali possono avere un ruolo, e quale, nella prevenzione e nel controllo delle iperlipidemie?

 Inquadriamo il problema

Le dislipidemie rappresentano condizioni metaboliche caratterizzate per lo più da un aumento dei livelli di colesterolo e/o trigliceridi nel sangue (iperlipidemie).

Nel nostro organismo i lipidi, in particolare trigliceridi e colesterolo, sono raccolti e trasportati nel plasma da complessi macromolecolari particolari chiamati lipoproteine, che sono classificate secondo la loro densità.

Le lipoproteine aterogene possono essere a bassa densità (LDL), a densità intermedia (IDL) o a densità molto bassa (VLDL); le lipoproteine ad alta densità (HDL) esplicano invece effetti antiaterogeni.

La medicina basata sull’evidenza ha accertato in maniera conclusiva la relazione causale tra i livelli di LDL e il rischio cardiovascolare: livelli più bassi di LDL sono consistentemente associati a una diminuzione del rischio di malattie cardiovascolari, secondo il principio “più basso è, meglio è”1 .

Il processo di aterogenesi è multifattoriale

I livelli elevati di lipidi nel sangue non sono gli unici responsabili del rischio cardiovascolare. Diabete, fumo di sigaretta, sovrappeso/obesità, vita sedentaria, ipertensione contribuiscono tutti ad elevare il rischio, tuttavia costituiscono fattori modificabili.

Ci sono poi altre condizioni favorenti, nei confronti delle quali non possiamo fare nulla come l’età, il genere cui apparteniamo (le donne hanno un rischio cardiovascolare globalmente più basso) e la storia personale e/o familiare di malattie cardiovascolari che è legata ai geni che abbiamo ereditato.

La malattia aterosclerotica è però un processo dinamico, e questa è una buona notizia, perché intraprendendo adeguate misure l’entità delle placche aterosclerotiche può regredire.

Le armi che abbiamo a disposizione per combattere le iperlipidemie

Stabilito che ridurre i livelli di lipidi nel sangue può sia diminuire la probabilità di malattie cardiovascolari sia rallentarne la progressione, è importante usare in maniera appropriata tutte le strategie di intervento disponibili per controllare i fattori di rischio.

Per prima cosa è necessario intervenire sui “fattori di rischio modificabili” abbracciando cambiamenti dello stile di vita come migliorare la nostra dieta, eliminare il fumo (che riduce i livelli di HDL e quindi limita i suoi effetti antiaterogeni), svolgere una regolare attività fisica, che al contempo aiuta a controllare il peso e lo svilupparsi di disfunzioni metaboliche come il diabete.

Altre armi che abbiamo a disposizione per abbassare i livelli di lipidi nel sangue sono gli alimenti funzionali, i nutraceutici e i farmaci.

La parola d’ordine è “prevenire”

La maggior parte degli approcci farmacologici e non farmacologici è indirizzata a prevenire il rischio associato alle malattie cardiovascolari aterosclerotiche.

Se la gestione dei fattori di rischio ha lo scopo di prevenire il primo evento di malattia cardiovascolare aterosclerotica si parla di prevenzione primaria. La prevenzione secondaria è invece rivolta a pazienti che hanno già avuto un precedente evento di malattia cardiovascolare aterosclerotica, come infarto miocardico o ictus, e i cui fattori di rischio debbano essere trattati in modo aggressivo.

Questa differenza è importante anche per capire il ruolo che gli alimenti funzionali e i nutraceutici possono rivestire in questo contesto. I candidati adatti per questi prodotti sono per lo più soggetti che presentano un basso rischio cardiovascolare, mentre il loro uso dovrebbe essere scoraggiato nella prevenzione secondaria, tranne poche eccezioni che devono essere valutate dal medico.

Componenti attivi nei cibi funzionali e nutraceutici che riducono i livelli di LDL

Tra le sostanze che abbassano il colesterolo e presenti in cibi funzionali o supplementi ci sono i fitosteroli vegetali, la monacolina K del riso rosso fermentato, la berberina e i beta-glucani2 .

I fitosteroli si trovano in varie proporzioni in tutti i prodotti di origine vegetale, mentre sono virtualmente assenti in quelli di derivazione animale. Hanno una struttura chimica simile a quella del colesterolo perciò ne inibiscono l’assorbimento intestinale attraverso un meccanismo di competizione.

I fitosteroli riducono i livelli di colesterolo LDL del 9 – 10%, mentre colesterolo HDL e trigliceridi rimangono per lo più inalterati3.

Per ottenere il massimo beneficio, i fitosteroli dovrebbero essere assunti durante i pasti principali, quando la presenza di colesterolo nel lume intestinale è massima a causa sia della quantità che deriva dalla dieta sia della stimolazione delle secrezioni biliari (da cui deriva la maggiore quota di colesterolo).

A parte l’assunzione di fitosteroli in forma di supplementi nutraceutici, anche le minori quantità presenti negli alimenti della dieta mediterranea possono avere un impatto benefico sui livelli di colesterolo.

Fermentando il riso con funghi che appartengono ad una particolare famiglia (Monascus purpureus) si ottengono dei pigmenti rossi (da qui il nome di riso rosso fermentato) e una serie di molecole che sono capaci di inibire la sintesi epatica del colesterolo.

La molecola che si trova in percentuale maggiore è la monacolina K, che dal punto di vista chimico è identica al farmaco lovastatina. Essa riduce i livelli di colesterolo LDL fino al 20 – 25%, abbassa i trigliceridi mentre ha effetti trascurabili su HDL4 .

Fatto ancora più importante è che la riduzione dei lipidi indotta da monacolina K è stata associata con un significativo decremento di eventi coronarici e ictus in uno studio clinico controllato e randomizzato condotto su una popolazione di 5000 pazienti5 .

L’assunzione di fibre con la dieta o la loro supplementazione ha una comprovata efficacia sul controllo dei livelli plasmatici di colesterolo LDL. Le fibre aumentano l’escrezione fecale di colesterolo, acidi biliari e altri grassi, e a ciò viene attribuito l’effetto di riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo.

Le fibre viscose solubili (ad es. beta-glucano, contenuto in grande quantità nell’orzo e nell’avena), che assorbono acqua e formano sostanze di consistenza gelatinosa, sono particolarmente efficienti ed efficaci.

Adeguate quantità di fibre possono abbassare il colesterolo LDL del 5 – 6%, senza influenze rilevanti sui livelli di altri lipidi6 . Inoltre, hanno anche effetti benefici sulla glicemia e possiedono un effetto prebiotico, aumentando selettivamente la presenza di certi ceppi batterici nel microbiota intestinale.

La berberina è un alcaloide estratto dalle radici di una pianta orientale (Berberis aristata) con documentata efficacia nel controllo del colesterolo LDL che può abbassare mediamente del 10 – 20%7 .

Inoltre, ha un effetto positivo anche sui livelli di trigliceridi, glucosio e colesterolo HDL8 . Sembra che la berberina riduca i livelli di PCSK9 (una proteina la cui inibizione promuove la rimozione dal circolo e la degradazione del colesterolo LDL) e allo stesso tempo stabilizzi i recettori per le LDL.

La combinazione di questi due meccanismi ha come risultato un aumento dei recettori per LDL sulla superficie delle cellule del fegato: ciò comporta una maggiore captazione di LDL (che vengono poi degradate) e di conseguenza la diminuzione dei livelli plasmatici.

La berberina è stata studiata per lo più in soggetti asiatici perché il suo uso in Occidente è stato introdotto di recente; inoltre è scarsamente assorbita dopo assunzione per via orale, un inconveniente cui si sta cercando di ovviare.

Molte altre sostanze (derivati della soia, quercetina, estratti di mela annurca, estratti di bergamotto, policosanoli della canna da zucchero e delle patate, probiotici) sono state studiate per le loro potenziali capacità di abbassare i livelli di colesterolo.

Sebbene per molte di esse i risultati rimangano ancora senza una conclusione certa, c’è sempre un vivo interesse nel loro possibile uso come nutraceutici. Attenzione particolare merita l’aglio, la cui supplementazione esercita una protezione cardiovascolare, grazie alla riduzione dei fattori di rischio, documentata da studi clinici9 .

Altre misure dietetiche possono arrecare beneficio, anche se non abbassano il colesterolo LDL

Altri effetti protettivi sono mediati da sostanze come i polifenoli (che hanno proprietà antinfiammatorie e antiossidanti) e gli acidi grassi polinsaturi (proprietà antinfiammatorie e antitrombotiche).

Questi effetti protettivi non sono mediati da variazioni del colesterolo LDL ma, grazie al controllo di processi che concorrono alla formazione e sviluppo delle placche aterosclerotiche (infiammazione e stress ossidativo, etc…), contribuiscono a ridurre il rischio cardiovascolare.

Anche uno stile di vita attivo contribuisce a ridurre il rischio cardiovascolare attraverso meccanismi in gran parte indipendenti dalla riduzione del colesterolo LDL (migliore funzione vascolare, controllo del peso, riduzione del grasso corporeo e viscerale, etc…) e che permettono accrescere lo stato di benessere generale

È quindi ovvio che queste misure dovrebbero essere raccomandate a tutti i pazienti, compresi coloro che ancora non rientrano nelle categorie per le quali è previsto il trattamento.

Qualche considerazione per un utilizzo consapevole e sicuro

Negli ultimi anni c’è stato un grande aumento dell’uso di cibi funzionali e di ingredienti attivi, i cosiddetti nutraceutici. Questi prodotti possono essere acquistati dal consumatore senza prescrizione e/o consiglio del medico ed essere oggetto di auto-somministrazioni.

Oltre alla raccomandazione di acquistare solo prodotti con certificazione di qualità, è utile segnalare che spesso queste auto-somministrazioni sono inappropriate o avvengono in situazioni in cui non possono conferire vantaggi significativi.

È percezione o convinzione comune che i supplementi siano più sicuri rispetto ai farmaci, e che abbiano pertanto minori effetti collaterali.

Questa idea non corrisponde sempre al vero.

Riguardo la monacolina K per esempio non ci sono ancora evidenze conclusive disponibili sulla sua sicurezza: considerato però che è strutturalmente identica a una statina prodotta per sintesi, è ragionevole supporre che i pazienti intolleranti alle statine lo siano anche nei confronti dei derivati del riso rosso fermentato.

È anche noto che la monacolina K può avere significative interazioni farmacologiche con molti farmaci (ketoconazolo, eritromicina, inibitori della proteasi dell’HIV, ciclosporine, solo per citarne alcuni) e con alcuni alimenti come il succo di pompelmo (Leggi anche "Farmaci e interazioni: cosa sono e come evitarle").

Inoltre, secondo le condizioni di fermentazione del riso si possono ottenere diversi altri tipi di monacoline, nonché metaboliti tossici, oltre alla monacolina K. A riprova di questo, in Italia il servizio di farmacovigilanza ha registrato 55 reazioni avverse al riso rosso fermentato nel periodo compreso tra il 2002 e il 201510 .

Il ruolo del medico in questo contesto

È fondamentale e imprescindibile. Questi supplementi sono ampiamenti disponibili e facilmente accessibili. L’importanza della supervisione medica nell’uso di questi supplementi, specialmente per quanto riguarda la possibilità di interazioni con altre sostanze e/o farmaci, non deve essere sottovalutata.

Prima di assumere un qualunque supplemento nutraceutico sarebbe sempre importante ricorrere al consiglio di un medico, per una valutazione oggettiva della reale necessità/opportunità, per indicazioni sul prodotto più adatto e le modalità di assunzione, e per evitare interazioni negative e potenzialmente dannose con altri farmaci assunti concomitantemente.

Questa accortezza è tanto più utile per i pazienti che presentano molte patologie e/o assumono molti farmaci. 

Gli alimenti funzionali e i nutraceutici che riducono i livelli di colesterolo LDL, usati da soli o in combinazione, arricchiscono le opportunità che abbiamo oggi a disposizione per il trattamento preventivo del rischio di malattie cardiovascolari aterosclerotiche.

La loro assunzione è indicata per i soggetti che presentano un basso rischio cardiovascolare e può assicurare il massimo beneficio solamente se essa viene concordata con il medico, la cui professionalità ed esperienza sapranno individuare la sostanza e la dose meglio indicate per ogni singolo paziente.

 

Riferimenti bibliografici e Sitografici

1 Eur. Heart J. 2016; 37: 2999-3058. Doi: 10.1093/eurheartj/ehw272

2 Pharmacol. Res. 2018; 134: 51-60. Doi: 10.1016/j.phrs.2018.05.015

3 Br. J. Nutr. 2014; 112: 214-9. Doi: 10.1017/S0007114514000750

4 PLoS One 2014; e98611. Doi: 10.1371/journal.pone.0098611

5 J. Am. Geriatr. Soc. 2007; 55: 1015-22. Doi: 10.1111/j.1532-5415.2007.01230.x

6 Br. J. Nutr. 2016; 116: 1369-82. Doi: 10.1017/S000711451600341X

7 Planta Med. 2013; 79: 437-446. Doi: 10.1055/s-0032-1328321

8 Nat. Med. 2004; 10: 1344-51. Doi: 10.1038/nm1135

9 J. Nutr. 2016; 146: 416S-21S. Doi: 10.3945/jn.114.202333

10 Br. J. Clin. Pharmacol. 2017; 83: 894-908. Doi: 10.1111/bcp.13171

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