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I farmaci anticoagulanti orali, come funzionano e per che cosa si usano?

23 dicembre 2021

I farmaci anticoagulanti orali, come funzionano e per che cosa si usano?
Gli anticoagulanti orali sono farmaci che prevengono la formazione dei trombi. Sono facili da assumere ed hanno un utilizzo diffuso. Alcune molecole si utilizzano da molti anni, altre sono di più recente introduzione. Capiamo insieme quali sono e come agiscono.

Che differenza c’è tra anticoagulanti eparinici e anticoagulanti orali?

In un precedente articolo abbiamo parlato dell’importanza che nel sangue ci sia un equilibrio tra la capacità di formare coaguli e quella di mantenere la sua fluidità, e del ruolo che gli anticoagulanti eparinici possono avere in questo.

Accanto agli anticoagulanti eparinici, esistono anche altri farmaci utili a fluidificare il sangue e sono gli anticoagulanti orali.

La principale differenza tra queste due classi è la modalità di somministrazione: l’eparina non frazionata, l’eparina a basso peso molecolare ed il fondaparinux, cioè gli anticoagulanti eparinici, si somministrano per via parenterale mentre gli anticoagulanti orali, come dice proprio la loro denominazione, sono somministrati per bocca. Tra questi ultimi distinguiamo tra gli antagonisti della vitamina K (AVK), come warfarin e acenocumarolo, ed i nuovi anticoagulanti orali (NAO).

Quali sono gli antagonisti della vitamina K?

Il primo antagonista della vitamina K ad essere scoperto è stato il warfarin. Si tratta di una variante di una molecola, il dicumarolo, che si era accidentalmente formata nel foraggio mal conservato destinato all’alimentazione del bestiame e che, agli inizi degli anni ’20, fu identificata come fattore responsabile di una massiva emorragia nei bovini nel Midwest degli Stati Uniti.

Grazie alla sua azione anticoagulante, il warfarin venne utilizzato all’inizio come topicida. Nel 1954 venne poi approvato per l’utilizzo nell’uomo, ma fu solo dopo il 1955, anno in cui venne prescritto al Presidente Eisenhower colpito da un infarto del miocardio, che il warfarin cominciò ad essere ampiamente utilizzato per il trattamento e la prevenzione delle malattie su base trombotica.

Il warfarin è un antagonista della vitamina K (una vitamina importante per la formazione dei fattori della coagulazione, in particolare per la sintesi del fattore IIa, chiamato anche trombina).

L’acenocumarolo è simile al warfarin, sia per la struttura sia per l’azione anticoagulante; le due molecole differiscono per il tempo di insorgenza dell’effetto terapeutico, più rapido nel caso dell’acenocumarolo e più lungo per quanto riguarda il warfarin, e per la durata dell’effetto stesso.

Perché la vitamina K è importante per la coagulazione del sangue? Cosa ha a che fare con il warfarin e l’acenocumarolo?

La vitamina K è essenziale per la produzione di alcuni fattori implicati nella cascata della coagulazione (Se vuoi capire di più di questo importante processo, leggi qui). Questi fattori prendono il nome di fattore II, VII, IX e X e vengono prodotti dal fegato.

Dopo essere stati sintetizzati, questi fattori vanno incontro a una reazione che modifica la loro struttura e che li rende più attivi nel promuovere la coagulazione del sangue. La vitamina K è indispensabile per questo processo che produce i fattori della coagulazione “attivati” ma che, al contempo trasforma la vitamina K in una forma che non può più partecipare al processo stesso.

È quindi necessario che la vitamina K, dopo essere stata utilizzata, venga “rigenerata”. Questo avviene ad opera di un enzima che si chiama VKORK1 e che si occupa della trasformazione e riattivazione della vitamina K. Ed è proprio a questo livello che agiscono il warfarin e l’acenocumarolo, i quali di fatto inibiscono l’enzima VKORK1 e, di conseguenza, la rigenerazione della vitamina K. Questo causa una produzione insufficiente di fattori della coagulazione.

È vero che bisogna stare attenti a ciò che si mangia ed ai farmaci che si assumono quando si è in terapia con il warfarin e l’acenocumarolo?

Si. Il warfarin e l’acenocumarolo sono farmaci a basso indice terapeutico (cioè la dose che può causare tossicità è molto simile a quella necessaria per avere efficacia). Inoltre, va detto il warfarin può interagire con molti farmaci (es. antibiotici, farmaci antinfiammatori non steroidei, antiaritmici, antiepilettici, ecc.) e anche con i cibi che contengono vitamina K (come i broccoli, la lattuga, il fegato, ecc.).

Queste “interferenze” fanno fluttuare la concentrazione di warfarin nel sangue. Può quindi accadere che la contemporanea assunzione di altri farmaci o di alcuni cibi possa causare variazioni delle concentrazioni di farmaco nell’organismo, causate e indurre effetti collaterali importanti.

Per valutare la variabilità della concentrazione plasmatica del warfarin basta un prelievo di sangue e la valutazione dell’INR, un parametro che serve a misurare la capacità del sangue di coagulare. In base all’INR, il dosaggio del warfarin viene aggiustato di volta in volta in modo che la sua concentrazione nel sangue sia sempre terapeutica.

L’era dei NOA, i nuovi anticoagulanti orali

Recentemente sono stati introdotti dei nuovi anticoagulanti orali che prendono il nome di dabigatran, apixaban, rivaroxaban ed edoxaban.

Questi farmaci sono stati disegnati per avere un profilo di concentrazione plasmatica più stabile rispetto a quello ottenibile con warfarin e, in effetti, garantiscono l’effetto anticoagulante senza bisogno di monitoraggio dell’INR.

Sono tutti inibitori diretti dei fattori della coagulazione, nello specifico il dabigatran è un inibitore del fattore IIa, mentre apixaban, edoxaban e rivaroxaban inibiscono il fattore Xa.

Rispetto al warfarin presentano un ulteriore vantaggio, ovvero un grado di interferenza inferiore con altri farmaci o alimenti. Sembrano quindi farmaci più sicuri; tuttavia non dobbiamo dimenticare che si tratta di farmaci di recente introduzione la cui attività e sicurezza devono continuare a essere monitorate.

Cosa si può fare se è stata assunta una dose eccessiva di warfarin?

Così come in caso di sovradosaggio di eparina possiamo intervenire somministrando come antidoto la protamina solfato, possiamo interrompere anche l’effetto anticoagulante del warfarin somministrando come antidoto la vitamina K.

Esistono antidoti anche per i nuovi anticoagulanti orali?

In caso di necessità, per i nuovi farmaci anticoagulanti orali sono disponibili due antidoti.

L’idarucizumab, è un anticorpo monoclonale che si lega con altissima affinità al dabigatran e lo inattiva. Andexanet alfa, invece, è un farmaco di recentissima approvazione la cui struttura assomiglia al fattore Xa. Grazie a questa caratteristica gli inibitori diretti del fattore Xa apixaban, rivaroxaban e edoxaban legheranno l’andexanet alfa invece del fattore Xa, e la loro azione anticoagulante sarà così impedita.

Per quali malattie vengono utilizzati gli anticoagulanti orali?

I farmaci anticoagulanti orali vengono utilizzati nella profilassi e nel trattamento delle malattie tromboemboliche. In particolare si utilizzano nei pazienti con protesi o patologie delle valvole del cuore, nell’infarto del miocardio, nella trombosi venosa profonda.

La patologia per cui vengono maggiormente prescritti gli anticoagulanti orali è la fibrillazione atriale. Questa patologia è molto diffusa, il 4% dei soggetti con età tra i 60 ed i 70 anni ne è affetto e la percentuale sale al 10-15% nei soggetti ultraottantenni. (Per saperne di più su questa malattia, leggi qui). Lo scopo della terapia anticoagulante nei pazienti con fibrillazione atriale è la prevenzione dell’ictus, che nei soggetti con questa malattia può avvenire con frequenza superiore rispetto alla popolazione generale.

Ma l’aspirina è un anticoagulante?

No, l’aspirina è un antiaggregante piastrinico. Questo significa che non agisce direttamente sui fattori della cascata della coagulazione, ma impedisce alle piastrine di aggregarsi, un effetto che ha anch’esso un impatto negativo sulla formazione di trombi.

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