Cos’è la vitamina D in realtà?
La vitamina D (o colecalciferolo) è importante per mantenere un’adeguata mineralizzazione delle ossa e regola l’attività di molti apparati, tra cui il sistema immunitario. Nonostante il suo nome, la vitamina D non è davvero una vitamina, ma un ormone. A differenza delle altre vitamine (nutrienti che devono essere assunti con l’alimentazione), il nostro organismo è infatti in grado di produrre la vitamina D quando ci esponiamo alla luce solare.
Ci sono delle condizioni in cui bisogna integrare la sua assunzione?
Le concentrazioni ottimali di vitamina D nel nostro sangue dovrebbero essere 20-30 ng/mL e, in genere, il suo fabbisogno viene coperto senza bisogno di assumerla dall’esterno anche se, in alcuni momenti della nostra vita, la sola produzione endogena di vitamina D potrebbe non essere sufficiente.
Chi ha problemi a produrre la vitamina D?
La produzione endogena di vitamina D può esser ridotta per scarsa esposizione ai raggi solari, come nei soggetti ospedalizzati, o in chi ha la pelle molto scura (ricca di melanina), oppure in presenza di malassorbimento (ad esempio nella celiachia) o nel caso di alcune patologie renali.
Perché si parla tanto spesso di integratori a base di vitamina D?
Ultimamente è aumentato il consumo di integratori alimentari a base di vitamina D. Passiamo sempre meno tempo all’aperto e ciò ci fa pensare, spesso infondatamente, che il nostro fabbisogno di vitamina D potrebbe non essere adeguatamente coperto. La carenza di vitamina D viene associata al rischio di malattie muscolo-scheletriche, cardiovascolari, tumori, infezioni e malattie autoimmuni. In realtà non ci sono dati sull’effettiva efficacia della supplementazione di vitamina D, né dei suoi livelli ottimali per prevenire queste malattie.
Esistono delle indicazioni precise su quando assumere vitamina D?
Negli scorsi mesi sono state tracciate delle nuove linee guida1 che cercano di regolamentare il consumo di integratori a base di vitamina D e l’eventuale necessità di dosarne i livelli plasmatici in soggetti senza note carenze di vitamina D. Le linee guida sono state compilate dopo la valutazione dei dati di trials clinici randomizzati che hanno esaminato diverse fasce di popolazione, con differenti esigenze di vitamina D.
Cosa hanno valutato questi studi?
Le indagini sono state eseguite su bambini e adolescenti (da 1 a 18 anni), popolazione adulta con età inferiore ai 50 anni, soggetti tra i 50 e 74 anni, anziani con età superiore ai 75 anni, donne in gravidanza e individui con il prediabete. Su queste popolazioni sono stati valutati gli effetti sulla salute di una supplementazione empirica di vitamina D, cioè l’assunzione di integratori a base di vitamina D non giustificata da carenze note.
Per chi è raccomandata l’assunzione di vitamina D?
Sono state create delle linee guida che raccomandano l’assunzione della vitamina D in bambini e adolescenti, anziani con età superiore ai 75 anni, donne in gravidanza e soggetti con prediabete.
Per chi non è raccomandata l’assunzione di vitamina D?
Non è raccomandato, invece, l’uso empirico di vitamina D nelle rimanenti popolazioni. Non sono raccomandati nemmeno gli screening routinari dei livelli plasmatici di vitamina D sulla popolazione generale. La valutazione dei livelli di vitamina D rimane però importante nei soggetti in cui siano note condizioni predisponenti la possibile carenza di vitamina D o con osteoporosi2.
Perché viene raccomandata l’integrazione empirica della vitamina D nei bambini e negli adolescenti?
La vitamina D gioca un ruolo fondamentale nella mineralizzazione ossea. La sua carenza causa difetti nell’ossificazione e una patologia chiamata rachitismo, in cui la struttura ossea è più fragile e suscettibile a fratture e a malformazioni. Nei neonati, nei bambini e negli adolescenti (fino ai 18 anni) è raccomandabile la somministrazione empirica di vitamina D, soprattutto in quelle aree in cui l’esposizione ai raggi solari è ridotta o nei soggetti con pelle più scura, proprio per evitare l’insorgenza di rachitismo.
Perché viene raccomandata l’integrazione empirica della vitamina D gli anziani?
I soggetti con età superiore ai 75 anni hanno patologie croniche, una ridotta esposizione ai raggi solari, e spesso carenze di vitamina D. Sulla base degli studi clinici esaminati si è quindi stabilito che la somministrazione empirica di vitamina D, a bassi dosaggi, possa ridurre il rischio di mortalità in questi soggetti, limitando il rischio di fratture ossee che, nell’anziano, sono spesso associate a un incremento di mortalità e rischio di infezioni respiratorie.
E nelle donne in gravidanza?
Lo stato nutrizionale della madre durante la gravidanza influenza il benessere, la crescita e lo sviluppo del bambino. Una carenza di vitamina D nella madre potrebbe determinare malformazioni e rachitismo nel bambino e inoltre aumentare i rischi sulla salute della donna, causando ipertensione gestazionale, pre-eclampsia e parto pretermine. Queste condizioni appaiono significativamente ridotte con il consumo di integratori vitamina D durante la gravidanza, sebbene non ci siano indicazioni specifiche sui i livelli plasmatici ottimali di vitamina D nella donna in questo stato.
Perché la supplementazione di vitamina D è raccomandata anche nei soggetti con prediabete?
Il prediabete è una condizione in cui la glicemia a digiuno è di 100-125 mg/dl, e un’alterata tolleranza al glucosio (glicemia due ore dopo la curva da carico compresa fra 140 e 199 mg/dl). Questa condizione, potenzialmente reversibile, modificando lo stile di vita, aumentando l’attività sportiva e seguendo una dieta più controllata, trae beneficio dall’uso di integratori a base di vitamina D, per ritardare l’insorgenza di diabete di tipo 2.
E per tutte le altre fasce di popolazione esaminate?
I risultati degli studi hanno portato il gruppo di esperti a non trovare evidenze per giustificare la somministrazione empirica di vitamina D nei soggetti sani e senza specifiche indicazioni. In questo modo l’uso generalizzato di vitamina D dovrebbe essere ridimensionato, e giustificato solo per un approccio più mirato qualora ci fossero evidenze cliniche solide.
Quando è raccomandata la valutazione dei livelli ematici di vitamina D?
I livelli ematici di vitamina D andrebbero valutati nei pazienti che soffrono di osteoporosi, epatopatici, diabetici, soggetti obesi e in chi fa uso di farmaci che riducono l'assorbimento della Vitamina D. Per questi pazienti non esiste una terapia standard e l’integrazione di vitamina D va modulata in base alla severità della carenza. I livelli ottimali di vitamina D che devono essere presenti in circolo non sono però ancora definiti con chiarezza.
L’eccessivo consumo di vitamina D è sempre sicuro?
Sebbene il rischio di intossicazione da vitamina D sia molto basso, un uso inappropriato potrebbe causare la comparsa di calcoli renali, alterazioni cardiocircolatorie, disturbi gastrointestinali, vertigini e allucinazioni. Inoltre, per quanto il costo dei supplementi a base di vitamina D non sia elevato, un uso non appropriato di integratori e le richieste di indagini di laboratorio, spesso non motivate, per valutare i livelli ematici di vitamina D, alla lunga aggravano inutilmente la spesa sanitaria.
Riferimenti
- Demay MB et al., Vitamin D for the Prevention of Disease: An Endocrine Society Clinical Practice Guideline, The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 2024; dgae290, https://doi.org/10.1210/clinem/dgae290
- Giustina A et al., Consensus Statement on Vitamin D Status Assessment and Supplementation: Whys, Whens, and Hows, Endocrine Reviews, 2024; bnae009, https://doi.org/10.1210/endrev/bnae009