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I farmaci per la menopausa: funzionano, sono utili, sono ben tollerati?

16 settembre 2021

I farmaci per la menopausa: funzionano, sono utili, sono ben tollerati?
La menopausa, un periodo spesso vissuto dalla donna come una problematica o una malattia, in realtà è un momento fisiologico nella vita di una donna. Le variazioni dei livelli ormonali, alla base di questo processo, si accompagnano spesso a una serie di sintomi fisici e psicologici che possono fortemente alterare la qualità di vita. Esistono dei trattamenti capaci di ridurre la sintomatologia, ma l’uso della terapia ormonale sostitutiva a volte viene evitato perché non privo di effetti collaterali. Ma quali sono questi effetti? E’ vero che la terapia ormonale è pericolosa?

Cos’è la menopausa?

La menopausa è un momento fisiologico nella vita della donna. L’attività ovarica inizia a ridursi fino al completo arresto del ciclo mestruale.

L’età media di insorgenza della menopausa fisiologica è tra i 45 e i 55 anni, ma può manifestarsi anche prima dei 45 anni (in questo caso si parlerà di menopausa precoce) o dopo (menopausa tardiva). La menopausa precoce può anche essere conseguenza di un’isterectomia.

Il periodo di transizione in cui si passa da una normale capacità riproduttiva alla senescenza viene definito climaterio.

Durante la prima fase di questo periodo, premenopausa, che in genere dura circa 2-5 anni, l’attività delle ovaie comincia ad esaurirsi: sempre più frequentemente i cicli mestruali saranno anovulatori e sia la durata che l’entità del flusso saranno modificati.

Le modifiche osservate sono la conseguenza della riduzione dei livelli degli ormoni che regolano il ciclo mestruale, l’estradiolo e il progesterone.

I cicli diventano sempre meno frequenti fino a mancare completamente. Il periodo che va dall’ultimo flusso a quello in cui le ovaie interrompono completamente la loro attività si chiama postmenopausa, e in questa fase tutti gli ormoni, compresi gli androgeni saranno a livelli molto ridotti. 

Perché i sintomi che caratterizzano questo periodo possono alterare la qualità della vita?

Gli organi genitali femminili risentono parecchio del calo degli estrogeni, e ciò causa ipotrofia delle piccole e grandi labbra. La mucosa vaginale si assottiglia e sarà caratterizzata da secchezza e fastidi durante l’atto sessuale.

Anche le mammelle e la cute tenderanno a perdere elasticità.

In alcuni casi anche i muscoli e le strutture che sostengono la vescica perdono la loro funzione, facilitando l’insorgenza di incontinenza urinaria e disuria.

Tra i sintomi che più classicamente si associano alla menopausa ci sono le vampate di calore e le sudorazioni profuse, che colpiscono più del 70% delle donne.

Le vampate di calore, soprattutto se molto frequenti, sono associate a irritabilità, difficoltà a concentrarsi e frequenti risvegli notturni, condizioni queste che causano una riduzione della qualità di vita.

Ci possono anche essere sintomi meno specifici?

Si ci sono. Durante il climaterio e la menopausa possono comparire anche sintomi cardiovascolari.

La donna è tendenzialmente più protetta dal rischio di infarto e coronaropatie ma, alla comparsa della menopausa, questa protezione viene a mancare. Anzi anche i livelli del colesterolo, in particolare quelli delle temibili lipoproteine LDL, tendono ad aumentare, e ciò può facilitare la comparsa di malattie cardiovascolari.

A livello osseo, l’assenza di estrogeno causa la riduzione della massa ossea ed è molto frequente la comparsa di osteoporosi (Leggi anche "Prevenzione e terapia dell'osteoporosi: quali farmaci sono utili e cosa c'è di nuovo").

Infine, non sono infrequenti le alterazioni a livello psicologico: ansia, depressione, irritabilità, astenia, calo della libido e perdita della memoria sono eventi che spesso si associano alla comparsa della menopausa.

È possibile trattare o prevenire la comparsa di questi sintomi?

Si, si può fare.

La terapia ideale è quella in grado di fornire l’estrogeno non più prodotto dalle ovaie, e da qui appunto il nome di terapia ormonale sostitutiva (TOS).

L’estrogeno usato nella TOS può essere di origine naturale, ovvero purificato dalle urine dei cavalli, o prodotto in laboratorio con tecniche biotecnologiche.

La somministrazione del solo estrogeno non è però sicura. Dal punto di vista fisiologico, gli estrogeni sono responsabili della crescita delle cellule della mucosa dell’utero.

Normalmente questa loro attività viene contrastata dalla presenza del progesterone. Nel caso in cui si somministri solo l’estrogeno potrebbe osservarsi una crescita incontrollata della mucosa uterina, e ciò aumenta il rischio di sviluppare dei tumori.

Proprio per evitare questa evenienza, alla somministrazione dell’estrogeno si associa anche quella del progesterone o dei progestinici.

Quando invece la donna è isterectomizzata è possibile somministrare il solo l’estrogeno. Esistono anche delle formulazioni contenenti una molecola, il bazedoxifene, che può sostituire i progestinici, limitando gli effetti avversi caratteristici del progesterone (ritenzione idrica, tensione mammaria, cefalea).

In che modo si assume la TOS?

Per limitare il rischio di comparsa di eventi collaterali, la terapia inizia con bassi dosaggi di farmaci. Se, dopo 2 mesi dall’inizio della TOS, i sintomi non sono stati modificati in maniera soddisfacente, le dosi vanno incrementate. In genere, l’uso dei bassi dosaggi di ormoni è sufficiente per limitare le vampate e i sintomi genito-urinari.

Possono inoltre essere indicati due diversi schemi terapeutici: la terapia ormonale sequenziale e quella continua. Nella terapia sequenziale viene simulato il fisiologico rilascio dei due ormoni. L’estrogeno può essere somministrato in maniera continuativa per 28 giorni o dal giorno 1 al giorno 21. Il progestinico viene invece assunto per 12/14 giorni. Dopo una settimana dalla sospensione del progestinico, comparirà un sanguinamento che simula il ciclo mestruale.

Nella terapia ormonale continuativa, invece, sono somministrati giornalmente sia l’estrogeno che il progestinico. In questo caso si instaurerà l’amenorrea: questa è la forma terapeutica indicata nelle donne che non vogliono più avere un flusso mestruale.

Quali sono le vie di somministrazione della TOS?

Classicamente sia estrogeni che progestinici vengono assunti per os (via orale). Nel caso della terapia ormonale continua esistono delle formulazioni che contengono, nella stessa compressa, entrambi gli ormoni.

In alcuni casi, viene invece utilizzata la via transdermica, in cui dei cerotti rilasciano lentamente il farmaco. Questa via di somministrazione si è dimostrata efficace per ridurre soprattutto la comparsa delle vampate di calore; anche il rischio di eventi avversi è ridotto.

Gel o formulazioni contenenti estrogeni ad applicazione topica a livello vaginale sono infine delle soluzioni molto utili per risolvere le problematiche genito-urinarie.

Ma quali sono gli effetti avversi della TOS? E quali i rischi?

Gli effetti avversi più frequentemente lamentati nella TOS sono legati per lo più al progestinico, che causa frequentemente ritenzione idrica, tensione mammaria, cefalee, nausea e perdite e piccoli sanguinamenti vaginali.

Ma alla TOS si possono associare altri rischi.

La stimolazione ormonale con estrogeni può facilitare la crescita incontrollata delle cellule della mucosa uterina e questo può facilitare l’insorgenza di forme tumorali dell’utero. Anche il rischio di sviluppare il carcinoma alla mammella sembra aumentato, ma quest’evenienza si verifica soprattutto quando la TOS è protratta oltre i 5 anni. Infine aumenta il rischio di fenomeni tromboembolici e il rischio cardiovascolare.

Quando può essere utile la TOS? Quando prescriverla?

Considerati i rischi appena descritti, la terapia ormonale sostitutiva non è una terapia possibile per tutte le donne. Bisogna infatti rispondere a certi requisisti.

È possibile somministrarla a donne che siano andate in menopausa precoce (prima dei 45 anni), anche a seguito di isterectomia. Queste donne beneficeranno della TOS sia per quanto riguarda la riduzione degli effetti vasomotori che nel ritardare la comparsa dell’osteoporosi.

In genere, per le donne entrate in menopausa precocemente, il trattamento è previsto fino al raggiungimento dell’età media di insorgenza della menopausa (intorno 48-52 anni). Donne con età inferiore ai 60 anni, entrate in menopausa da meno di 10 anni e che hanno importanti disturbi vaso-motori sono possibili candidate alla TOS. Anche per loro il trattamento non dovrebbe essere prolungato oltre i 5 anni.

Quali sono le controindicazioni alla TOS?

In ogni caso, prima di iniziare la terapia ormonale sostitutiva, il medico deve fare approfondite indagini anamnestiche e diagnostiche. Infatti, ci sono delle donne che hanno delle controindicazioni relative o assolute alla TOS.

La terapia andrebbe prescritta con molta attenzione in donne che abbiano avuto tromboembolie venose, e quindi sarà necessario valutare l’età, l’eventuale obesità, l’immobilizzazione o interventi chirurgici recenti (tutti fattori che possono favorire l’insorgenza di trombi venosi) e valutare l’assetto della coagulazione

Anche donne che hanno sofferto di calcolosi biliare dovrebbero iniziare la TOS con attenzione, per il rischio di andare incontro a nuove coliche biliari.

Controindicazioni assolute invece si hanno quando la donna ha avuto emorragie genitali anomale o tumori ormono-dipendenti a livello ovarico, uterino o della mammella.

In ogni caso, prima di iniziare la TOS vanno fatte le indagini diagnostiche necessarie per escludere la presenza di piccole formazioni tumorali che potrebbero accrescersi con il trattamento ormonale: vengono quindi eseguiti esame pelvico, PAP test, ecografia transvaginale e mammografia.

Le attese disattese della TOS

Le donne, sino alla comparsa della menopausa, sono in genere più protette dalle malattie cardiovascolari, come infarto o ictus, così come dalle malattie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer

Subito dopo la comparsa della menopausa, l’aumento dei casi di queste patologie sembra associarsi all’improvvisa riduzione dei livelli degli estrogeni. La terapia ormonale sostitutiva era quindi stata accolta con grande favore e la speranza che potesse prevenire l’insorgenza di malattie cardiovascolari nelle donne che ne facevano uso.

Ma, dopo l’iniziale entusiasmo, vennero pubblicati dei dati, ottenuti da un grande studio clinico il "Women Health Initiative (WHI)" che, non solo negavano l’effetto protettivo di questa terapia, ma addirittura mostravano come il rischio cardiovascolare, nelle donne che facevano uso di TOS, era accresciuto,  così come era aumentato anche il rischio di sviluppare un tumore alla mammella nelle donne che utilizzavano la terapia ormonale combinata con il progesterone.

Ma quindi è davvero dannosa la TOS?

Dopo un iniziale stupore, nuove analisi dello studio WHI hanno portato alla luce dati molto interessanti. Il rischio cardiovascolare aumentava solo nelle donne che iniziavano la terapia dopo vari anni, più di 10, dall’inizio della menopausa; se la terapia invece iniziava entro i primi anni dalla menopausa, si riduceva la possibilità di andare incontro a patologie cardiache.

Nasceva quindi l’ipotesi della "finestra di opportunità". Tanto più precocemente veniva iniziata la terapia, tanto minori erano i rischi cardiovascolari. Anche il rischio di sviluppare tumore alla mammella non era aumentato quando la terapia aveva una durata inferiore a 4 anni.

E per quanto riguarda le malattie neurodegenerative?

Un discorso simile può esser fatto sull’insorgenza delle malattie neurodegenerative. Le variazioni dei livelli ormonali che si osservano nella donna dopo la menopausa sarebbero tra i fattori favorenti l’insorgenza di malattie come l’Alzheimer.

Dai primi studi era però emerso che non si aveva alcun beneficio e addirittura si poteva osservare un maggiore decadimento delle funzioni cognitive, se la TOS era iniziata dopo i 65 anni. Recentemente, nuove analisi con studi retrospettivi hanno invece messo in luce l’efficacia della terapia ormonale nel prevenire l’insorgenza tardiva di varie malattie neurodegenerative (Alzheimer, ma anche Parkinson e demenze non associate all’Alzheimer).

Gli autori suggeriscono che l’uso mirato della terapia ormonale in donne ancora apparentemente sane (con età superiore ai 45 anni) potrebbe prevenire, ma non curare, le malattie degenerative 1. Nonostante i risultati promettenti di questo ed altri studi, bisogna ancora valutare con cautela la possibilità di usare la terapia ormonale nella prevenzione delle malattie neurodegenerative.

Quindi, in definitiva chi e quando dovrebbe iniziare una terapia ormonale sostitutiva?

Sulla base di tutte queste informazioni le modalità di prescrizione della TOS sono cambiate.

Oggi la TOS viene prescritta solo per quelle donne entrate in menopausa recentemente che non abbiano avuto pregresse malattie tromboemboliche o cardiovascolari e, comunque, mai per le donne con età maggiore ai 65 anni. Laddove è possibile, viene preferita la terapia topica vaginale e si utilizzano farmaci a bassi dosaggi e per il minor tempo possibile. Come per molti trattamenti, è bene valutare debitamente il rapporto tra il rischio e il beneficio.

Ma se non è possibile fare la terapia ormonale ci sono altri possibili farmaci per ridurre i sintomi che accompagnano la menopausa?

Si, esiste un’alternativa alla terapia ormonale. Il tibolone limita i sintomi della menopausa e rallenta l’insorgenza dell’osteoporosi, evitando però il rischio di carcinoma all’utero.

Un farmaco particolarmente utile è l’ospemifene, usato per trattare i disturbi genito-urinari quando non è possibile fare la terapia a base di estrogeni. Il farmaco è capace di stimolare la crescita delle cellule dell’epitelio vaginale senza però stimolare l’attività dei recettori per gli estrogeni nella mammella.

Per trattare le vampate di calore sono utili alcuni farmaci tipicamente usati per la depressione: gli SSRI e gli SNRI, farmaci capaci di bloccare la captazione di un neurotrasmettitore, la serotonina.

In genere questi farmaci vengono usati a dosaggi più bassi rispetto a quelli normalmente utilizzati per la depressione e i risultati si osservano dopo 2/3 settimane.

Ci sono infine delle sostanze derivate dalle piante come la soia, i fitoestrogeni, che hanno una debole attività estrogenica e quindi sembrerebbero efficaci nel trattamento della sintomatologia vasomotoria.

Mancano però studi che attestino i risultati di questi trattamenti a lungo termine e viene comunque raccomandato di usare solo i prodotti che siano stati testati e approvati dalle agenzie regolatorie.

Spesso l’uso di fitoestrogeni, come di altre sostanze di origine naturale, può essere legato ai rischi dovuti al mancato controllo dei processi di produzione e ciò comporta che alcuni prodotti potrebbero essere sovra o sottodosati, o avere scarsa efficacia e sicurezza.

 

Riferimenti bibliografici e sitografici:

Kim, Y. J., M. Soto, G. L. Branigan, K. Rodgers and R. D. Brinton (2021). "Association between menopausal hormone therapy and risk of neurodegenerative diseases: Implications for precision hormone therapy." Alzheimers Dement (N Y) 7(1): e12174.

2 Lundberg, G., P. Wu and N. Wenger (2020). "Menopausal Hormone Therapy: a Comprehensive Review." Curr Atheroscler Rep 22(8): 33.

3 Pinkerton, J. V. (2020). "Hormone Therapy for Postmenopausal Women." N Engl J Med 382(5): 446-455.

4 www.associazionemediciendocrinologi.it

 

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