Finalmente i tanti sospirati vaccini stanno per arrivare e arrivano nello stesso giorno in Italia come negli altri Paesi Europei. Mentre non abbiamo ancora a disposizione nuovi farmaci messi a punto per curare efficacemente la CoViD-19, alcuni cittadini del mondo si sono già vaccinati e, entro il prossimo anno, tutti noi potremmo essere vaccinati.
Nella mia vita di ricercatore non ho mai visto uno sforzo corale così imponente per giungere a questo traguardo, in tempi impensabili solo qualche anno fa (anche se in tempi un po’ più lunghi di quanto promesso, talvolta in malafede). Si tratta di una vittoria per l’umanità che dimostra come lo sforzo cooperativo, la comunicazione scientifica senza barriere e le innovazioni tecnologiche degli ultimi anni permettano di raggiungere obiettivi molto ambiziosi.
Per la verità siamo stati anche un po’ fortunati perché il virus che sta mietendo tante vite e paralizzando il mondo è meno intelligente e complicato di molti altri: non va incontro a mutazioni genetiche così frequentemente come fanno altri virus e, soprattutto, tiene bene in vista le proprie armi che diventano la nostra capacità di difesa (la proteina spike). Insomma, è ben riconoscibile dal nostro sistema immunitario (linfociti B e linfociti T). I primi vaccini a essere arrivati al traguardo delle sperimentazioni sono due vaccini a RNA (meglio noti come i vaccini Pfizer1,2 e Moderna3,5 ).
Ma quanto è rischiosa la fretta con cui sono stati preparati questi vaccini?
La velocità con la quale sono stati messi a punto questi vaccini dipende da diversi fattori:
1) la disponibilità della sequenza molecolare del virus, confermata migliaia di volte da laboratori di tutto il mondo,
2) l’esperienza pregressa nella preparazione dei vaccini per la SARS (i vaccini erano quasi pronti quando il virus della SARS scomparì improvvisamente in tutto il mondo, ma intanto gli scienziati avevano imparato molto su come preparare un vaccino contro i coronavirus),
3) una ingente quantità di finanziamenti indirizzati a questo scopo,
4) un po’ di fortuna nell’incontrare un virus riconoscibile dal sistema immunitario,
5) una grande varietà di tecnologie innovative con cui si può preparare il vaccino.
Tutto questo non comporta nessun rischio aggiuntivo.
Una volta messi a punto, questi vaccini sono stati valutati con le stesse procedure con cui si valutano i farmaci e i vaccini oramai da diversi decenni: gli studi clinici di fase 1, fase 2 e fase 3. Questi studi permettono di valutare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci in modo rigoroso e trasparente, senza nessuna possibilità di falsificare le carte.
Come mai la loro produzione è gia pronta, ancora prima di ricevere l’autorizzazione dalle agenzie regolatorie?
Questa é un’altra grande novità: per la prima volta, ancora prima di finire gli studi di fase 3, molte case farmaceutiche hanno iniziato a produrre il vaccino.
In tempi “normali” (ma questi non lo sono) questo fatto non si è mai verificato perché troppo rischioso per le case farmaceutiche. Il rischio è quello di produrre grandi quantità di un prodotto che potrebbe non essere approvato per l’uso umano o, almeno, non approvato in prima istanza, avendo investito enormi capitali. Solo uno sbruffone come Trump, al tramonto grottesco della sua presidenza, può far credere che organismi regolatori rigorosi e indipendenti come FDA e EMA possano piegare il capo di fronte al diktat del potere politico.
Insomma, le agenzie regolatorie sono totalmente indipendenti dalla politica e l’approvazione dei vaccini, legata esclusivamente alla valutazione della qualità dei dati scientifici che vengono portati a supporto della loro efficacia, poteva essere rifiutata. Se le aziende farmaceutiche che li hanno preparati hanno deciso di produrre il vaccino prima che questo fosse approvato è solo perché ci sono stati adeguati finanziamenti dagli Stati e da altri finanziatori intergovernativi o privati (ad esempio la Fondazione Bill Gates) che volevano che i vaccini fossero disponibili il più presto possibile.
D’altronde, a fronte della catastrofe economica determinata dalla pandemia, i costi di questo finanziamento sono ben poca cosa se permetteranno al mondo di uscire dall’incubo della recessione economica. La preparazione anticipata del vaccino ha accorciato i tempi ma non comporta nessun rischio aggiuntivo.
C’è stato anche qualche fattore tecnologico che ha permesso questa velocità?
Certamente si. Un altro fattore che ha determinato la possibilià di produrre un vaccino pronto all’uso, in così poco tempo, è stato quello di usare una tecnologia nuova: basare i vaccini sulla tecnica dell’RNA messaggero (mRNA) una tecnica innovativa e diversa da quelle usate finora.
Produrre mRNA, rispetto a produrre direttamente la proteina bersaglio, è relativamente semplice. L’mRNA si fa e si purifica molto più velocemente di una proteina e sono poi gli mRNA a dare le istruzioni alla cellula) sulla proteina da produrre (in questo caso le proteine spike).
Quindi, quando una azienda farmaceutica ha messo a punto la tecnica per produrre mRNA (processo oramai messo a punto anni fa) è in grado di produrre qualsiasi mRNA sia necessario, per il quale è sufficiente conoscere la struttura molecolare della proteina che si vuole far costruire.
Se poi il virus cambiasse all’improvviso la natura di questa proteina, nell’arco di poco tempo potrebbe entrare in produzione un mRNA adeguato alla nuova proteina che caratterizza il virus, garantendo la continuità degli effetti del vaccino corrispondente. Dunque, l’estrema velocità con cui vengono prodotti questi vaccini non comporta rischi aggiuntivi.
Un vaccino a mRNA contiene solo mRNA?
No. Contiene anche altro. Infatti, l’mRNA è una molecola molto delicata che può essere inattivata e distrutta molto facilmente. Ha anche caratteristiche peculiari di struttura chimica che non le consentono di entrare dentro una cellula. Per facilitare questo processo, l’mRNA viene inserito all’interno di una struttura chiamata nanoparticella formata da lipidi (cioè molecole di grasso), che hanno la funzione di proteggerlo e di permettergli l’entrata nelle cellule.
Come funziona un vaccino a mRNA?
L’idea è semplice.
Si tratta, infatti, di “convincere” una cellula a produrre, per qualche giorno, una proteina che normalmente non produce. Nonostante la linearità del ragionamento, la grandezza di questi vaccini è riuscire a fare in modo che questo avvenga e che la cellula produca una quantità sufficiente di questa proteina.
Ovviamente, un conto è avere un’idea buona e un altro conto è riuscire a realizzarla. L’aiuto determinante proviene dagli studi degli ultimi vent’anni sulla biologia molecolare degli acidi nucleici e sul metabolismo cellulare che hanno reso possibile concretizzare questa idea in questa emergenza.
Per spiegare come fa il vaccino a convincere la cellula a produrre una proteina occorre dire come fanno le nostre cellule a produrre le proteine.
Ogni cellula del nostro organismo decide quali proteine vuole produrre e usa il DNA contenuto nel nucleo della cellula per dare le giuste istruzioni. In particolare, le nostre cellule producono un pezzo di RNA complementare al DNA (mRNA, appunto), che contiene le istruzioni dettagliate per produrre una ed una soltanto specifica proteina.
L’mRNA esce dal nucleo e va nel citoplasma dove viene usato dai ribosomi (una officina di produzione della cellula) che leggono le informazioni in esso contenute e costruiscono la proteina specifica.
Così accade che il nostro mRNA costituente il vaccino, contenuto nelle nanoparticelle che lo veicolano, entra nelle cellule, all’interno delle quali viene “letto” dai ribosomi che provvedono a costruire la proteina corrispondente, in questo caso, rappresentata dalla proteina più importante del virus, chiamata spike.
La proteina spike viene liberata poi all’esterno e le cellule specializzate della nostra immunità si accorgono di questa proteina strana (cioè diversa da quelle prodotte dall’organismo) e attivano gli effettori delle risposte immunitarie corrispondenti (linfociti T e linfociti B). Per vedere che fanno i linfociti T e B leggi "Certezze e dubbi sui vaccini anti-SARS-CoV-2 in arrivo all’inizio della prossima primavera".
C’è forse il rischio che un vaccino a mRNA modifichi il DNA della cellula in cui entra? Trasformi cioè una cellula del nostro corpo in una cellula OGM?
No, non lo fa.
Nelle nostre cellule, il DNA produce mRNA e l'mRNA produce la proteina. Cioè l’informazione è unidirezionale. Per rendere graficamente l’informazione possiamo dire DNA → mRNA → proteina.
Purtroppo (o, in questo caso, per fortuna) le nostre cellule non sono capaci di fare il processo inverso (proteina → RNA → DNA), neanche in maniera parziale (mRNA → DNA). Quindi il vaccino, cioè l’mRNA del vaccino che entra nella cellula, produce una proteina del virus, finchè non viene distrutto. Schematizzando: mRNA del vaccino → proteina del virus.
Però nelle nostre cellule ci può essere anche un enzima chiamato “trascrittasi inversa” o “retrotrascrittasi”. Che funzioni ha questo enzima?
L’enzima chiamato trascrittasi inversa, capace di passare dall’RNA al DNA (RNADNA) è un enzima che utilizzano alcuni virus, noti col nome di “retrovirus a filamento di RNA a singola elica” e “retrovirus a filamento di DNA a doppia elica”, ai quali appartengono il virus dell’AIDS (chiamato virus dell'immunodeficenza umana, HIV-1) e il virus dell’epatite B (chiamato HBV).
Questi virus quando entrano nelle cellule bersaglio (i linfociti T e le cellule del fegato, rispettivamente) portano l’informazione per produrre la trascrittasi inversa. Le cellule infettate da queti virus hanno quindi la possibilità di passare l’informazione dall’RNA al DNA.
Di norma, questo passaggio riguarda esclusivamente l’RNA portato dal virus, l’unico che contiene le sequenze di segnale necessarie alla retrotrascrizione, al trasporto nel nucleo e all’inserzione del nuovo pezzetto di DNA nel nostro DNA.
Lo scopo del virus è quello di avere nel DNA le sequenze necessarie a innescare la produzione dei propri componenti con cui costruire nuove particelle virali. Cioè, l’RNA che viene trasformato in DNA contiene tutte le informazioni per ricostruire un virus intero e non solo una proteina virale.
L’mRNA contenuto nel vaccino non contiene tutte queste informazioni. Inoltre, anche nel caso in cui venisse inserito, sotto forma di DNA, nel nostro genoma non potrebbe mai diventare un mRNA perchè mancherebbero i segnali capaci di promuovere la sintesi dell’mRNA. Se ciò dovesse accadere, verrebbe prodotta la proteina spike con le conseguenze precedentemente descrtitte: la proteina viene rilasciata all’esterno e attiva il sistema immunitario.
In conclusione, 1) non è possibile che l’mRNA del vaccino si integri nel DNA delle cellule del soggetto vaccinato, 2) la possibilità che l’mRNA del vaccino si integri nel DNA di alcune cellule del soggetto vaccinato sono remotissime nei pazienti affetti da AIDS e epatite B, 3) se anche questo succedesse, non sarebbe un problema.
Quali sono gli effetti avversi dei vaccini a RNA?
Gli effetti avversi dei vaccini a mRNA2,5 non hanno nulla di diverso rispetto quelli degli altri vaccini: quello che spesso potremo avvertire, quando saremo vaccinati, altro non è che la conferma della risposta del nostro sistema immunitario.
Possiamo dividere gli effetti avversi in locali (cioè in prossimità del sito di inoculo) e sistemici (cioè manifestazioni che interessano tutto il corpo). Gli effetti locali, comuni, sono dolore, arrossamento e gonfiore.
Gli effetti sistemici, leggermente meno comuni, sono brividi con l’eventuale comparsa di un po’ di febbre, senso di stanchezza, dolori articolari, dolori muscolari e mal di testa.
Talvolta, Il vaccino Pfizer da anche diarrea e quello Moderna nausea. Sia gli effetti locali che gli effetti sistemici sono dovuti al sistema immunitario che reagisce contro la nuova proteina, con richiamo di cellule e risposta infiammatoria, localmente, e produzione di citochine che vanno in circolo.
Queste citochine sono le stesse che vanno in giro quando abbiamo una influenza. Di solito, però, gli effetti avversi al vaccino durano al massimo 2-3 giorni e sono segno che il vaccino sta facendo effetto!
Un vaccino a mRNA è più fastidioso o rischioso di un vaccino basato su microrganismi inattivati o su proteine?
No. Anzi un vaccino a mRNA ha, in teoria, alcuni vantaggi per quanto riguarda gli effetti avversi. Infatti, non necessita di adiuvanti, come invece richiede il vaccino proteico, che spesso sono responsabili di una risposta infiammatoria locale molto importante, e non introduce nell’organismo tutti i componenti del virus, come fanno invece i vaccini basati su virus inattivati o basati su virus modificati geneticamente.
Ovviamente, la certezza di queste differenze si avrà dopo il completamento di opportuni studi di confronto in cui i vaccini verranno confrontati su una stessa popolazione.
Ci sono differenze tra il vaccino Pfizer e Moderna e se sì, quali?
Entrambi i vaccini sono vaccini a mRNA che codificano (cioè istruiscono) per la sintesi della proteina spike. Quindi anche la proteina scelta è la stessa anche se con alcune piccole diversità di struttura. In entrambi i vaccini l’mRNA è inscatolato nelle nanoparticelle anche se queste ultime differiscono in composizione tra le due aziende.
Una chiara evidenza di ciò è che il vaccino Pfizer è meno resistente alle temperature sopra allo 0 rispetto a quello Moderna. Cioè, Moderna ha trovato una formulazione delle nanoparticelle che protegge meglio l’mRNA dalla degradazione dovuta alla temperatura.
In ogni caso sono simili per le procedure di immunizzazione: entrambi i vaccini devono essere somministrati due volte allo stesso soggetto e sono protettivi dopo 1-2 settimane dalla seconda somministrazione. L’efficacia e gli effetti avversi sembrano simili. Anche su questo, però, si potrà dire di più quando esisteranno studi di confronto diretto.
Che cosa non sappiamo ancora di questi vaccini?
Essendo in condizioni di emergenza le sperimentazioni di fase 3 sono durate meno del solito, hanno valutato solo i parametri più importanti (funziona e, se si, su che percentuale dei vaccinati) e sono state fatte essenzialmente sui giovani e sugli adulti, perché si sa che, di solito, i vaccini funzionano meglio su queste popolazioni.
Quindi noi abbiamo pochissimi dati su 4 questioni che credo fondamentali: 1) durata della protezione, 2) efficacia del vaccino nella popolazione anziana, 3) efficacia del vaccino nell’impedire che il soggetto diventi portatore sano, 4) percentuale di soggetti che vanno incontro ad effetti avversi che possono insorgere dopo mesi dall’inoculo del vaccino.
Per quanto riguarda la durata della protezione, conosciamo il dato sulla presenza di anticorpi dopo 6 mesi dall’immunizzazione e, al momento, la capacità di protezione dall’infezione riferita ai primissimi mesi dopo l’assunzione delle 2 dosi. Quando i dati relativi a tempi più lunghi di osservazione saranno disponibili, sarebbe notizia molto buona quella di scoprire che la protezione dura almeno 1 anno.
Per quanto riguarda gli effetti avversi, sappiamo che qualsiasi farmaco può determinare anche effetti avversi a lungo termine. Questi effetti saranno rarissimi o assenti, ma al momento non siamo in grado di dirlo anche perché la sperimentazione è stata fatta su un numero di persone relativamente piccolo.
Infatti la frequenza di questi effetti è di 1 soggetto su 100000 soggetti trattati e la sperimentazione attuale non è stata fatta su tutte queste persone e per un tempo sufficientemente lungo.
Per quanto riguarda gli effetti avversi di cui sentiamo parlare ogni giorno, occorre essere molto prudenti. Ad esempio, è stato riferito che 4 soggetti, vaccinati durante la fase 3 con il vaccino Pfizer, hanno avuto una paralisi di Bell.6
La paralisi di Bell è un disturbo che colpisce alcuni muscoli della faccia ed è completamente reversibile (si risolve entro 3 settimane). Ancora però non sappiamo se questo disturbo è determinato dal vaccino o, semplicemente, questi soggetti l’avrebbero avuto a prescindere dalla vaccinazione. Infatti, la FDA scrive che l’incidenza di questa paralisi (quattro su ventimila) non è statisticamente diversa da quella osservata nella popolazione generale.
Per chiarire questi 4 punti dovremo aspettare ancora parecchi mesi e parecchi studi.
Gli anziani sono le persone più a rischio in questa pandemia: come reagiscono a questi vaccini?
Per quanto riguarda l’efficacia del vaccino nell’anziano over 65, i numeri sono troppo piccoli per avere certezze e mancano numeri sufficienti per dire come reagisce l’anziano over 75. Alla fine potremmo scoprire che, dopo la vaccinazione, solo 1 anziano su 2 è protetto. Per questo motivo, ho qualche dubbio sulle scelte che stanno facendo i governi che, dopo il personale sanitario, pensano di vaccinare gli anziani.
D'altronde la questione si interseca con il terzo punto che, per semplicità, riformulo in questo modo: se il soggetto vaccinato incontra un soggetto contagiante (cioè SARS-CoV-2 positivo) si infetta anche se non si ammala (stato di portatore sano) o non si infetta per nulla? Gli studi pubblicati non hanno ancora valutato questo aspetto. Se il vaccino impedisse al soggetto vaccinato di infettarsi, allora l’idea migliore sarebbe quella di vaccinare gli adulti e in questo modo, proteggeremmo anche gli anziani.
Riferimenti bibliografici e sitografici:
1 https://doi.org/10.1101/2020.12.11.421008
2 https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2034577
3 https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2024671
4 https://www.ars.toscana.it/2-articoli/4441-coronavirus-vaccino-mrna-1273-sviluppato-da-moderna-risultati-preliminari-studio-fase-3-efficacia-94,5-per-cento.html
5 https://www.nejm.org/doi/10.1056/NEJMoa2022483?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed
6 https://www.internazionale.it/notizie/chloe-aeberhardt/2020/12/10/astrazeneca-pfizer-dubbi