Il virus incalza e ci troviamo di nuovo in una situazione che appare sinistramente simile a quella della scorsa primavera.
Dobbiamo fare tutto quanto è nelle nostre possibilità per diminuire il numero dei contagi, per non trovarci a contare migliaia di morti al giorno1 , soprattutto dei nostri anziani e per non rischiare di ammalarsi di una malattia ancora poco nota e che può danneggiare irreversibilemte organi di chi sopravvive, anche se giovane.
Non basta usare la mascherina (peraltro fondamentale), ma dobbiamo evitare di chiuderci e permanere in luoghi affollati (incluse le nostre case) e cambiare frequentemente aria2 . Il governo sta facendo la sua parte, ma, cosa ancora più importante, tutti noi dobbiamo fare la nostra parte.
Visto che prima o poi ci ammaleremo tutti, perché non ammalarsi subito, così ci togliamo il pensiero?
Tutte le precauzioni che prendiamo potrebbero apparire come una resistenza davanti ad un nemico che, prima o poi, ti colpirà. Se così fosse, qualcuno di noi potrebbe pensare che, invece di fare tutti i sacrifici che ci richiede la situazione, è meglio ammalarsi (così, poi, non ci si pensa più).
Questo atteggiamento, per quanto comprensibile, è sbagliato per una serie di motivi:
1) Se ci ammaliamo tutti insieme, il sistema sanitario, inclusi gli ospedali, non sarà in grado di curarci perché i posti sono limitati e la mortalità a causa della Covid-19 sarà molto più alta di quella di adesso;
2) Il virus non uccide solo gli anziani ma anche i giovani e stiamo scoprendo che, nella risposta al virus, sono in gioco anche fattori genetici che possono rendere un giovane o un adulto molto più sensibile ai danni determinati dal virus3 ;
3) Il danno del virus può essere non solo la morte (l’evento che fa più notizia) ma anche lesioni permanenti nei giovani e negli adulti (polmone, cuore, e altri organi);
4) Se uno si ammala e guarisce non può stare tranquillo, perché esiste la possibilità di riammalarsi;
5) La cosa più importante è che il vaccino sta per arrivare e, quindi, se l’atteggiamento personale e della società sarà consono, molti di noi potranno non ammalarsi per niente.
Quando arriverà il vaccino?
Molti personaggi pubblici hanno dichiarato a più riprese che il vaccino sarebbe arrivato in questo autunno, ma i fatti, com’era ovvio, li hanno smentiti.
Articoli pubblicati in SIF Magazine ("Perché il vaccino contro SARS-CoV-2 non è ancora disponibile?"; "Il vaccino contro il coronavirus: poche verità tante bugie"; "Perché dovremo attendere molti mesi per il vaccino contro il Coronavirus COVID-19?") hanno più volte sostenuto che il vaccino sarebbe stato pronto non prima della prossima primavera, e questo, in effetti, sembra corrispondere a quello che succederà.
È dunque giunto il momento di farsi domande su come funziona il vaccino, sui suoi effetti e sulla sua sicurezza.
Quanti vaccini saranno a disposizione tra qualche mese e quando saremo vaccinati tutti?
Con precisione non possiamo dirlo perché nessuno di loro è stato ancora approvato dagli organismi che autorizzano l’immissione in commercio di qualsiasi farmaco, i principali dei quali sono la FDA per gli Stati Uniti e l’EMA per l’Europa.
Al momento, 11 vaccini sono nella fase 34 , l’ultima fase prima di ricevere l’autorizzazione all’immissione in commercio. Nessuna delle case farmaceutiche che stanno finanziando questa ricerca ha ancora presentato domanda per avere questa autorizzazione.
Quando la domanda sarà presentata, FDA e EMA potranno rispondere positivamente o negativamente in uno/due mesi.
Considerato che i vaccini sono già in produzione, possiamo pensare che, se tutto andrà bene, all’inizio della primavera ci saranno a disposizione le prime dosi che saranno sufficienti affinchè un po’ di Europei e un po’ di Americani inizino ad essere vaccinati con almeno 2 o 3 tipi di vaccini diversi.
Logica vuole che tra i vaccinati ci saranno anziani, pazienti a rischio per altre patologie e medici, infermieri e oss che curano e stanno vicino ai pazienti Covid. Ragionevolmente la campagna vaccinale durerà per tutta la primavera e tutta l’estate e, quindi, prima del prossimo autunno dovremmo essere tutti vaccinati, almeno in Occidente.
Tanti altri vaccini, più in ritardo, potrebbero essere approvati nell’autunno 2021.
I vaccini saranno sicuri? O, meglio, tu ti farai vaccinare?
Non sappiamo ancora se il vaccino sarà su base volontaria o obbligatorio.
Comunque, è importante capire se il vaccino sarà sicuro o se esporrà a rischi. Io mi fido del modo con cui viene validato un farmaco o un vaccino. Gli studi di fase 1, fase 2, e fase 3 permettono di vedere se un farmaco o un vaccino funziona e se il suo utilizzo comporta rischi.
Quindi, la mia risposta a chi me lo chiede è che sì, io farò il vaccino non appena decideranno che è il mio turno (ovviamente lo Stato e/o le Regioni decideranno l’odine di priorità per il vaccino).
Detto questo, dobbiamo con chiarezza dire altre due cose:
1) nessun vaccino è sicuro al 100% (come d’altronde qualsiasi farmaco);
2) è probabile che le procedure accelerate di sperimentazione aggiungano un ulteriore piccolo rischio a quello non eliminabile.
Mi spiego. Anche i vaccini più sperimentati hanno un margine di rischio, benchè di norma esso sia piccolissimo. Per questo motivo si sceglie con molta attenzione la popolazione da vaccinare.
Ad esempio, i soggetti per cui quest’anno è consigliato fare il vaccino antinfluenzale sono i bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni e gli anziani di età superiore ai 65 anni (Leggi anche "Perchè agli anziani e ai bambini piccoli è consigliato di fare il vaccino antinfluenzale"). In queste popolazioni il beneficio è di gran lunga superiore al rischio.
Riguardo ai vaccini anti-SARS-CoV-2 è difficile sapere in che cosa consista questo rischio. Molti dei rischi sono stati esclusi sulla base dell’esperienza maturata nella preparazione dei vaccini contro virus simili (MERS e SARS, ad esempio)5 e sulla base degli studi clinici di fase 3.
Infatti, se un vaccino mostra effetti avversi di una certa rilevanza durante la fase 3, l’EMA e la FDA non ne approvano l’utilizzo.
Visti i tempi di sperimentazione così accorciati, determinati dall’urgenza di disporre di un vaccino, è possibile che alcuni effetti avversi, molto rari e che si manifestano dopo mesi dal vaccino, non siano stati rilevati.
Dunque, nonostante possa mettere la mano sul fuoco relativamente alla sicurezza del vaccino (e per questo motivo mi farò vaccinare), non possiamo essere certi che non si possano presentare degli effetti avversi potenzialmente rilevanti anche se limitati a un numero molto limitato di soggetti sfortunati (in quanto predisposti geneticamente).
Qualcuno di noi, a fronte di questo piccolissimo rischio, potrebbe decidere di non farsi vaccinare. Ma io penso che questa decisione sarebbe sbagliata.
Sarebbe come decidere di non andare in auto perché si rischia di essere coinvolti in un incidente stradale, di non andare al ristorante perché può capitare di mangiare cibi mal conservati e quindi avere una tossinfezione alimentare o di non andare in montagna per paura di essere uccisi da una frana.
In tutti questi esempi c’è un beneficio che, evidentemente, ciascuno di noi sceglie di godere a fronte di un piccolo rischio. Tra l’altro, tornando all’esempio dell’auto e dell’incidente stradale, questo rischio è decisamente molto più alto di quello di fare un vaccino.
Qual è la protezione che dà il vaccino e quella che dà la malattia?
Nel caso della Covid-19, quando il numero di particelle virali che raggiungono una persona è superiore alla risposta immunitaria immediata che questa riesce ad esprimere (immunità innata locale) la persona risulta infettata dal SARS-CoV-2.
Il numero di particelle virali infettanti, i tipi di tessuti infettati e la risposta del sistema immunitario possono essere diversi.
Da questo punto di vista, sono stati pubblicati due interessantissimi articoli che dimostrano come l’uso della mascherina diminuisca il numero di particelle virali che infettano il soggetto così che il soggetto invece di ammalarsi diviene un pauci-sintomatico6,7 .
A proposito del livello d’infezione da SARS-CoV-2 si parla di: asintomatici, pauci-sintomatici e malati più o meno gravi con sintomi diversi. Infatti, la malattia può essere lieve e trattabile a domicilio, grave e richiedere l’ospedalizzazione o molto grave e richiedere il ricovero in rianimazione per supportare la funzione polmonare.
Un tampone (detto anche test molecolare) e il test antigenico sono certamente positivi nei malati e frequentemente positivi nei pauci-sintomatici e negli asintomatici. La positività dipende anche da quando viene fatto il tampone rispetto al decorso della malattia.
Il sistema immunitario del paziente reagisce all’invasione virale mobilitando le cellule della risposta immunitaria adattativa: i linfociti B e i linfociti T. All’interno dei linfociti B maturano dei linfociti specializzati contro il virus, si moltiplicano e iniziano a produrre anticorpi.
Il sistema immunitario non sa quale sia la proteina più importante per il virus e, per non sbagliare, prepara anticorpi contro un certo numero di proteine virali. Inoltre, gli anticorpi possono riconoscere parti diverse di ciascuna proteina virale.
Il risultato finale è che l’organismo produce tanti anticorpi (prima IgM e poi IgG) ma solo pochi di questi sono utili per impedire al virus di entrare nelle nostre cellule e infettarci. Questi ultimi vengono detti anticorpi neutralizzanti.
Nello stesso tempo si mobilitano anche i linfociti T che, in risposta al virus, producono citochine utili a stimolare la risposta immunitaria o che uccidono le cellule infettate dal virus. Quando la malattia è sconfitta, i linfociti B e T si trasformano in linfociti della memoria e permangono indefinitamente nell’organismo.
Gli anticorpi (neutralizzanti e non) sono quelli più facilmente misurabili. Ora sappiamo che, di solito, la quantità di anticorpi neutralizzanti è alta nei malati grave, un po’ più bassa nei malati non ospedalizzato e ancora più bassa nei pauci-sintomatici e asintomatici.8,9
Di solito, più è grande il livello di anticorpi, più dura la protezione, come recentemente dimostrato anche per l’infezione da SARS-CoV-2.10 Comunque, ancora oggi non sappiamo quanto dura la protezione, neanche in chi ha alti livelli di anticorpi. Però, sembra ragionevole sostenere che per avere una certa tranquillità sulla possibilità di non ammalare di nuovo di Covid-19 dopo pochi mesi, bisogna rischiare la vita: più stai male, più hai una relativa tranquillità che non ti ri-ammalerai dopo poco.
Il vaccino da questo punto di vista funziona molto meglio: gli studi sui volontari di fase 3 ci dicono che il vaccino fa produrre un alto livello di anticorpi neutralizzanti superiore a quello visto nei malati gravi11 .
Inoltre, numerosi vaccini promuovono anticorpi rivolti contro la proteina S (spike), la proteina virale che permette al virus di entrare nelle cellule e questi anticorpi legano la proteina dove serve e, quindi, sono neutralizzanti.
D’altra parte, gli studi sono così recenti che non sappiamo ancora per quanto tempo gli anticorpi rimangono nel corpo. Potrebbe essere necessario, ad esempio, vaccinarsi ogni anno. Inoltre il vaccino, come la malattia, attiva anche la risposta dei linfociti T12 .
Infine, gli studi effettuati sul virus suggeriscono che certe parti di alcune proteine del virus non dovrebbero cambiare anche se il virus muta. Quindi, è possibile che un soggetto vaccinato sia protetto anche dall’infezione di un virus mutato, mentre un soggetto che si è ammalato potrebbe essere suscettibile al virus mutato.
In conclusione, gli effetti di molti vaccini in uso contro tanti tipi di infezioni sono simili a quelli della malattia o addirittura inferiori a quelli della malattia. I vaccini allo studio contro SARS-CoV-2, al contrario, potrebbero conferire una protezione più duratura di quella fornita dalla malattia stessa, soprattutto per quanto riguarda gli asintomatici e i pauci-sintomatici.
Quando, dopo aver fatto il vaccino, gli anticorpi anti-SARS-CoV-2 non ci sono più, il soggetto torna ad essere sensibile alla malattia?
La risposta è molto complessa e, comunque, non abbiamo dati in proposito.
Però è ragionevole supporre che quando gli anticorpi non vengono più prodotti, le cellule della memoria (sia B che T) persistano.
E dunque, lo scenario più probabile è che il soggetto possa ammalare di nuovo di SARS-CoV-2 ma l’attivazione delle cellule della memoria produca una risposta abbastanza precoce rispetto a quella che si sviluppa nella persona non vaccinata e non ammalata.
Questa risposta potrebbe impedire che la malattia diventi grave. Quindi, un secondo livello di protezione del vaccino potrebbe essere quello di proteggere il soggetto per un tempo più lungo dalla malattia grave e dalla morte.
L’immunità conferita dal vaccino è uguale alle diverse età?
C’è il timore che la risposta al vaccino possa essere inferiore o comunque diversa negli anziani o nei molto anziani.13 Alcuni dati riportati14 suggeriscono però che gli ultrasessantacinquenni hanno una risposta simile a quella dei giovani. Aspettiamo dati solidi a tale proposito
Il vaccino permetterà l’instaurarsi dell’immunità di gregge?
Anche su questo non abbiamo certezze.
Alcuni dati sembrano suggerire che il sogetto vaccinato potrebbe essere protetto dallo sviluppare la malattia quando contagiato ma, per qualche giorno, potrebbe diventare un portatore sano.
Almeno questo sembrano suggerirci i dati sulla scimmia15 . In questo caso non sarebbe garantita l’instaurarsi di una immunità di gregge (Leggi anche "L'immunita di gregge riscoprirsi interdipendenti"). Ulteriori studi chiariranno questo punto cruciale per chi non può vaccinarsi per motivi di salute.
Riferimenti bibliografici e sitografici
1http://opendatadpc.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/b0c68bce2cce478eaac82fe38d4138b1
3 https://doi.org/10.1038/s41431-020-0636-6
5 https://doi.org/10.3389/fimmu.2018.01963
6 https://doi.org/10.1093/cid/ciaa889
7 https://doi.org/10.1056/NEJMp2026913
8 https://doi.org/10.1016/j.immuni.2020.10.004
9 https://doi.org/10.3390/jcm9072268
12 10.1016/S0140-6736(20)31208-3
13 10.2174/0929867327666201027153123
14 10.1016/S1473-3099(20)30831-8
15 https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2020/07/30/coronavirus-vaccino-scimmie